Carlo Tecce, Il Fatto Quotidiano 11/9/2013, 11 settembre 2013
LA GIUNTA ALLUNGABILE TEMPOREGGIA SU SILVIO
Sembrava davvero Giunta l’ora di Silvio Berlusconi e, per ritorsione, di Enrico Letta. Per una decina di ore il muro contro muro democratico denunciato da Renato Schifani,aveva retto senza segni di crepe. In serata, però, già ai primi ingressi e ai primi ghigni, s’era capito che non si sarebbe votato nulla e che la decadenza del senatore di Arcore, eletto in Molise, sarebbe scivolata a nuove sedute e nuovi calendari. Faceva sospettare il mesto arrivo del sempre loquace Dario Stefàno, il presidente di Sel. Ci vuole la solita passerella del socialista Buemi, verso le 22, per avere la certezza: “Ci vogliono almeno 920 minuti per votare. dice facendo calcoli empirici e volutamente spettacolariAndiamo concordi verso una discussione sul merito”.
CONCORDI È TROPPO. Perché il Movimento Cinque Stelle ha suggerito la sostituzione del relatore, Andrea Augello, per non smarrire tempo prezioso e, soprattutto, la sintonia di lunedì con il Partito democratico e Scelta Civica. Augello s’è preso una rivincita: nessuno ha toccato le pregiudiziali, il confine che il Pdl aveva delimitato per percepire la disponibilità dei democratici, e si ricomincia quasi da zero con una decina di giorni in più. E un po’ di spazio per dialoghi e trattative varie. Chissà se avranno influito di più le pressioni dei berlusconiani, le minacce a Palazzo Chigi oppure la “convivenza nazionale” evocata da Giorgio Napolitano. La giornata s’è aperta come se non si fosse mai conclusa la seduta di lunedì. Il Partito democratico non s’era mosso di un millimetro, deciso, fermo: le pregiudiziali di Augello, che rinvierebbero la pratica altrove, vengono votate (e respinte) insieme. I rappresentanti pd in Giunta si sono riuniti a mezzogiorno. Hanno fatto in fretta, non c’era nulla da aggiungere e nulla da eccepire. Quasi in contemporanea, il Pdl ha convocato i suoi senatori: speranze azzerate, si va in guerra o, peggio, in campagna elettorale Quirinale permettendo. Da Renato Brunetta a Daniela Santanchè, tutti, affilavano le lame per l’incontro fissato per questo pomeriggio fra il Cavaliere e i gruppi parlamentari. Il Gran Consiglio – prontamente cancellato – per decretare la fine del governo Letta con una schiumosa rabbia di contorno. Qualcosa sarà successo. E non va ricercato nell’incompiuto tentativo di Lucio Malan, il biondo berlusconiano, di presentare una quarta pregiudiziale. Il Partito democratico ha iniziato a indebolire il muro quando ha accettato la retromarcia tattica di Augello: le pregiudiziali diventano preliminari e confluiscono nel testo finale. In soldoni: il Pd asseconda le richieste del Pdl e provoca uno slittamento, forse minimo e non determinante per le sorti di Berlusconi, ma comunque uno slittamento che fa ricomparire un’intesa fra gli alleati di governo e isola il M5S. Non finisce qui, però. Perché l’agognata relazione di Augello è un cantiere che si alimenta di pagine e appunti: ieri ha letto una postilla di 25 pagine, un’integrazione contro la legge Severino, ma non s’intravedono le conclusione. Il relatore non dice se il senatore Berlusconi va fatto decadere o va salvato e così, sfruttando un caso che fa “giurisprudenza”, dicono, ci si arrampica per un sentiero sconosciuto e lunghissimo. L’ex magistrato Casson se ne lamenta: “Augello non fa le conclusioni”. Le farà, poi, e saranno “dubitative”: propone la decadenza con astuzia perché legata a una serie di pareri esterni, cioè o della Corte di Lussemburgo o della Corte Costituzionale. Ma i democratici avevano l’occasione per evitare la melina Pdl: potevano applicare il regolamento, come avevano puntualmente precisato e spiegato lunedì, bocciare le pregiudiziali e costringere Augello a una ritirata immediata con le dimissioni. Potevano prendere la guida in Giunta, nominare un relatore di maggioranza e serrare qualsiasi via di fuga per il Cavaliere. Avevano un’occasione, una da chiudere la partita, e l’hanno sprecata goffamente.