Marcello Zorzi, Focus 20/9/2013, 20 settembre 2013
C’E’ UNA GIUNGLA IN CITTA’
Traffico, smog, clacson: le Giungle d’asfalto metropolitane, costruite a misura d’uomo, tutto sembrano tranne che il posto giusto dove nidificare, cacciare, riprodursi. E invece... Silenziati i motori e spente le luci, occhi attenti potrebbero scorgere un altro tipo . di giungla che lotta per sopravvivere nelle oasi verdi che pure tutte le città ospitano. ’ Negli ultimi decenni, infatti, le città si sono " trasformate da deserti poverissimi di biodiversità a zone di colonizzazione per un sempre maggiore numero di specie di fauna selvatica.
Alcune specie si sono così adattate al nuovo habitat da aver modificato tratti essenziali. La cinciallegra per esempio: uno studio olandese di qualche anno fa ha rilevato che la cincia nel caos cittadino canta in un tono più alto della cincia di campagna. Ma che cosa spinge molti animali verso i centri urbani? Tanti fattori. «Per esempio, la presenza di rifiuti e un minor uso di pesticidi rispetto alle aree agricole favoriscono la presenza di risorse alimentari quasi illimitate. Poi il clima, che è decisamente più mite in inverno a causa del riscaldamento degli edifici. Questi, tra l’altro, forniscono anche riparo e protezione dalle intemperie. E ancora, una minor presenza di predatori naturali (e di cacciatori...). Tutti fattori che, messi insieme, creano condizioni ottimali per la sopravvivenza» è il paradosso secondo Fabrizio Bulgarini, responsabile area conservazione del Wwf.
RETI ECOLOGICHE. Ma è stata la realizzazione delle reti ecologiche a riportare la vita fra strade e palazzi. In Italia, negli ultimi anni, sono state istituite molte aree protette con alto pregio naturalistico per la conservazione della biodiversità: più di mille per un totale dell’ll% del suolo nazionale. Poi la svolta, negli anni ’90, con la realizzazione delle reti ecologiche. Spiega Emilio Padoa-Schioppa, ricercatore all’Università degli Studi di Milano Bicocca: «I grandi parchi nazionali non sono sufficienti a preservare le specie. Si è quindi pensato di collegare tra loro le aree protette, realizzando una struttura articolata, ovvero le reti ecologiche, pianificandole sia su scala continentale sia a livello regionale e provinciale. I parchi urbani possono avere un ruolo interessante all’interno di una rete ecologica e se ben progettati sono in grado di ospitare numerose specie di pipistrelli, uccelli, rettili e anfibi. Su tutti, gli esempi del Parco Nord e del Parco delle Cave di Milano che rappresentano due autentici gioielli. Il primo, grazie alle sue estese e varie superfici forestali; il secondo per la presenza di superfici d’acqua che attirano diverse specie acquatiche».
GLI OPPORTUNISTI. I colonizzatori più agguerriti (spesso a discapito di altre specie) sono i generalisti e opportunisti, cioè gli animali meno esigenti in fatto di cibo e territorio e dunque più adattabili. La cornacchia grigia (Corvus cornix) è sicuramente la specie che meglio si sta adattando all’ambiente urbano. È onnivora e apprezza qualsiasi rifiuto organico. La si può osservare vicino ai cassonetti o sulle ciotole di cani e gatti, o addirittura lanciare frutti col guscio in strada aspettando che una macchina li rompa per poi cibarsene. Sempre per restare con gli occhi al cielo, nelle nostre città è facile sentire i garriti dei rondoni (Apus apus) in caccia (particolarmente suggestive le colonie dello stadio Meazza a Milano e di palazzo Madama a Roma) o seguire al crepuscolo le magnifiche evoluzioni delle bande di storni (Sturnus vulgaris). Anche uccelli associati ad ambienti marini come il gabbiano comune (Chroicocephalus ridibundus) e quello reale (Larus michahellis) non si limitano più alle città costiere ma stanno diventando sempre più abituali anche nell’entroterra. «Il gabbiano reale, specie molto più eclettica e meno esigente dal punto di vista ecologico, ha portato alla riduzione delle colonie di gabbiano corso (Ichthyaetus audouinii), specie endemica del Mediterraneo» spiega Bulgarini. In espansione anche il parrocchetto dal collare (Psittacula krameri), pappagallo esotico originario dell’Africa e dell’Asia che si è ben acclimatato e ha creato colonie stabili in diverse città italiane (in pochi anni è passato da 6 a 17 città).
