Chiara Beria Di Argentine, La Stampa 22/9/2013, 22 settembre 2013
DI PROFILO IL RIPARATORE DI CERVELLI “ROTTAMATO” DALL’ITALIA
Storia di come perdere un luminare e regalarlo ai privati. Saluto il professor Broggi: «Chissà che gran festa le hanno fatto quando a luglio, dopo 41 anni, ha dovuto lasciare l’Istituto Nazionale Neurologico Besta di Milano! Avranno ricordato tutto ciò che ha fatto per operare in modo sempre più efficace e meno invasivo il cervello, dai tempi in cui non avevate neanche la risonanza magnetica alla rivoluzione della chirurgia virtuale. E ancora le migliaia di ore (6,7 a intervento, al ritmo di 200-300 l’anno) che ha passato in sala operatoria».
Errore. «Veramente non mi hanno neanche detto buongiorno! Ero già in pensione ma, in base alla legge, potevo lavorare a progetto. Quest’anno non mi hanno più rinnovato la collaborazione», spiega Giovanni Broggi, 72 anni portati alla grande, celebre neurochirurgo che ama paragonarsi a un artigiano che aggiusta le sedie («Si entra nel cervello perché c’è una malattia ma ogni cervello è diverso dall’altro. Aggiustare una Thonet non è come riparare una sedia di Enzo Mari»).
L’assurdo trattamento riservato a un medico amato da generazioni di pazienti («Altro errore! Per volere ministeriale non si deve più usare questo termine ma: “Persone che necessitano d’assistenza”. Ridicolo. Per me la vera gioia è, come mi è appena accaduto, ricevere i confetti di nozze da una paziente che avevo operato 20 anni fa quando aveva 10 anni») è passato finora sotto silenzio. «Il ministro Lorenzin? Non sa neanche chi sono! Non ho mai frequentato i palazzi politici di Roma», dice Broggi. In compenso pochi giorni fa al congresso della Federazione mondiale di neurochirurgia a Seul ha ricevuto il superprestigioso «Scowille Award» (l’altro premiato è il messicano Mauro Loyo-Varela) per aver raggiunto al Besta - dal ‘90 come primario, dal ‘99 come direttore di Dipartimento - risultati d’eccellenza nella «chirurgia dei tumori endocranici e spinali con neuronavigazione assistita a immagini». Broggi ora è in partenza per la Cina dove firmerà un accordo con l’Istituto di neurochirurgia di Shanghai, un colosso con 800 letti e 32 sale operatorie che sarà diretto dal dottor Jian Mao. «A luglio il mio amico Mao era a Milano. Volevo presentarlo al presidente del Besta (Angelo Guglielmo, ndr) ma lui si è negato».
Risultato: per il suo nuovo progetto Broggi ha trovato interlocutori più attenti e ha già cominciato a operare al Galeazzi, l’Istituto Ortopedico del gruppo Rotelli che ha una divisione di neurochirurgia. Così, sarà un privato ad attirare tanti pazienti e a diventare partner dei cinesi. «Noi abbiamo esperienza, loro tecnologie che non ci sono in Italia come la risonanza magnetica interoperatoria che permette dopo l’intervento di controllare, per esempio, quali funzioni hai conservato e quali sono a rischio». Cresciuto dopo l’università alla Columbia University e all’Albert Einstein college of medicine di New York, tornato senza alcun pentimento in Italia, autore di 254 pubblicazioni, Broggi non dimentico di aver avuto grandi maestri (Mauro Mancia, Dominick Purpura, Giulio Morello) ha allevato, a sua volta, un team d’eccellenti neurochirurghi dal torinese Paolo Ferroli («Conoscere Broggi è stato come provare una Ferrari per un appassionato d’auto», ha dichiarato tempo fa lamentando l’atteggiamento verso i giovani di certi baroni) che opera al Besta come Morgan Broggi, figlio del professore, a Carlo Marras, primario al Bambino Gesù di Roma a Marco Sinisi, primario al Wellington hospital di Londra. «Quarantenni eccellenti. Quindi, spesso osteggiati. In Italia ci sono anche trentenni molto bravi ma, rispetto ai miei tempi, faticheranno a emergere in un Paese appiattito. Nei concorsi conta più l’anzianità di lavoro delle pubblicazioni!».
Prof è forse per tagliare i costi che l’hanno rottamato? «Detesto questo brutto verbo. Al Besta l’ultimo anno ho guadagnato 50 mila euro e portato rimborsi drg per 1 milione e 200 mila euro lordi: mi pagavano 1 e prendevano 100. No, trattasi d’incapacità gestionale delle risorse e delle persone». E’ la diagnosi fin troppo benevola dell’illustre riparatore di cervelli.