Anna Meldolesi, la Lettura (Corriere della Sera) 22/09/2013, 22 settembre 2013
DARE I NUMERI E SCOPRIRE IL SENO
«Mi hanno detto che per ogni equazione che avrei incluso nel libro, le vendite si sarebbero dimezzate. Per questo non le ho usate», spiegò una volta Stephen Hawking, autore di Dal Big Bang ai buchi neri. Breve storia del tempo. Alla fine un’equazione la inserì, la più famosa di tutte, quella di Einstein, e vendette oltre 10 milioni di copie. Proprio quel successo straordinario, nel 1988, ha aperto la stagione dei best-seller di popular science e non c’è voluto molto perché anche la matematica si facesse largo in libreria, col suo strascico di simboli e diagrammi. Oggi qualche bella formula è ben accetta anche nei libri destinati al grande pubblico, basta non strafare. Se l’argomento è divertente, poi, è lecito abbondare.
Il contrasto fra l’astrusa precisione del linguaggio matematico e la familiarità delle esperienze umane a cui è applicato può creare un effetto calamita. Ma giocare su questo registro non è facile: servono un rispetto profondo e una penna leggera per far uscire la regina delle scienze dalla torre e per farla divertire senza trasformarla in cortigiana. Ci riesce bene Steven Strogatz della Cornell University, in La gioia dei numeri. Antidoto per la noia dei vecchi problemi scolastici e omaggio al fascino discreto di logaritmi, derivate e integrali. Forse non ricordate più il numero immaginario i oppure la costante e ma non potete aver dimenticato il pi greco. E quando avete pensato l’ultima volta al seno in chiave trigonometrica? È stata una specie di killer application, uno strumento micidialmente efficace per astronomi e agrimensori del passato e non ha niente a che vedere con il corpo femminile. Pare che la scelta del latino sinus derivi da un errore di traduzione dal sanscrito all’arabo. L’idea di scoprire il seno, però, non per questo è meno allettante. Le sinusoidi sono ovunque intorno a noi. Nelle vibrazioni delle corde vocali quando parliamo, nelle oscillazioni delle cellule ciliate dell’orecchio quando ascoltiamo, nelle increspature dell’acqua e nelle creste delle dune, sul mantello delle zebre, negli atomi quantistici, nelle onde primordiali emerse dal Big Bang. Anche se gli è toccato in sorte un nome erotico, il seno ha un lato quasi spirituale.
Agli scrittori-matematici il gusto per i doppi sensi non manca. Prendiamo Teoria dei gruppi in camera da letto di Brian Hayes, nota firma di «American Scientist». Non suggerisce geometrie orgiastiche, i gruppi a cui allude il titolo sono insiemi di azioni matematiche. Ma la camera da letto? È l’ambiente in cui si può sperimentare la teoria, ruotando e ribaltando il materasso in modo da distribuire diversamente il peso di chi dorme. Se qualcuno è rimasto deluso, può ripiegare su Matematica e sesso di Clio Cresswell: uno scanzonato viaggio nelle formule dell’attrazione, degli appuntamenti romantici, delle frequenze coitali, degli orgasmi.
Anche l’amore può essere una questione sinusoidale. Supponiamo che Romeo sia innamorato ma Giulietta sia volubile. Più lui la ama, più lei ha voglia di scappare. Quando lui capisce e si allontana, lei lo va a cercare. Il cuore di Romeo però batte diversamente da quello di Giulietta: si scalda quando è amato, si raffredda con la distanza. Strogatz si è divertito a prevedere i cicli d’amore e odio di questa relazione, in cui i due amanti si comportano come oscillatori armonici. Le curve procedono in modo asincrono, intersecandosi, senza mai raggiungere contemporaneamente l’apice, ma i due riescono ad amarsi contemporaneamente per un quarto del tempo. Il gioco si complica immaginando che lui sia il tipo d’uomo che si frena per non sembrare succube oppure al contrario uno che ama. Lo stesso vale per Giulietta. E se invece di essere in due fossero in tre? Sergio Rinaldi, del Politecnico di Milano, si è dedicato al triangolo amoroso del film Jules e Jim di Truffaut. La bella e scandalosa Jeanne Moreau gira come in un vortice attorno a Jules, poi, improvvisamente, viene catturata dall’orbita di Jim con uno schema che rimanda un «attrattore di Lorenz», quella struttura a farfalla che rappresenta l’evoluzione di un sistema caotico. Cambia idea sette volte, restando con l’uno o con l’altro per periodi lunghi o brevi. Il momento della transizione è imprevedibile e dunque ancor più doloroso, fino al suicidio. Vale la pena notare che il film esce nel 1962, un anno prima del lavoro di Edward Lorenz, un decennio prima che il caos deterministico filtri fuori dai circoli accademici.
Probabilmente il «New York Times» è il quotidiano che più si è divertito a flirtare con l’algebra, pubblicando, ad esempio, l’equazione che prevede la fine degli amori delle celebrities. Ma sa anche prendere la matematica molto sul serio, come dimostra The New York Times Book of Mathematics. Un volume di oltre 400 pagine, con gli articoli apparsi in edicola in oltre cento anni sui problemi ancora irrisolti, le fortezze conquistate, le nuove branche e le ultime teorie. Nell’introduzione Gina Kolata ricorda l’aura di esclusività che circonda la matematica. Renderla in lingua parlata, ha detto una volta uno studioso, è più difficile che tradurre una poesia dal cinese: si perdono la bellezza, l’eleganza. Sono in pochi a poter godere pienamente di questa «ineffabile iridescenza» ma non vuol dire che gli altri non possano lasciarsi affascinare.
Lo sa bene chi ha letto Paolo Giordano sui numeri primi, quelli divisibili solo per 1 e per se stessi. «Se ne stanno al loro posto nell’infinita serie dei numeri naturali, schiacciati come tutti fra due, ma un passo in là rispetto agli altri. Sono numeri sospettosi e solitari e per questo Mattia li trovava meravigliosi. Certe volte pensava che in quella sequenza ci fossero finiti per sbaglio, che vi fossero rimasti intrappolati come perline infilate in una collana. Altre volte, invece, sospettava che anche a loro sarebbe piaciuto essere come tutti, solo dei numeri qualunque, ma che per qualche motivo non ne fossero capaci». Alcuni poi sono ancora più speciali, sono i «primi gemelli», coppie di numeri primi separati da un solo numero pari, come l’11 e il 13, il 17 e il 19. Andando avanti a contare si diradano ma non si esauriscono mai del tutto, almeno così pare. La matematica è un mondo di idee oltre che di numeri, di creatività e di rigore, dove la libertà non è nelle risposte che ci attendono ma nelle domande che poniamo. Si può partire anche da qui per riconciliarsi con la materia che ci intimoriva a scuola e arrivare a dire: «La matematica mi piace». Provate a pensare questa frase. Suona quasi rivoluzionaria in un Paese che arranca nei punteggi dei test Pisa rispetto ai concorrenti internazionali e dove dirsi somari non è motivo di vergogna. Piuttosto un espediente per entrare in sintonia con elettori che si suppongono ignoranti.
Anna Meldolesi