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 2013  settembre 23 Lunedì calendario

«UN PROVINO, DUE OCCHI AZZURRI: IL NOSTRO COPIONE D’AMORE»

La proprietaria del piccolo supermercato che c’è proprio sotto casa di Elena Cotta, a Trastevere, dopo che la sua cliente di tanti anni è tornata da Venezia con il premio come miglior attrice, si è fatta coraggio e le ha confessato una cosa che pensava da sempre. Le ha detto che lei, ogni volta, capisce dagli occhi cosa vuole dire, già prima che parli. Un dettaglio in cui c’è tutta la straordinaria bravura di questa attrice. C’è la differenza, come spiega Carlo Alighiero, suo marito da 60 anni, tra chi «nasce attore e chi lo diventa. Elena è nata attrice. Con lei recita tutto il suo corpo. Io invece attore lo sono diventato».
A lui la moglie ha dedicato la Coppa Volpi vinta con Via Castellana Bandiera , di Emma Dante. «Dedico questo premio a mio marito Carlo, con cui ho festeggiato le nozze di diamante e condiviso una vita di teatro».
Sentire parlare Elena Cotta e Carlo Alighiero è uno spettacolo. L’armonia con cui si raccontano, le pause, i tempi comici. Perfino il modo che hanno di passarsi la parola, senza mai ingarbugliare il filo del discorso. E se per caso si interrompono, poi arriva subito un sincero «scusa, stavi dicendo...».
Regalo che il destino fa a pochi, quello di incontrarsi molto giovani e poi condividere una vita intera, anche professionale. Per loro è così. Sempre insieme, mille volte sui palchi dove lui l’ha spesso diretta. Insieme hanno fondato una compagnia e gestiscono un teatro, il Manzoni di Roma, e insieme hanno viaggiato, dalla Cina alla Siberia, portando in scena classici come Arlecchino servitore di due padroni , là dove non erano mai arrivati. Insieme hanno due figlie, diversi nipoti e un gatto color mattone, Pumino, 19 anni: «L’ha salvato Elena da una strada». «È vecchietto, lo so — dice lei, osservandolo mentre cammina un po’ a fatica — ma dal veterinario non lo porto, se no lo fanno morire».
È elegante Elena Cotta, di un’eleganza che trascende i suoi 82 anni e che fa pensare a chi la guarda di trovarsi di fronte a una bella signora. Suo marito lo fa da quando l’ha vista la prima volta. Aveva 17 anni: «Vivevamo a Milano, facevo il giornalista e avevo qualche anno più di lei», racconta lui che all’epoca era un giovanotto spavaldo, simpatico e sicuro di sé. Tutte doti che piacevano parecchio alle donne e che si ritrovano anche nell’uomo che è oggi. «Passavo davanti all’Accademia dei Filodrammatici e ho visto una fila di ragazzi e ragazze. Erano tutti belli, allegri. Ho chiesto cosa stessero facendo: provini. Mi son detto: lo faccio anche io». In coda, c’era una ragazzina bionda, con gli occhi azzurri: «L’avevo notato. Lui però si è avvicinato e mi ha dato un buffetto. Mi sono irrigidita. Poi gli ho detto: io i miei amici li saluto così...». E tende il braccio a mostrare una stretta di mano. Fu amore. «Senza accorgercene siamo arrivati fino al dicembre del 2012, quando ci siamo sposati per la seconda volta, 60 anni dopo la prima». «Confermo tutto, tranne il senza accorgercene», aggiunge lui, iniziando a ridere. E lei con lui.
La loro è un’avventura troppo intensa per scivolare via veloce, iniziata quando si trasferirono a Roma: lui era entrato all’Accademia nazionale d’Arte drammatica, lei aveva vinto una borsa di studio. Lo raggiunse un anno dopo: «Arrivò a prendermi in stazione con un mazzo di fiori, poi andammo a fare una passeggiata e me ne regalò un altro. Nel pomeriggio un altro ancora». E mentre ricorda, gli occhi di Alighiero si riempiono di lacrime: «Lavoro troppo al computer, questa luce dà fastidio agli occhi», abbozza mentre li asciuga, rifugiandosi in un’altra stanza. «Era l’inizio della nostra vita», riprende poi. Affittarono una stanza in piazza del Popolo. Era l’epoca della Dolce vita . Ai caffè chiacchieravano con Pontecorvo, Gassman, Mastroianni. Anni magici. Poi, la tv: ad Alighiero offrirono una parte nel «Tenente Sheridan»: «Il successo mi intrappolò nel personaggio. Sparii per due mesi: presi una roulotte, viaggiammo con la bimba piccola». Hanno così dedicato la loro vita al palco, tra successi e preoccupazioni, fino a quando Emma Dante ha cercato quella che era diventata una grande attrice teatrale per interpretare Samira, la donna dal carattere di ferro che sfida nel film.
Ora la coppa Volpi è nella sua custodia di velluto, su un tavolo del salotto. «Rientrati a Roma, c’è preso un colpo. Siamo saliti in casa stremati. Poi ci siam detti: e la coppa? L’avevamo dimenticata in taxi». Sembrano averla vinta insieme. Ne sono fieri entrambi, forse più lui: «Ma io ho sempre saputo che è così brava». «Carlo è stato una forza nella mia vita». Mai nessuna crisi? «Momenti di crisi ci sono stati», dice lui, subito trafitto da uno di quelli sguardi di sua moglie: «Come momenti di crisi?». «Eh, poi passano». Uno sbuffo è la risposta: «Per me era pacifico che saremmo stati sempre insieme». Ha avuto ragione lei. Lei che a volte «è dura. Anche se spesso, dopo le liti folli che facciamo, mi fa ricredere. Di lei mi piacciono l’intelligenza e l’allegria: ama ridere. Racconta malissimo le barzellette ma ride volentieri di quello che accade nella vita».
Ma ciò che quest’uomo ammira di più nella donna che ha sposato due volte «è la verità. Quando recita sa essere vera». Tra loro, mai nessuna gelosia professionale: «Io voglio che lei sia più brava di me e lei che io lo sia più di lei». Ma quel giorno del 1949, perché tra tutte le ragazze in coda diede un buffetto proprio a lei? «Mi colpì per i suoi occhi, intelligenti». Che gli parlarono ancora prima di presentarsi.
Chiara Maffioletti