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 2013  settembre 16 Lunedì calendario

IL TRIANGOLO MAGICO DI LORENZETTI: LO STATO, LE COOP, GLI AMICI POTENTI

È il 3 dicembre 2012. Maria Rita Lorenzetti scrive al presunto complice Valerio Lombardi un sms: “Sabato sera sono stata a cena da Vissani per il suo compleanno e c’era Moretti che ha detto a D’Alema che io ero la sua pres preferita e ha chiesto a Massimo di darci una mano per la gara in Brasile”. C’è tutto il mondo dell’ex governatrice dell’Umbria in quel messaggio. L’amicizia con il cuoco più famoso dell’Umbria segnala il radicamento locale. Moretti è Mauro, numero uno delle Fs, che nel 2010 l’ha presa alla presidenza di Italferr, la controllata che sovrintende ai progetti. D’Alema è il riferimento politico di entrambi, a sua volta amico per la pelle di Vissani.
TUTTO SI TIENE e tutto si confonde. La Seconda Repubblica riesce a dare colore politico a un cuoco, e nello stesso tempo rende intercambiabili i ruoli nelle istituzioni pubbliche, nelle società statali e negli affari, e a rendere il controllore amico del controllato, la guardia complice del ladro.
La parola chiave è “competenza”. Lorenzetti, 60 anni, militante comunista da sempre, a 22 anni era già assessore nella natia Foligno, a 31 sindaco, a 35 deputata. È rimasta a Montecitorio per quattro legislature, dal 1987 al 2000, negli ultimi anni come presidente della commissione Lavori pubblici, proprio quando c’era da impostare la ricostruzione dell’Umbria dopo il terremoto, e quando il sottosegretario ai Lavori pubblici era un altro dalemiano di ferro, Antonio Bargone, oggi presidente della Sat, la nuova autostrada tirrenica (un altro politico che si fece manager).
Nel 2000 Lorenzetti diventa governatrice e regna per dieci anni, poi resta a piedi perché è vietato il terzo mandato. E qui la soccorre Moretti, in piena era berlusconiana, ma sappiamo che non è un problema: presidente di Italferr, la società che, come si legge nel sito, “è fortemente impegnata nella progettazione e nella realizzazione di opere compatibili a livello ambientale e con i bisogni e le attese espresse dalla collettività”.
Ci diranno adesso i magistrati di quale collettività si interessasse la presidentessa. Di sicuro c’è una variegata collettività in cui tutti fanno tutto e lei, che dovrebbe difendere ambiente e denaro pubblico, ha lo stesso tono complice anche con inquinatori, appaltatori e pubblici ufficiali infedeli.
“LA SQUADRA”, la chiama lei, ossessivamente, nelle telefonate in cui si compiace dei risultati ottenuti. Come quello di far fuori l’architetto Zita, il dirigente della Regione Toscana che si ostina a considerare rifiuti (da trattare come tali) i materiali di scavo grattati via dalla fresa per il tunnel ferroviario sotto Firenze. Zita è “uno stronzo”, squittisce la signora al telefono. Infatti viene fatto fuori e l’assessore toscana all’Ambiente, Rita Bra-merini, dice ai magistrati che la decisione l’ha imposta il governatore Enrico Rossi, con sua sorpresa, motivandola “in termini generici con la necessità di accelerare le pratiche”.
Se passa l’idea che i materiali di scavo sono rifiuti ci saranno costi aggiuntivi per la società che scava il tunnel, la Coopsette. E la Coopsette è una punta di diamante del mondo delle cooperative cosiddette rosse (ormai solo per il colore dei protettori politici). Ma la Coopsette è anche azionista chiave della Holmo, primo azionista della Finsoe, che controlla la Unipol, che è stata chiamata da Mediobanca a salvare la Fonsai di Salvatore Ligresti. Una trasversalità infinita tra aziende che sanno compensare i propri interessi anche se appartengono a galassie politiche diverse, e trovano sempre nelle istituzioni orecchie attente sia che governi il rosso sia che governi il nero. E così il 17 gennaio 2013, quando scoppia lo scandalo con gli avvisi di garanzia, Lorenzetti telefona al capo Moretti e parla chiaro: “Siccome so come ci si deve comportare in questi casi io domani stesso ti mando fa mia lettera di dimissioni”. Moretti non si sbilancia: “Va be pensaci poi vedi come fare ... ancora non ho visto le cose quindi non sono in grado di esprimere nemmeno un’opinione”. Otto mesi dopo la signora era ancora lì.