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 2013  settembre 21 Sabato calendario

TUTTE LE RIFORME CHE I MAGISTRATI HANNO IMPEDITO

È come il discorso televisivo di fine anno, ciascuno lo tira dalla sua: ma non c’è dubbio che parte delle parole pronunciate ieri da Giorgio Napolitano suonano inequivoche. Eccole: «I magistrati abbiano un’attitudine meno difensiva e più propositiva rispetto alle riforme di cui la giustizia ha indubbio bisogno da tempo, e che sono pienamente collocabili nel quadro dei principi della costituzione repubblicana». Tradotto: dopo vent’anni i magistrati potrebbero anche piantarla di respingere ogni proposta che li riguardi, perché la giustizia non solo fa schifo, ma così applicata non è neppure «uguale per tutti» come recita la Costituzione. E a ben vedere è la stessa mancanza di «autocritica » e di «riflessione» di cui faceva cenno il pm Ilda Boccassini giusto una settimana fa, ma che tuttavia la stessa magistratura intesa come corporazione, come toghe militanti, come Associazione magistratida circa vent’anni giudica inesistente come problema. È un fatto che la magistratura italiana si ritiene deresponsabilizzata rispetto ai mali che affliggono la giustizia nel suo complesso. Secondo i vertici togati, e secondo le forze politiche e mediatiche che li sostengono purchéssia, ci sono tutta una serie di questioni che semplicemente non esistono. Eccole.
1) Lo stravolgimento del Codice. Nel tardo 1989 il nuovo Codice di procedura penale proponeva pari dignità giuridica tra accusa e difesa, custodia cautelare come extrema ratio, segretezza delle indagini, pubblicità del processo e, soprattutto, prova che doveva formarsi rigorosamente in aula. Il totale stravolgimento delle velleità del nuovo Codice, con la complicità della classe politica e il palese dolo della magistraturaa colpi di Cassazione, Consulta e semplice non-applicazionefu una chiave di volta della prima e fondamentale parte di Mani pulite. Per reintrodurre l’unica seria norma di riequilibrio (la riforma dell’articolo 513, che vietava e vieta di utilizzare a dibattimento, se non confermati in aula, i verbali d’interrogatorio ottenuti dal pm durante le indagini preliminari) è stato necessario fare una riforma costituzionale (1999) perché la Consulta aveva bocciato la legge.
2) L’abuso della carcerazione preventiva. È rimasto una regola che varia a seconda dei periodi e degli umori popolari. Così facendo si perpetrano insopportabili ingiustizie, si stiracchiano le norme e si stipano le carceri in cui si registra il record europeo dei cittadini in attesa di giudizio: e non certo soltanto per i tanti galeotti legati alla legge Fini- Giovanardi sulla droga. La carcerazione preventiva, in Italia, è uno strumento per favorire le confessioni. Nei paesi anglosassoni si teme il processo perché poi si finisce in carcere, mentre in Italia, spesso, si attende il processo per uscirne.
3) I troppi gradi di giudizio. La Consulta, dopo le infinite proteste della magistratura, nel 2006 bocciò la sacrosanta Legge Pecorella che decretava l’inappellabilità delle assoluzioni, come è prevista negli stati di common-law. Guai anche solo a parlarne, da noi. Così come guai a parlare, agli avvocati, di un’altra norma anglosassone che andrebbe introdotta di corsa: la cosiddetta «Reformatio in pejus», cioè la possibilità che, formulando appello, si possa beccare una pena anche più alta.
4) I danni per l’economia. L’indipendenza del pm italiano è unica al mondo. Può agire anche senza l’autorizzazione del capo del proprio ufficio e anche senza l’autorizzazione del gip (metodo De Magistris) con provvedimenti d’urgenza. Si può bloccare o congelare qualsiasi iniziativa in qualsiasi momento, questo per via di inchieste spesso paludose (con sequestri cautelari senza apparenti limiti di tempo, soprattutto) che possono bruciare tempo e miliardi e sono il terrore di qualsiasi azienda, come molti report stranieri purtroppo segnalano. Questo senza contare la giustizia civile, cui pochi ricorrono perché semplicemente non conviene, dati i tempi biblici che comporta.
5) L’ultracasta. La meritocrazia e la responsabilizzazione dei magistrati non sono certo aiutate dalla carriera automatica, dagli scatti di stipendio automatici, dall’orario di lavoro evanescente, dalle ferie sterminate (record italiano) e dalle scandalose chiusure estive dei tribunali, tantomeno dall’inamovibilità e dalla mancanza di test psico-attitudinali già riservati ad altre professioni. Poi c’è la mancanza di una responsabilità civile: l’attuale legge 117normativa farsesca improvvisata dopo il caso Tortora, a dispetto di un referendumfa passare i magistrati per 9 gradi di giudizio. In 25 anni le cause sono state solo 34, con solo 4 condanne. L’idea, giudicata iricevibile dai magistrati, è quella che i medesimi siano direttamente responsabili delle loro violazioni al pari degli altri funzionari e dipendenti dello Stato.
6) Separazione delle carriere. Ultima ma non ultima. Inutile fare comparazioni con l’estero: la nostra magistratura non vuole sentirne parlare. Concorsi separati per giudici e pm, due differenti e rispettivi Csm, un’alta corte di giustizia che li giudichi in caso di illeciti: pura eresia, come tutto il resto. Non c’è nessuna riforma da fare, né questa né nessun’altra.