Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  settembre 23 Lunedì calendario

FENOMERKEL

Eccola, sul piccolo palco al quartier generale della Cdu, le gambe leggermente divaricate e ben piantate nelle scarpe tozze e basse, pollice e indice a rombo - il gesto trionfante delle femministe ma riportato all’altezza dell’ombelico, terzo chackra, dove brilla il sole del potere personale -, il sorriso contento di chi ce l’ha fatta ma ha sempre saputo che sarebbe finita così. Eccola, la donna che ha vinto tre elezioni consecutive, aumentando ogni volta il consenso e smentendo così la regola che vuole sconfitto chi esercita il potere. Anzi, vincendo proprio perché ha ben governato in anni difficilissimi e per un popolo razionale come il tedesco questo conta più di tante promesse.

In un angolo della sala c’è il marito, il professore di chimica quantistica all’Università Humbold Joachim Sauer - Gioacchino Acido - eccezionalmente citato e applaudito. L’uomo che dà normalità alla donna più potente del mondo senza esserne schiacciato perché di suo è un’autorità. Che non si vede mai, ma quando occorre la accompagna ai vertici internazionali e segue disciplinatamente il programma per le signore. E, soprattutto, che non le ha mai creato imbarazzi o conflitti di interesse perché si occupa di teorie e non di affari o di politica.

Merkel arriva a questo nuovo trionfo perché è sempre stata sottovalutata. «Chi la sottovaluta ha già perso» ha detto ancora di recente il ministro-presidente della Baviera, Horst Seehofer. Il cancelliere Kohl, che la volle suo ministro nel primo governo della Germania unita, la chiamava «das Mãdchen», la ragazza. Pensava di usarla nel suo governo come figurina “politicamente corretta”, perché donna e perché dell’Est. Invece lei, al momento opportuno, lo uccise con freddezza e pubblicamente, non in un corridoio oscuro del potere. Era il 2000, da allora è presidente del partito, la Cdu. L’ultima volta è stata eletta col 98% dei voti.

Alle elezioni 2005 anche Schröder pensò di schiacciarla - nonostante la sua Spd fosse indietro di un punto rispetto alla Cdu/Csu - solo perché era un Alpha Tier, un animale alfa. In tv, la sera stessa, le disse sghignazzando - pare fosse un po’ alterato - che non le avrebbe mai ceduto la cancelleria. Dopo settimane di estenuanti trattative, nasceva la Grande Coalizione, lui fuori, Merkel cancelliere. Anzi, Kanzlerin, cancelliera, con un neologismo subito eletto «parola dell’anno» dall’Accademia linguistica tedesca.

Uno per volta e non necessariamente in modo cruento, ha eliminato tutti i possibili rivali. Intorno a lei non ci sono delfini che aspettano di prendere il suo posto, ma uomini e donne che si aspettano da lei un posto.

Non ha carisma, non «buca» lo schermo, e questo nella società della politica-spettacolo sembrerebbe un handicap. Ma non in Germania, dove l’immagine conta meno della sostanza e lei incarna quelle piccole virtù che tanti ancora rispettano e onorano: integrità, modestia, sobrietà, laboriosità, lealtà, sincerità. Certo, ama il potere e ha fatto di tutto per ottenerlo e tenerlo. Ma non per vanità, per i simboli e gli agi esteriori. Vuole governare perché sente di avere una missione. «Noi vogliamo che le future generazioni possano vivere nel benessere, nella democrazia e nella libertà», ha ancora ripetuto nel suo ultimo comizio.

È astuta e opportunista, le rinfacciano, vive di tattica e navigazione a vista, non ha grandi ideali come stella polare, cannibalizza gli altri partiti rubando loro idee ed elettori - come ha fatto con i Verdi, facendo sua la battaglia contro le centrali nucleari. È vero. Ma una stella polare ce l’ha, ed è il metodo scientifico che ha imparato da studentessa di chimica e poi di fisica. Di un problema analizza tutti gli aspetti e per ciascuno le ipotesi di soluzione, poi sceglie e agisce. Anche un problema come quello del suo look l’ha risolto così. Ha chiamato tre stiliste e con loro ha elaborato una divisa adatta al suo corpo: pantaloni scuri, scarpe tozze col tacco basso e largo, giacche colorate, top, collana girocollo di pietre dure. La collana è la sua cravatta, l’unica concessione alla vanità in una donna cresciuta nel doppio rigore della Chiesa evangelica e del partito comunista. Ne ha decine, che abbina al colore dei bottoni della giacca.

Vive austeramente in una casa di fronte all’isola dei Musei, dove montano la guardia appena due uomini. Va a farsi la spesa al supermercato, cucina l’arrosto della domenica per la famiglia, fa le vacanze sempre negli stessi alberghini, Pasqua a Ischia, estate sulle Dolomiti. Anche così ha battuto un rivale socialdemocratico che a un comizio ha detto: «Non comprerei mai un Pinot grigio che costi meno di 5 euro».