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 2013  settembre 21 Sabato calendario

LA RESA DI CURIOSITY: UN ANNO SU MARTE SENZA TRACCE DI VITA

Brutte notizie arrivano da Marte per chi ancora crede che il pianeta rosso possa aver ospitato la vita in epoche recenti. Il rover Curiosity ha definitivamente smentito l’esistenza di metano sulla superficie del pianeta. Lo ha mestamente annunciato giovedì la Nasa. Le attrezzature scientifiche a bordo del robot semovente, che sta esplorando la superficie di Marte dal 6 agosto 2012, hanno escluso la presenza nella rarefatta atmosfera marziana di gas metano, uno dei possibili indicatori di vita, quantomeno microbica.
I dati sulla presenza (o meglio, sull’assenza) di metano non sarebbero di per sé una campana a morto per l’ipotesi della vita su Marte: Curiosity (il cui vero nome sarebbe Mars Science Laboratory) si muove a una velocità media di 30 metri all’ora, e lo spazio che può esplorare è quindi estremamente ridotto. Oltretutto, osservano i difensori a oltranza dell’ipotesi di vita marziana, sulla Terra esistono microbi che non producono metano. Aver trovato tracce di quel gas sarebbe stato un punto decisivo a favore delle loro tesi, ma non averne trovato, sostengono, non è un argomento decisivo.
La lastra tombale sulla «Life on Mars» cantata da David Bowie, stando a loro, deve ancora essere scolpita. Certo i dati riportati da Curiosity sono scoraggianti rispetto alle aspettative suscitate dalle grandi emissioni di metano registrate da sonde e telescopi nel 2003. Per quanto alcuni scienziati puntualizzassero con cautela che sulla Terra il metano può prodursi anche per fenomeni fisici che nulla hanno a che vedere con la vita, i dati registrati dieci anni fa avevano inevitabilmente mosso le acque della comunità scientifica, suscitando grandi speranze. Per questo Curiosity era stato equipaggiato con rivelatori di metano, e apparecchiature analoghe saranno presenti a bordo della sonda orbitale che l’India lancerà verso Marte fra poche settimane.
«Certo, se avessimo trovato il metano non ci sarebbero stati più dubbi», osserva Robert Zubrin, presidente della Mars Society, l’ente no profit che progetta l’esplorazione e la colonizzazione di Marte: «La nostra delusione è quella di chi non ha avuto il pony chiesto per Natale. Ma questo non vuol dire che non ci siano dei pony per noi, lassù». Il tono è leggero, non tipico di chi ha subito un grave lutto. La stessa leggerezza emerge dalle parole di Michael J. Mumma, uno degli scienziati della Nasa che avevano scoperto e annunciato le gigantesche emissioni di metano del 2003, che ritiene che le emissioni di gas possano essere episodiche, e si permette anche una battuta, ipotizzando grandi colonie di microbi marziani dediti a eliminare ogni traccia di metano dall’aria...
Altri, come il dottor Attreya dello staff della missione Curiosity, hanno ipotizzato che il metano venga prodotto di continuo, ma sia altrettanto rapidamente distrutto dalle peculiari condizioni ambientali del pianeta fra cui l’atmosfera rarefatta e la potenza dei raggi ultravioletti. La gran parte della comunità scientifica si ispira però al Rasoio di Occam, e preferisce pensare che il motivo dell’assenza di metano su Marte sia, più semplicemente, l’assenza di organismi in grado di produrlo.
Insomma, dalle visioni di fiorenti città marziane collegate da giganteschi canali, care agli astronomi dell’Ottocento come Schiapparelli e Lowell, si è passati agli sparsi resti archeologici che molti credettero di vedere nelle foto inviate dalla sonda Viking nel 1976, e poi ci si è ridotti ai microbi — e ora nemmeno a quelli. Eppure, un anno fa, era stata proprio Curiosity ad accendere le speranze, quando i risultati delle prime misurazioni evidenziarono una significativa presenza di metano. Poi si scoprì che quel gas era un residuo dell’aria terrestre che il rover aveva portato sul pianeta rosso. In quel momento, penso che a molti sia tornato in mente il finale di «Cronache marziane» di Ray Bradbury, quando la famiglia di coloni terrestri si specchia nell’acqua che i loro sforzi hanno riportato nei canali e il padre dice, indicando la loro immagine riflessa: «Eccoli, i marziani».
Tullio Avoledo