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 2013  settembre 23 Lunedì calendario

«TELECOM, L’ITALIA NON PUO’ PERDERE IL CONTROLLO» —

Da giornalista Massimo Mucchetti, 59 anni, senatore del Pd, presidente della commissione Industria di Palazzo Madama, già editorialista del Corriere della Sera , ha seguito tutte le vicende Telecom Italia dalla privatizzazione del 1997 fino alla «operazione di sistema» Generali-Mediobanca-Intesa Sanpaolo insieme con la spagnola Telefonica che nel 2007 ne assunsero il controllo di fatto con la finanziaria Telco. Ora Madrid potrebbe rilevare le azioni Telco in mano ai soci italiani. «L’iniziativa spagnola interpella l’Italia intera. Il Corriere ha fatto bene a dare l’allarme con il fondo di Daniele Manca. Governo e Parlamento devono intervenire. Il Pd non può distrarsi perché ha un congresso alle porte. Il Pdl non può ridursi a pensare solo al destino del suo padre-padrone».
Su Telecom grava un debito enorme e gli italiani vogliono uscire. Che soluzione vede?
«La mossa di Telefonica potrà forse interessare i tre soci italiani di Telco ma, allo stato attuale delle informazioni, non mi pare utile per l’azienda, il mercato finanziario e il Paese».
Perché non va bene Telefonica?
«Telefonica ha 66,8 miliardi di debiti finanziari e un patrimonio netto tangibile negativo per 22,4. Telecom ha 40 miliardi di debiti e un patrimonio netto tangibile negativo per 17. Sommate hanno un po’ di liquidità, 17 miliardi, ma è posta a garanzia del debito e costa più di quanto rende».
Comunque guadagnano.
«Ma con i debiti che hanno tendono a non guadagnare più abbastanza. Il margine operativo lordo in tre anni è sceso per gli spagnoli da 25,7 miliardi a 21,2 e Telecom viaggia sugli 11,5 miliardi ma solo grazie al Brasile. Mi pare che la combined entity sia un colosso dai piedi d’argilla».
Perché allora Telefonica vuole Telecom?
«Per prendersi il mercato italiano, che resta importante, a prezzo vile. Poi venderà Tim Brasil e Argentina per ridurre il debito. Ma temo che incasserà poco. Sarà costretta a vendere per obblighi antitrust in tutto o in parte a imprese locali appoggiate dai governi, che pagheranno poco».
E per l’Italia?
«Non possiamo permetterci di perdere il controllo sul primo operatore di telefonia dopo averlo perso su Omnitel, Wind, Fastweb e H3g. L’Italia ha poche grandi imprese, non può perderle. Già temo una Fiat che diventa una provincia americana o una Pirelli che sarà venduta non si sa a chi».
E perché sarebbe un male per il mercato finanziario?
«Telefonica sembra orientata a trattare il controllo di Telecom, e il relativo premio, dentro le mura amiche di Telco. Il 78% della compagine azionaria di Telecom rimarrebbe escluso. Non sarebbe la prima volta, purtroppo. Parafrasando Giovanni Agnelli direi: “Olimpia humanum est, Telco diabolicum”».
Che cosa propone dunque?
«Anzitutto che Cesar Alierta (capo di Telefonica, ndr ) venga ad illustrare i suoi progetti al Parlamento e al governo, il quale dovrebbe subito completare la normativa sulla golden share a tutela delle risorse strategiche nazionali, comunicazioni comprese. In secondo luogo la Consob potrebbe constatare come Telco controlli Telecom dando seguito alle deliberazioni del precedente collegio presieduto da Lamberto Cardia».
Ricordiamo quali erano.
«Il controllo di fatto si ha anche quando un soggetto controlli ripetutamente l’assemblea di una società quotata anche disponendo di meno del 30% dei voti. A quel punto Telco dovrebbe consolidare i conti di Telecom Italia assumendo responsabilità finanziarie e reputazionali dalle quali finora è fuggita».
Ma Telco nega quel controllo.
«Telco parla con lingua biforcuta. I suoi soci hanno a bilancio le azioni Telecom al doppio dei valori correnti perché incorporano un premio di controllo. In realtà andrebbe aggiornata anche la legge sull’opa. Accanto alla soglia del 30% andrebbe istituita una seconda soglia, legata al controllo di fatto acclarato dalla Consob, superando la quale scatta comunque l’opa obbligatoria».
Se Telco venisse sciolta, gli spagnoli potrebbero però comprare dai soci italiani senza più problemi.
«Sciolta Telco tutti sarebbero liberi e ci sarebbe una vera competizione, al termine della quale Telecom Italia potrebbe diventare una vera public company, basata in Italia e proiettata nel mondo».
Ma il debito resterebbe.
«La strada maestra resta quella di un aumento di capitale, da 5-6 miliardi. Gli azionisti hanno fatto i debiti, gli azionisti provvedano. Il presidente Franco Bernabè deve scegliere: o servire Telco o servire l’impresa proponendo al consiglio l’aumento di capitale, e a prezzi accettabili dal mercato. Anche a costo di perdere la poltrona».
Fabrizio Massaro