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 2013  settembre 22 Domenica calendario

«ORA I DEPUTATI PAGHINO». E I QUESTORI DELLA CAMERA BLOCCANO AFFITTI PER 600 MILIONI —

Finito il tempo delle vacche grasse e degli affitti d’oro a beneficio di un singolo imprenditore, la Camera dei deputati rinuncia alla prassi secondo cui l’amministrazione di Montecitorio mette a disposizione un ufficio per ogni deputato. Per il futuro (a regime dal 2018) ciascun onorevole dovrà scegliere tra due strade: stringersi negli spazi che i questori stanno via via recuperando all’interno degli immobili di proprietà della Camera (e non sono pochi) oppure prendere in locazione una stanza pagandola però di tasca propria. O, meglio, utilizzando le voci dell’indennità che già contemplano le spese per il funzionamento dell’ufficio di un deputato.
La svolta è arrivata alla riunione del comitato dei Questori del 15 settembre quando è stato deciso di non rinnovare i contratti d’affitto stipulati dalla Camera negli anni 90, e ora in scadenza, per 122 postazioni esterne a Montecitorio. Uffici, segreterie, sale riunioni, saloni per le conferenze che nel periodo 2018-2036 sarebbero costati al contribuente ben 600 milioni di euro. La nuova policy la spiega così il questore Stefano Dambruoso (Scelta civica): «Abbiamo ritenuto che non fosse più sopportabile questo tipo di spesa che sarebbe ricaduta sulle tasche del contribuente nella misura di 600 milioni di euro».
I tagli riguardano il cosiddetto quadrilatero di palazzo Marini (largo San Claudio-via del Tritone-via Poli-via del Pozzetto): quattro immobili di pregio di proprietà della società «Milano 90» dell’imprenditore romano Sergio Scarpellini, che assicurano un rifugio, un computer, una poltrona e i servizi di segreteria ai deputati di seconda linea, quelli che non hanno incarichi istituzionali, di governo e di partito. Il primo taglio, Marini 1, c’è stato nel 2012. Dal 2016, poi, Marini 2 tornerà nella disponibilità dei suoi proprietari e negli anni successivi, 2017 e 2018 , la stessa sorte avranno Marini 3 e Marini 4. Ma Sergio Scarpellini ora si ritrova sfitti anche gli immobili di via delle Vergini (Consiglio di Stato) e di via Poli (Regione Lazio). Una valanga di disdette che è già costata 350 posti di lavoro.
La storia di questi palazzi (deserti dal giovedì pomeriggio al martedì mattina successivo) viene da lontano. Nel ‘97, presidenza Violante, scatta il primo contratto d’affitto con «Milano 90» che oltre all’immobile offre la mobilia e i servizi. Seguono a ruota gli affitti degli altri tre immobili che nel 2010, dopo 13 anni, portano il conto pagato dalla Camera a Scarpellini a quota 586 milioni. Come dire, con quella cifra gli immobili in questione si potevano acquistare.
Ma il 2010 è anche l’anno in cui inizia la martellante battaglia dell’ex deputata radicale Rita Bernardini. In solitudine, la Bernardini produce documenti, cifre, denuncia l’assenza di gare e alla fine la spunta: il 1° gennaio del 2012, la Camera (presidenza Fini) disdetta prima della scadenza il contratto di Marini 1 e vince pure al Consiglio di Stato contro il ricorso presentato da Scarpellini. Il quale torna alla carica l’estate del 2013 con una lettera dai toni perentori: «Cara Camera se rinnovi fino al 2036 i tre contratti ancora in vigore, io ti do gratis il palazzo Marini 1 e così potrai risparmiare 8,8 milioni all’anno». Peccato però, calcolano gli uffici, che la Camera sarebbe arrivata a versare alla «Milano 90» un miliardo e 250 milioni di euro (fino al 2036). E poi, la spesa non considera il fatto che prima o poi potrebbe essere approvata la riduzione del numero dei parlamentari con i deputati che passerebbero da 630 a 450.
Davanti a queste cifre i questori — oltre a Dambruoso (SC), ci sono Paolo Fontanelli (Pd) e Gregorio Fontana (Pdl) — hanno detto «No, grazie». Spiega Dambruoso: «In questa decisione ci siamo sentiti forti anche del fatto che i vicepresidenti e i questori hanno rinunciato all’uso degli alloggi di servizio. Che via via stiamo trasformando in uffici, il primo dei quali è stato consegnato all’Ispettorato della polizia». In 5 mesi i questori hanno recuperato cento nuove postazioni all’interno di palazzi di proprietà della Camera (che sono ben 5) e molto c’è ancora da lavorare su questo fronte. Un esempio per tutti: le stanze restituite dall’associazione degli ex parlamentari che per anni ha contato su una sede di 5 vani.
Rita Bernardini ora se la ride dal bunker sotterraneo di via Gregorio VII dove sta preparando per la Cassazione i pacchi con le firme per i referendum radicali: «Scarpellini dice che mi vuole querelare? In realtà sono io che l’ho querelato perché in tv ha detto che ha dato contributi a tutti i partiti. Poi quando gli hanno chiesto “Tutti, tutti?”, lui ha risposto che nella lista c’eravamo anche noi radicali. Per questo l’ho portato in giudizio».
Dino Martirano