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 2013  settembre 24 Martedì calendario

I «NUOVI» TEDESCHI E IL CONFINE INVISIBILE


Pochi giorni prima delle elezioni ho visto il manifesto di un incontro organizzato nel mio quartiere a Berlino dalla Linke, la sinistra tedesca. Non potendo votare, di solito neanche guardavo poster del genere; ma questo mi aveva colpito perché era, sorprendentemente, scritto in inglese. «Non puoi votare? — diceva —. Noi ascoltiamo anche te». Forse è per questo che non mi ha stupito più di tanto trovare parecchi altri stranieri, domenica sera, alla festa organizzata dalla sezione locale dell’Spd per lo spoglio elettorale. C’erano francesi, spagnoli e irlandesi che con me osservavano preoccupati l’andamento dell’AfD, il cosiddetto partito anti-euro, che non ha raggiunto la soglia di sbarramento per una frazione di punto percentuale; c’erano dei greci appena tornati da una corposa manifestazione di Syriza; c’erano turchi nati e cresciuti qui ma privi di passaporto per la mancanza di un accordo bilaterale (a Neukölln, il mio quartiere, sono oltre il 15% degli abitanti). Lo stupore, semmai, era da parte dei volontari e militanti tedeschi con cui parlavamo — tanto disponibili quanto in fondo perplessi dall’interesse che noi tutti mostravamo per queste elezioni, dalla nostra convinzione che avrebbero avuto un impatto sui nostri Paesi. La politica europea è stato un tema quasi invisibile nella campagna elettorale, e in molti ci dicevano che la cosiddetta «leadership tedesca» è più una percezione del Sud Europa che non uno stato di cose. Hanno cambiato idea, in parte, quando un greco ha fatto notare che il piano di tagli irlandese del 2011 era stato sottoposto ai parlamentari tedeschi prima che alle camere irlandesi. Quando chiedevamo quali fossero le posizioni dei militanti circa il rapporto con Grecia, Italia e Spagna, la risposta più comune era «Speriamo che vada tutto bene», che era un modo educato per dire, «Speriamo che non ci diano problemi». Già, speriamo. I risultati dello scrutinio a Neukölln erano già quasi certi per le nove — l’Spd aveva vinto al maggioritario e perso al proporzionale contro la Cdu. Aumentavano le probabilità che passasse la legge sul Mindestlohn, il salario minimo di cui, qui, avremmo beneficiato anche noi italiani e greci e spagnoli. Alla fine della serata la geografia politica della città si è precisata; metà è in mano al centrodestra della Cdu, l’altra metà alla sinistra della Linke. In mezzo è un cuscinetto di quartieri — fra cui il mio — andati ai Verdi e all’Spd. Visti su una mappa, questi quartieri di confine tracciano una linea verticale che divide la città in due: l’est, e l’ovest, e noi nel mezzo.