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 2013  settembre 20 Venerdì calendario

UN TEAM DI EROI PER LA RIMOZIONE DELLA CONCORDIA

È il più importante cantiere navale del mondo e della storia, uno sforzo di uomini e mezzi senza precedenti che il consorzio Titan-Micoperi ha messo in atto per garantire le tre priorità indicate nella gara indetta da Costa Crociere in collaborazione con la Protezione Civile: il rispetto dell’ecosistema marino, la sicurezza dell’ambiente di lavoro e la rapidità dei tempi di completamento. Il progetto di rimozione del relitto Concordia è un’operazione tecnico-ingegneristica unica nel suo genere ed estremamente complessa, coinvolge le migliori competenze a livello internazionale, tecnologia d’avanguardia e risorse finanziarie senza precedenti, 600 milioni di euro è l’ammontare dei costi sostenuti a oggi dalle compagnie assicurative di Costa Crociere e oltre 500 il numero di persone coinvolte.
Professionisti di alto profilo, provenienti da tutto il mondo, che lavorano ininterrottamente dall’inizio del cantiere, oltre un anno fa, intensificando le attività nell’ultimo mese in vista del “parbuckling” o più banalmente il raddrizzamento. Parbuckling in gergo marinaro è l’operazione di scarico dei barili dai mercantili grazie a un rotolamento controllato con delle robuste funi. Un’operazione complessa che rappresenta la fase più importante ma non l’unica necessaria alla rimozione della Concordia dall’Isola del Giglio.
Poi bisognerà garantirne la galleggiabilità e a questo scopo sono già pronti altri 15 sponson (cassoni di galleggiamento) da installare sul lato destro, infine trovare una soluzione sicura per trasportarla in un porto adeguatamente attrezzato per smantellarla. «Certo dovremo studiare quale tipo di deformazione ha subito il lato sommerso del relitto e quanto le rocce ne abbiano modificato la morfologia», dice l’architetto navale Riccardo Solari, 39 anni. «Il mio compito è di verificare che il progetto sia coerente al disegno realizzato dal team di ingegneria, devo prevedere gli step di esecuzione, anticipando problemi e soluzioni, per esempio ho lavorato all’installazione degli sponson mesi prima della loro effettiva posa in opera e sempre a stretto contatto con il team di tecnici “storici” della Titan».

Sfide e gratificazioni. Non ha perso tempo Riccardo, diploma presso l’istituto tecnico nautico di Porto S. Stefano, Accademia navale come ufficiale di complemento in Guardia Costiera, intanto laurea in Architettura, quindi libero professionista come progettista di scafi e yacht, un curriculum ideale per entrare a far parte del team Micoperi. «Ho maturato una predisposizione al lavoro di soccorso grazie all’esperienza svolta con la Guardia Costiera e la libera professione mi ha allenato a trovare soluzioni creative. Mi sento molto gratificato», aggiunge, «lavoro a stretto contatto con professionisti dalle competenze straordinarie, capaci di offrirmi un’opportunità unica di apprendimento. Sul cantiere conta solo il merito, la disponibilità ad adattarsi a ogni situazione, l’intera équipe lavora come un’orchestra, ogni elemento è e si sente indispensabile e l’unico obiettivo da raggiungere per tutti è portare via la Concordia e restituire a quest’isola la normalità, per me lo è in modo speciale forse, visto che vengo da sempre qui al Giglio, e ci ho trascorso i momenti più belli».
Quando Riccardo Solari parla di “tecnici storici” della Titan si riferisce tra gli altri anche a Patrick Keenan, Pat come tutti lo chiamano qui, è ingegnere meccanico, architetto navale e diver, nato a Pittsburg in Pennsylvania 53 anni fa, la sua famiglia (moglie e due figli adolescenti) vive nel Maryland. Quanto a lui, gira costantemente per il mondo là dove è richiesta la sua professionalità: dopo l’isola del Giglio andrà a Ortona e poi chissà dove. «La mia ultima missione qui è iniziata il 17 luglio scorso: in quanto Operation Manager della Titan sono venuto a dare il mio contributo in questa fase così importante. Adoro le immersioni ma l’unico fondale che ho potuto vedere qui e che ormai conosco perfettamente è quello della parte sommersa del cantiere». Il suo ruolo di Salvage Master consiste proprio nel garantire la sicurezza nelle attività svolte dai sommozzatori. Patrick non è affatto spaventato dalla sfida: «In ogni fase sono stati effettuati numerosi test», dice, «abbiamo sempre lavorato per ridurre al minimo gli imprevisti».

