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 2013  settembre 22 Domenica calendario

BENESSERE AL TOP, CAMBIAMENTO AL MINIMO


La Germania che oggi va alle urne vive un’euforia economica da fare invidia ai partner europei tuttora invischiati nella recessione. Dal 2009 a oggi il Pil tedesco è cresciuto in media del 2,6% annuo e sono stati creati un milione e 200omila posti di lavoro. Il risanamento delle finanze pubbliche ha prodotto nel 2012 un surplus dello 0,2 per cento.
Ma si tratta di un’euforia ingiustificata perché dal respiro corto. Se si guarda alla crescita nel lungo periodo, il colosso d’Europa mostra una debolezza preoccupante: basta spostare le lancette al 1999 e i numeri raccontano la storia di un Paese bloccato su una crescita dell’1% da una cronica mancanza di investimenti, pubblici e privati. Inferiori, in rapporto al Pil, a quelli dei partner Ue. Mancano all’appello tra 75 e 80 miliardi di euro l’anno per colmare la differenza e mettere in moto uno sviluppo sostenibile nel lungo termine. Perciò la priorità del prossimo Governo dovrà essere il rilancio degli investimenti per sostenere tassi di crescita in grado di trainare aumenti di produttività e salari, senza intaccare il principio del pareggio di bilancio.
La diagnosi e l’invito ad agire subito portano la firma di Diw Berlin, l’Istituto tedesco di ricerche economiche, think tank berlinese indipendente presieduto da Marcel Fratzscher. «È un tema cruciale, un’urgenza vera e propria» dice l’economista, professore all’Università Humboldt di Berlino e per undici anni a capo della divisione analisi di politica internazionale della Bce. E non ha niente a che fare con la grave crisi economico-finanziaria iniziata nel 2008. «La crescita della Germania negli ultimi dieci anni è stata deludente - spiega Fratzscher - pari a circa l’1% e a questi tassi non può generare in futuro né salari più alti né una maggiore produttività». Dal 1999, continua, il Paese ha sofferto «un gap di investimenti del 3% in confronto alla media dell’area euro. Il tasso ha continuato a scendere, dal 20% del Pil del 1999 al 17% del 2013».
Se il livello fosse pari a quello dei partner, stima Diw, la Germania aggiungerebbe 0,6 punti percentuali alla sua crescita, portandola a un più brillante 1,6 per cento.
«Gli investimenti pubblici sono stati deboli a causa delle esigenze di consolidamento del bilancio - aggiunge Fratzscher - ma il Governo adesso ha la possibilità di mettere in campo una larga parte del totale degli investimenti necessari, nonostante il freno del debito. L’anno scorso, a fronte di una crescita debole, è stato realizzato un surplus, sia pure minimo. Entro il 2017 il surplus annuale aumenterà a circa 28 miliardi di euro. Inoltre, i costi di finanziamento del debito pubblico ai minimi storici permettono flessibilità senza dover intervenire sul lato delle entrate o delle spese. È questo il momento adatto per agire». Concentrata sulla necessità di ridurre il debito (circa l’80% del Pil), e favorita in questa azione da un forte supporto popolare, la Germania secondo gli economisti di Diw ha trascurato troppo a lungo gli interventi per sostenere la crescita.
Quanto agli investimenti privati, il loro costante declino è in netto contrasto con la potenza commerciale del Paese e il tasso di risparmio, tra i più alti al mondo. «Il nostro è un mercato molto aperto - continua il presidente di Diw - e una parte considerevole dei risparmi è stata investita all’estero». Le banche, negli anni passati, hanno riversato denaro sul mercato Usa dei subprime o su quello immobiliare della Spagna, andando incontro anche a pesanti perdite.
Se il Governo puntasse con decisione al rilancio di infrastrutture e istruzione - i due settori che Diw identifica come cruciali - anche le condizioni produttive migliorerebbero richiamando in patria gli investimenti privati. Nei soli trasporti, è la stima dell’Istituto, sarebbero necessari dieci miliardi in più all’anno.
Rafforzare l’economia nazionale per Berlino è ancor più importante in vista dell’altra grande sfida che aspetta il prossimo Governo: la stabilizzazione dell’area euro. Una traversata che non è conclusa. «Grazie all’annuncio della Bce sugli Omt, stiamo vivendo un periodo di calma sui mercati che non riflette i rischi tuttora presenti» è la valutazione di Fratzscher.
L’anno prossimo, con la terza tornata di stress test - considerato che le prime due non sono state condotte con efficacia - ci sarà «l’ultima possibilità di mettere in sicurezza il sistema bancario». E sarà fondamentale, secondo l’economista, che nell’ottobre 2014 sia in funzione l’Unione bancaria, con entrambi i pilastri: sorveglianza unica e sistema di liquidazione comune. Per superare le divisioni tra chi in caso di fallimento vuole accentrare i poteri nella Commissione e quanti - Germania in primo luogo - sono restii, Fratzscher pensa a una terza via, la creazione di un’agenzia di liquidazione indipendente. I nodi del sistema bancario incroceranno in modo pericoloso i nuovi pacchetti di aiuti che sembrano ormai inevitabili per Grecia e Portogallo. Berlino farà la sua parte, qualunque sia la coalizione di Governo, pronostica il presidente di Diw. Ma il dibattito sarà aspro e la cancelleria molto cauta.