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 2013  settembre 23 Lunedì calendario

APERTURA FOGLIO DEI FOGLI DEL 23 SETTEMBRE 2013


«Sarò ancora presidente? Non lo so, non credo». Dopo diciotto anni Massimo Moratti ha deciso di vendere il 70% della sua Inter alla cordata capeggiata dal magnate indonesiano Erick Thohir. Mancano solo le firme, gli ultimi dettagli saranno definiti nei prossimi quindici giorni. [1]

La famiglia Moratti, seppur con la minoranza delle quote, rimarrà centrale nella nuova Inter. Nell’incontro avvenuto mercoledì scorso a Parigi si è deciso che i Moratti occuperanno tre posti su sette nel futuro cda (Massimo, il figlio Angelo Mario e forse Rinaldo Ghelfi). E avranno anche un potere di veto triennale sulle operazioni più onerose. Radiocor ipotizza che al termine di questo triennio Moratti uscirà definitivamente dall’azionariato del club. [2]

Nell’operazione, accanto a Erick Thohir, ci sono Rosan Roeslani e Handy Soetedjo, già al fianco del tycoon nell’acquisto di una quota di minoranza dei Philadelphia 76ers, club Nba. [1]

Gli indonesiani verseranno 250 milioni per rilevare il 70% del club nerazzurro: 200 milioni resteranno nelle casse della società e 50 finiranno nelle tasche dell’attuale proprietario per la liquidazione delle sue quote. «E a cosa serviranno quei 200 milioni? Per la gran parte ad abbattere sensibilmente, nel giro di due esercizi, l’indebitamento che da anni zavorra l’Inter e che la costringe, ogni stagione, a pagare alle banche di soli interessi una decina di milioni». [3]

«Il calcio è una religione, l’Inter è una grande fede. Si possono vendere le religioni? Quanto è l’Inter che invade Thohir e quanto viceversa? Uno porta i soldi, l’altra porta merce che non è più acquistabile: un grande passato». [4]

L’addio di Moratti è una svolta epocale. Il direttore della Gazzetta Andrea Monti: «Se ne va l’ultimo mecenate, tramonta la figura del presidente tifoso disposto a giocarsi una fortuna per una fede, quello che puoi amare o odiare, ma è lì ogni giorno, simbolo incrollabile e rassicurante di continuità con le sue battute gorgogliate, gli occhiali a mezz’asta, le sigarette a raffica, le passeggiate pantomimiche sotto la Saras (“Oggi non parlo”… “Scusi cosa mi ha chiesto?”), la chioma scompigliata, la faccia da persona perbene». [5]

Cresciuto a San Siro col padre Angelo, presidente nerazzurro dal 1955 al ’68, Massimo ne raccolse l’eredità il 18 febbraio 1995, acquistando l’Inter da Ernesto Pellegrini, prezzo 50 miliardi di lire più la cessione di alcuni immobili, cioè una settantina di miliardi effettivi di valore a fronte di un passivo di 30 miliardi. La moglie, Milly: «Mi aveva promesso che non lo avrebbe fatto. Lo aspettavo per cena, me lo ritrovai in televisione che annunciava l’acquisto». [6]

In totale si stima che Massimo Moratti abbia investito nella società nerazzurra oltre 1,2 miliardi di euro, spesi nei suoi diciotto anni di presidenza anche per ripianare bilanci sempre in rosso, a causa di acquisti di campioni come Djorkaeff, Ronaldo, Vieri e Ibrahimovic, ma anche di clamorosi bidoni come Sorondo, Vampeta, Gresko e Quaresma. [7]

«Aiutare chi soffre? E chi soffre più degli interisti» (alla moglie che lo ammoniva di non comprare Ronaldo e dare quei soldi in beneficenza). [6]

Erick Thohir invece viene dall’Indonesia, un Paese enorme (18.000 isole), con 240 milioni di abitanti e un’economia in costante crescita. «Non appare però come il nuovo Abramovich e nemmeno come Nasser Ghanim Al-Khelaïfi, che ha cambiato faccia al Paris St. Germain, con investimenti illimitati. Thohir punta al pareggio di bilancio, investendo (con moderazione) su giovani talenti. Fin qui ha spiegato di volersi ispirare al modello-Arsenal, un club che ha un ottimo bilancio, ma che non vince la Premier League dal 2003-2004». [8]

Rampollo 43enne di una delle famiglie più ricche d’Indonesia, la cui holding Astra International, con attività che vanno dalle automobili ai minerali, fattura 12 miliardi di euro e vanta profitti da oltre un miliardo. Terminati gli studi in California, Erick ha cominciato da un po’ a muoversi autonomamente focalizzando la sua attenzione su media e sport. Nel 2002 ha quotato alla Borsa di Giakarta la Mahaka Media, un piccolo impero dell’editoria e delle telecomunicazioni con oltre mille dipendenti e un giro d’affari di 17 milioni di euro. [9]