Sommozzatori isolani. Dopo le accurate ispezioni di Patrick Keenan, e seguendo alla lettera le sue indicazioni, intervengono le squadre di sommozzatori: «Siamo stati noi, per esempio, a preparare l’installazione del blister, un collare posizionato di recente per evitare il rischio di cedimento della prua. Prima abbiamo rimosso le eliche di prua, pulito e lisciato il grande foro rimasto, misurandone con il laser le dimensioni per potervi inserire poi dei grandi tubi a supporto», spiega Yurij Bean, 37 anni friulano con un nome che sembra straniero. È a capo di circa la metà dei sommozzatori attivi al momento sul relitto, 75 ragazzi che vengono dal Sudafrica, dall’Olanda, dal Belgio e molti italiani, tanti ragazzi sardi e siciliani. «Ci immergiamo 24 ore su 24 al limite del basso fondale di 50 metri, di notte la sicurezza è maggiore perché sopra di noi il cantiere lavora a basso regime», spiega, «seguiamo anche le indicazioni dei biologi marini, intervenendo là dove vengono rilevati depositi di sedimenti di granito, sono molto pericolosi per l’ecosistema del fondale». Yurij ha fatto carriera qui sul campo, giunto all’Isola del Giglio nel giugno 2012 come sommozzatore, è stato promosso caposquadra ed è ora Diving Superintendent, lavora a stretto contatto con Nick Sloane, capo delle operazioni: «Mi hanno scelto forse perché ho un atteggiamento sempre positivo e propositivo, mi piace lavorare in team e parlo bene l’inglese».
Marta La Torre parla quattro lingue: inglese, francese, spagnolo e tedesco. È laureata in Economia del turismo ed è agente marittimo: «Gli agenti marittimi si occupano di sbrigare tutte le pratiche burocratiche cui ogni nave deve adempiere al momento dell’attracco in porto», specifica. E aggiunge: «Sono anche guida turistica della città di Roma, per anni ogni domenica mi sono occupata di accompagnare in visita a Roma i passeggeri delle navi da crociera della Costa, quando ho appreso della tragedia il mio pensiero è andato subito alle persone con le quali avevo appena trascorso una bella giornata romana, ero sgomenta e addolorata». l Giglio svolge, insieme a una collega, un lavoro d’ufficio che la impegna ininterrottamente: organizzare e coordinare tutti gli spostamenti dagli aeroporti italiani verso il cantiere, di tutto il personale impiegato di ogni livello. Si tratta di oltre 500 persone che si spostano in continuazione in base ai diversi turni di lavoro stabiliti.
Malgrado sia stato costruito il Pioneer, la piattaforma navigante con 120 alloggi proprio vicino al relitto, tutte le altre persone devono trovare posto sull’isola e non è affatto semplice soprattutto l’estate. «Lavoro un intero mese senza orario. Alla fine ho una settimana di ferie e torno a casa mia a Civitavecchia. Mi piace molto l’isola, d’inverno più che d’estate perché amo la tranquillità, anche se alle 17,30, quando parte l’ultimo traghetto, mi prende un gran senso di solitudine…».

Rischi ambientali. Chi invece non partirebbe mai dall’isola è Andrea Belluscio: biologo marino di 55 anni, ricercatore dell’Università La Sapienza di Roma, ha qui il ruolo di Responsabile del progetto per il Monitoraggio dell’ambiente marino, lavoro che svolge con un team di 9 persone, tra geologi, chimici e biologi. «Coltivavo una grande passione per il mare già da ragazzo», racconta, «mi ero preparato all’incontro con la Concordia guardando molti video e fotografie e studiandone ogni particolare, ma quando me la sono trovata davanti, mi ha impressionato la dimensione. La nostra maggiore preoccupazione, dal punto di vista ambientale, è che i sedimenti di granito, prodotti dalle trivellazioni e sfuggite alle “camicie” di protezione appositamente installate, possano depositarsi sulle praterie di Posidonia e sul fondo coralligeno danneggiandoli. erifichiamo quotidianamente la qualità dell’acqua in prossimità della nave e i risultati sono, al momento, positivi». Anche se sono state prese tutte le precauzioni, non si conosce perfettamente la qualità dell’acqua contenuta nella nave e gli effetti prodotti al momento del raddrizzamento una volta riversata in mare. Belluscio aggiunge: «Nella zona rocciosa sotto a dove poggia il relitto, le praterie di Posidonia non godono buona salute e noi non siamo in grado di sapere tra quanti anni si riformeranno. Certo è che il nostro mandato è garantito fino a cinque anni dopo la rimozione della nave, quindi resteremo qui ancora un bel po’ a controllare». Non è la sua équipe quindi a occuparsi direttamente della salute dei pesci (lavoro di competenza dell’Ispra, che conferma una situazione positiva), ma durante le numerose immersioni effettuate Andrea Belluscio ha visto tanti esemplari di dentice e orata nuotare tra le strutture predisposte per la rimozione.
Sono i delfini i sorvegliati speciali della zona, con obbligo di tenersi ad almeno mille metri di distanza dal cantiere. «Ci troviamo qui nei pressi del confine sud del Santuario internazionale Pelagos per i cetacei», spiega la biologa marina Daniela Silvia Pace, romana, 47 anni, «abbiamo il dovere di proteggerli dai rumori del cantiere, dato che utilizzano l’udito al posto della vista, la loro percezione della realtà avviene attraverso immagini acustiche», puntualizza. «Un danno parziale o totale al loro complesso sistema bio-sonar ne causerebbe l’incapacità a distinguere prede o a mantenere la giusta rotta, portandoli in poco tempo alla morte. Stiamo monitorando la diffusione ubacquea del rumore nel raggio di 100, 250 e mille metri di distanza dal cantiere alle diverse profondità di 5, 10, 30 e 50 metri. In questi punti abbiamo installato stazioni di rilevazione suono e pattugliamo costantemente l’intera zona per scongiurare l’avvicinarsi dei delfini: se ne rileviamo la presenza, provvediamo a far scattare immediatamente il programma di tutela previsto dal ministero dell’Ambiente che prevede l’interruzione dei lavori del cantiere fino a quando i delfini non si siano allontanati». Dopo la laurea Daniela ha conseguito diversi master nelle Università di Hawaii, Nuova Zelanda e Australia per approfondire lo studio dei cetacei e dei delfini, animali che da sempre la appassionano. Qui è a capo dell’Unità di Monitoraggio Mammiferi Marini e Rumore, come Andrea Belluscio, fa parte del gruppo di lavoro del professor Ardizzone dell’Università La Sapienza di Roma.
Condivide il progetto con un team di 8 giovani biologi marini e ingegneri del suono che lavorano a turni di due settimane. Oggi, dopo 55 giorni di permanenza, anche lei torna finalmente a casa per una breve pausa, ma sarà sull’isola già la settimana prossima: «Per noi qui c’è ancora molto lavoro da fare».