Massimo Sideri, Corriere della Sera 24/9/2013, 24 settembre 2013
ECCO L’OFFERTA DI TELEFONICA SARÀ IL PRIMO AZIONISTA
È stata una di quelle notti molto lunghe per Telecom Italia, passata a controllare alla luce delle lampade le virgole e i particolari dietro i quali si nasconde, come si dice, il demonio. L’oggetto del dossier notturno, che dovrebbe essere ufficializzato oggi all’alba e comunque prima dell’apertura delle Borse, è un’offerta di Telefonica, l’operatore già presente nel capitale, che valorizza le azioni di Telecom a 1,1 euro contro i 59 centesimi (+3,42%) che quotava ieri in chiusura di contrattazioni: la Telecom Italia del 2014, in soldoni, dovrebbe essere fatta da una somma di diverse «telecom» ma con una sottrazione di dosi di «Italia» (leggi un passaggio in mani straniere), anche se a tappe. La cassaforte Telco che detiene il 22,4% di Telecom è oggi controllata da Telefonica al 46,18%, Intesa Sanpaolo e Mediobanca all’11,62% ciascuna e Generali al 30,58%. Il valore dell’operazione non è ancora noto perché bisognerà calcolare il combinato disposto di diversi aumenti di capitale all’interno di Telco e della quota di debito di Telecom (circa 450 milioni) che gli spagnoli si accolleranno. Gli step prevedono un primo aumento per far salire gli spagnoli al 66% di Telco, seguito da una seconda ricapitalizzazione per passare al 70%. È prevista infine un’opzione call per il restante 30. Particolare importante: fino al gradino del 70% la governance dovrebbe rimanere in ogni caso italiana. Tutte e tre le società italiane hanno già manifestato l’interesse a uscire dall’avventura Telecom che non ha certo dato soddisfazioni finanziarie in questi ultimi anni. Non è un caso se ieri si è tenuto un consiglio di gestione di Intesa Sanpaolo, seguito in serata da un board di Generali con un relativo movimento di consiglieri anche presso la sede in Piazzetta Cuccia di Mediobanca (da Francesco Gaetano Caltagirone e Gabriele Galateri, rispettivamente vicepresidente e presidente di Generali al direttore generale di Intesa Gaetano Micciché). Tutti i board avrebbero comunque già dato via libera ieri all’operazione.
L’offerta sarà limitata ai colleghi-soci e non verrà lanciata sul mercato. L’obbligo di un’offerta pubblica di acquisto scatta sopra la soglia del 30% anche se è possibile che la stessa società stia dialogando con la Consob per comunicare il cambio di assetto che, comunque, configura il passaggio del controllo nelle mani di un unico soggetto che alla fine potrà decidere pienamente sulla governance e il futuro dell’azienda.
Resta da vedere se i pareri legali su Telco resterebbero validi con lo stravolgimento dell’azionariato.
Senza exit strategy, oltre ai piccoli azionisti (il flottante è del 71,4%), rischia di restare anche la famiglia Fossati che con la Findim detiene il 4,9%. Anche Marco Fossati è stato visto ieri in Mediobanca. Il prezzo a cui verrebbero valorizzate le azioni Telecom dei soci Telco è vicino per Generali ai prezzi di carico dell’ultima svalutazione (1,2). Mediobanca è invece arrivata a 53 centesimi. Ma per tutti i valori sono stati tagliati più e più volte. Quando nacque nel maggio 2007 Telco pagò le azioni della vecchia Olimpia 2,82 euro. Generali e Mediobanca però conferirono una quota di titoli che già possedevano. Telefonica e Intesa Sanpaolo, infine, sottoscrissero due diversi aumenti di capitale riservati. La stessa Telefonica, d’altra parte, allora pagò le azioni circa 2,9 euro. Generali invece conferì le azioni a 2,75 euro, cifra che fu svalutata nel 2008 a 2,18 euro, nel 2011 a 1,50 euro e nel 2012 a 1,2 euro (in tutto il Leone ha totalizzato oltre 1,3 miliardi di perdita del valore mentre per gli altri la cifra è di circa 400 milioni).
Calcoli a parte, l’operazione è parte di un disegno più complesso che vedrà i soci in Telco, se accetteranno la proposta spagnola, dare circa sei mesi di tempo al numero uno di Telefonica, Cesar Alierta, per sistemare il nodo brasiliano visto che il gruppo già controlla il primo operatore nel Paese sudamericano Vivo e, dunque, non potrà controllare direttamente anche il secondo Tim Brasil, vero polmone finanziario di Telecom. Già al tempo l’Antitrust brasiliano aveva posto diversi paletti alla presenza di Telefonica. Altro ma non secondario dossier è poi quello della rete, asset strategico che passerebbe sotto mani non italiane. Lo scorporo, di cui si parla da anni e che solo recentemente è stato avviato dal presidente Franco Bernabé, è ancora al palo.
Il meccanismo architettato con progressivi step in Telco dovrebbe servire proprio a dribblare problemi in Brasile, Argentina (Telecom possiede anche Telecom Argentina) e il cambio di controllo che potrebbe fare scattare l’Opa. Peraltro, proprio sulla questione rete ma non solo, mancano da circa un mese i regolamenti attuativi al decreto presidenziale sulla «Golden Power», una versione light della vecchia «Golden Share» che permetterebbe comunque al governo di dire la propria sul tema. Dunque nella sostanza l’operazione in Telco potrebbe essere strutturata come un’opzione call per chiudersi non prima di aver sistemato le due questioni. Le alternative sul campo per i soci italiani di Telco sono un aumento di capitale condiviso (l’ennesimo, non remunerativo) o lo scioglimento di Telco, l’opzione «libera tutti» per rendere contendibile Telecom e far salire il prezzo (At&t intanto, ha aperto una finestra in Italia). Uno scenario che il premio teorico vicino al 100% sembra voler sminare e che per Telefonica è giustificato dalla necessità di affrontare il consolidamento del settore anche in Europa avviato ufficialmente da Vodafone con la cessione di Verizon.
Massimo Sideri
msideri@corriere.it