Thohrir ha unito passione e affari con le acquisizioni nel mondo sportivo Usa. «Nel 2011 si prende il 15% delle azioni dei Philadelphia 76ers di basket per 21 milioni di dollari, nel 2012 il salto in avanti nei Dc United di soccer, la cui maggioranza è stata rilevata in cambio di 50 milioni di dollari. In entrambi i casi Thohir si è messo all’opera con altri compagni di viaggio. Addirittura per i Philadelphia sono stati coinvolti quattordici investitori». [9]

Alle pareti degli uffici delle sue aziende sono appesi fogli che ricordano i comandamenti del suo stile: integrità e onesta. Il suo giornale Republika, che rilevò nel 2001 sull’orlo del fallimento per farne il terzo quotidiano nazionale, ha lanciato campagne anti-corruzione. «Difficile trovare delle macchie nel suo passato, anche perché andrebbe contro l’etica musulmana che Republika difende, da giornale dell’intellighentsia moderata», confida un giornalista economico del Jakarta Post. [10]

Sconcerti: «Ora i casi sono due: o Thohir è un mecenate del tipo arabo che vuole aggiungere popolarità ai suoi soldi, o è un imprenditore vero. In quel caso, dal calcio vorrà guadagnare. Prima investirà, poi chiederà il conto. Nelle età dei diritti tv non è impossibile vincere e guadagnare con il calcio, ma per adesso non c’è riuscito nessuno. Non il calcio inglese, che ha 4 miliardi di deficit imputabile quasi soltanto alle prime 5 squadre, né il Real né il Barcellona». [11]

In Premier League undici club su venti sono in mano a stranieri, altri due (Swansea e West Ham) hanno soci non inglesi. Il presidente della Lazio Claudio Lotito: «Il problema economico del sistema Italia incide nell’ingresso di investimenti stranieri. Si tratta di capire che taglio dare alla gestione della propria azienda: romantico o meno». [12]

Per l’economista Tito Boeri finora gli stranieri non hanno voluto investire nel calcio italiano per «l’opacità delle strutture di controllo, i rapporti pericolosi che i presidenti intrattenevano con le tifoserie. Il fatto che Thohrir abbia rotto gli indugi può essere il segnale che qualcosa, soprattutto nel rapporto tra tifoserie e società, è cambiato». [13]

Il primo esempio di investimento estero, un po’ all’amatriciana, è avvenuto con la Roma. «Ma lì c’è almeno una grande banca italiana che ha il 40 per cento, c’è un azionariato diffuso in Borsa. E, per finire, dei soci di Boston che sono tutti italo-americani, altra mentalità ma quasi stessa cultura. L’Inter di Thohir sarebbe un fatto completamente nuovo». [4]

Ancora Boeri: «Per recuperare il ritardo economico dei nostri club non bisogna solo incidere sui costi ma bisogna costruire una nuova cultura dei ricavi. Dovrebbe cambiare la governante dei club. Al di là al modello Thohir, secondo me ci sono altre vie d’uscita, ad esempio una soluzione alla tedesca, dove c’è la partecipazione dei tifosi. Bisognerebbe imboccare la strada di un azionariato diffuso». [13]

Quello che è certo è che Moratti lascia la guida dell’Inter con profonda tristezza. «Fare il presidente abitua a una popolarità abnorme, scorretta. Sei un piccolo papa che ogni giorno cammina dividendo le folle sui marciapiedi. Vivi in modo rapido, tutto è sempre disperatamente pieno o vuoto a seconda di dove va il pallone, non il mercato globale o la buona volontà dei tuoi sindacati interni. Solo il pallone. Moratti senza l’Inter tornerà ad essere un miliardario qualunque, senza un altro scopo che non sia quello di ricordare» (Mario Sconcerti). [4]

Note: [1] Andrea Elefante e Luca Taidelli, La Gazzetta dello Sport 20/9; [2] Luca Pagni e Andrea Sorrentino, la Repubblica 20/9; [3] Marco Iaria, La Gazzetta dello Sport 21/9; [4] Mario Sconcerti, Corriere della Sera 26/7; [5] Andrea Monti, La Gazzetta dello Sport 20/9; [6] Giorgio Dell’Arti e Massimo Parrini, Catalogo dei viventi 2009, Marsilio; [7] Luca Pisapia, il Fatto Quotidiano 5/7; [8] Fabio Monti, Corriere della Sera 21/9; [9] Marco Iaria, La Gazzetta dello Sport 20/9; [10] Alessandro Ursic, La Stampa 20/9; [11] Mario Sconcerti, Corriere della Sera 20/9; [12] Matteo Brega, La Gazzetta dello Sport 21/9; [13] Antonio Maglie, Corriere dello Sport 21/9;