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 2013  settembre 23 Lunedì calendario

VOTO SEGRETO, VOTO PALESE QUANDO È MEGLIO L’UNO O L’ALTRO

Le sarò grato se vorrà spiegarmi perché esiste, in alcuni casi, un regolamento che prevede il voto segreto. A mio avviso è contro ogni logica per almeno due motivi. Il primo: chi vota potrebbe votare, per diverse ragioni (non escluse quelle molto personali), in modo diverso da quello in linea con il mandato ricevuto dai propri elettori. So che l’eletto non ha obbligo di fedeltà al mandato, ma mi auguro che questo sia applicabile solo nei «casi di coscienza». Vero, il voto palese potrebbe mettere in difficoltà chi ha una visione diversa da quella del proprio partito ma mi chiedo, è questa una buona ragione? Il secondo: con il voto segreto si autorizza chi vota ad avere una dicotomia tra il dire ed il fare, si può pubblicamente sostenere una tesi e poi votare, in segreto, per la tesi opposta. Assolutamente illogico, il voto segreto autorizza il malcostume intellettuale e fa sì che coloro che dovrebbero essere esempi di moralità possano comportarsi come poveri ladri di galline.
Giorgio Mazzeri
giorgio@mazzeri.net
Caro Mazzeri, il voto palese permette all’elettore di giudicare meglio il suo parlamentare. Ma non credo che l’esistenza del mandato possa essere usato, in questa materia, come fattore determinante. Nessun candidato, nel momento in cui chiede il suffragio, potrà mai assumere impegni vincolanti. Quali che siano le sue promesse, le circostanze lo costringeranno molto spesso a votare in condizioni alquanto diverse da quelle che erano prevedibili al momento delle elezioni. Provo a fare un esempio. Se nel corso della campagna elettorale mi sono impegnato a non votare per una legge finanziaria che preveda l’aumento delle imposte, dovrò forse attenermi a quella promessa se la situazione economica e finanziaria, nel frattempo avrà subito un radicale cambiamento? Farò mancare al governo il mio voto se il risanamento del deficit è la condizione indispensabile per rifinanziare il debito sul mercato delle obbligazioni con tassi d’interesse non troppo punitivi? Questo dilemma non è puramente ipotetico. È esattamente quello in cui si dibattono i deputati socialisti all’Assemblea nazionale francese. Avevano annunciato una tregua fiscale, soprattutto per i redditi delle fasce sociali meno favorite, e saranno costretti a votare un progressivo aumento delle imposte sino al 2015. È bene che il voto sia palese, ma occorre che il mandato non sia vincolante e che il giudizio dell’elettore, nella prossima scadenza elettorale, tenga conto delle condizioni in cui il suo parlamentare ha dovuto esercitare le sue funzioni.
Non è tutto. Siamo tutti favorevoli alla trasparenza del voto palese, ma non bisogna dimenticare che gli elettori, con il loro voto, scelgono anche un partito, e che i partiti, per svolgere efficacemente la loro funzione devono potere contare sulla disciplina dei loro deputati e senatori. Può accadere quindi che il voto palese serva soprattutto ai partiti per imporre la loro disciplina ed evitare i «franchi tiratori». In linea di massima la disciplina è una virtù, ma possono esservi circostanze in cui gli ordini di scuderia impartiti dai capi dei gruppi parlamentari (in Gran Bretagna si chiamano whip, frusta) offendono la coscienza del parlamentare.
Nel 1988 i regolamenti delle Camere furono modificati per garantire che il voto fosse generalmente palese, ma segreto nei casi concernenti diritti di libertà, casi di coscienza o singole persone. Fu un ragionevole compromesso che può essere modificato sulla base di altre considerazioni e nuove esperienze. Ma non sorprendiamoci per favore se cambiamenti dettati da una particolare circostanza come la votazione sul caso Berlusconi, sembreranno a molti (lo ha ricordato Michele Ainis sul Corriere del 17 settembre) un provvedimento ad personam, anzi contra personam.
Sergio Romano