SUI GRATTACIELI. Non solo alloctoni o invasivi, nelle nostre città si possono osservare anche le picchiate di diversi rapaci come il falco pellegrino (Falco peregrinus). L’animale più veloce al mondo (circa 320 km/h) ha sostituito i siti di nidificazione sulle pareti scoscese con i nostri edifici più alti “mettendo su casa” in luoghi come il grattacielo Pirelli (Milano), l’Università La Sapienza (Roma) o il campanile della Basilica di san Petronio (Bologna), per citare solo i casi più documentati. I caratteristici richiami (forti e intensi “ki, ki, ki”) del gheppio (Falco tinnunculus) ormai si possono sentire in tutte le aree urbane dove, anzi, raggiunge densità notevoli rispetto alle aree naturali: i nidi del gheppio in città possono essere anche a soli 50 metri di distanza l’uno dall’altro. Singolare anche il caso del grillaio (Falco naumanni): in fortissima diminuzione in tutto il suo areale concentra i siti di nidificazione con densità impressionanti in borghi di piccole o medie dimensioni nel Sud Italia, come a Matera, dove sono presenti circa 500 coppie. E poi c’è la cicogna (Ciconia ciconid), avvistata a Gratosoglio (hinterland milanese) a caccia sui pochi campi coltivati della zona.
PER TERRA. Basta un po’ di acqua, una pozza più o meno permanente con qualche albero ed ecco che la natura esplode in tutta la sua forza. Nei parchi cittadini in primavera risuona il gracidare della rana verde (Pelophylax esculentus), sui prati saltella il rospo smeraldino (Bufo viridis), striscia l’innocuo biacco (Hierophis viridiflavus) e sfreccia la libellula (ordine Odonata). Attorno agli alberi si assiste alla frenetica caccia della cinciallegra (Parus major), alla danza della ballerina bianca (Motacilla alba) e al tamburellare del picchio rosso maggiore (Dendrocopos mojor), mentre il picchio verde (Picus viridis) e l’upupa (Upupa epops) frugano il terreno alla ricerca di lombrichi prima che ci pensi il riccio (Erinaceus europaeus). Nei parchi di Genova e Torino si aggira lo scoiattolo grigio (Sciurus carolinensis), specie di origine nordamericana che sta mettendo in serio pericolo il più schivo (e autoctono dell’Europa) scoiattolo comune (Sciurus vulgaris). Infine le farfalle. «La loro presenza in città è legata al numero di piante nutrici, ovvero le piante in grado di ospitare i bruchi» spiega Stefano Aguzzi, membro del direttivo della Società Italiana di Scienze Naturali. «L’icaro (Polyommatus icarus) è una delle più comuni. Ma anche il podalirio (Iphiclides podalirius), il macaone (Papilio machaon) e diverse specie di Pieridi, che comprendono le cosiddette cavolaie, sono molto frequenti in città» conclude l’entomologo.
MA LA NOTTE... Al crepuscolo altri animali escono dai loro rifugi aggirandosi furtivi per le strade o sopra i tetti. Nelle prime ore notturne si può assistere ai volteggi luminosi delle lucciole (genere Luciold) sempre più presenti soprattutto nelle aree non sottoposte ai trattamenti chimici contro le zanzare. Nel buio risuona il caratteristico richiamo della civetta (Athene noctud), mentre il gufo comune (Asio otus) si invola dai suoi dormitori per raggiungere le aree di caccia nelle campagne o nei parchi cittadini. Anche la volpe (Vulpes vulpes) vaga guardinga per le strade delle periferie frugando nei cassonetti o inseguendo ratti e topi. Con lei, altri piccoli carnivori si affacciano ai margini delle metropoli, come la donnola (Mustela nivalis), presente nel parco delle Cave a Milano, e la faina (Martes faina), segnalata sia a Siena sia a Gubbio.
ACCOGLIENZA. Cosa dovrebbero fare le città per accogliere i loro “nuovi” abitanti? «Innanzi tutto realizzare oasi urbane o parchi ecologici: favoriscono la biodiversità e sensibilizzano i cittadini a questa insolita convivenza» ricorda Marco Dinetti, ornitologo, responsabile nazionale ecologia urbana della Lipu. «L’adozione della delibera salva rondini, che promuoviamo da diversi anni, tutelerebbe non solo i nidi di rondine, balestruccio e rondone ma anche dei pipistrelli». Proprio per loro, molti comuni hanno installato cassette nido nella speranza di aumentarne la popolazione, arruolando di fatto questi predatori nella lotta biologica contro le zanzare. «È essenziale però ridurre al minimo le disinfestazioni che hanno conseguenze su tutta la catena alimentare» conclude Dinetti.