Enco Ciaccio, Lettera43 20/9/2013, 20 settembre 2013
QUEI CATTIVI RAGAZZI
Ai carabinieri che lo hanno scovato in un bar ha confessato di aver violato l’obbligo degli arresti domiciliari perché «si annoiava», aveva voglia «di gustarsi un bel caffè». Salvatore Fracella, 19 anni, salernitano, in arte Salvo Di Napoli, cantante neomelodico arrestato con l’accusa di aver accoltellato tre coetanei durante una lite in strada, ha finora registrato qualche cd diffuso in poche copie eppure è già famoso sul web per le decine di foto che lo ritraggono sorridente davanti al carcere di Poggioreale.
Fracella è uno dei molti cantanti napoletani di terza generazione (in principio fu Mario Merola, poi Gigi D’Alessio) che si ritrovano nei guai per violenze, imbrogli, connivenze più o meno consapevoli con la peggiore malavita. «Menestrelli di camorra», li ha etichettati chi preferisce liquidare il fenomeno (inquietante e diffuso) senza porsi ulteriori domande.
A finire agli arresti domiciliari è stato anche tale Zuccherino, Alfonso Mangella, 27 anni, un’altra ugola d’oro della galassia neomelodica: è accusato di aver partecipato a una sparatoria la sera del 15 settembre nella piazza principale di Pagani.
Nel 2009, un’altra amatissima star, Marco Marfè, detto Fragolino (ma anche Frizzantino), osannato sul web per il provino sostenuto a X Factor (la trasmissione tivù in cui Simona Ventura lo prendeva in giro per la sua goffaggine), è stato denunciato dai carabinieri che lo avevano sorpreso - secondo l’accusa - mentre aveva tra le mani i libri mastri con le tabelle dei prestiti erogati a soggetti sotto usura. Fragolino si è difeso spiegando di aver «trovato a terra quei libri». E che stava per «consegnarli ai proprietari convinto che si trattasse di quaderni di scuola».
Il fenomeno non risparmia i cantanti-bambini (dai nove ai 13 anni), per cui molte associazioni anti-pedofilia hanno più volte preteso dalle procure il ritiro dal web dei video diseducativi. La storia più clamorosa, a tal riguardo, resta il bacetto affettuoso (sollecitato dalla conduttrice Lorena Bianchetti) che il 29 dicembre 2010 su RaiDue la piccola Mary Marino, 12 anni, cantante neomelodica in forte ascesa, regalò in diretta al suo papà Gaetano Mc Kay Marino, detto Mani di legno, camorrista e fratello del capo del clan degli scissionisti di Secondigliano. Il 22 agosto 2012 Marino è stato ucciso dai killer sulla spiaggia di Terracina. La figlia Mary continua a cantare con successo. Uno dei suoi best seller recita evocativo: «Sei il papà più bello, che non cambierei».
Artisti e criminali, un connubio esplosivo. Chillo va pazzo pe’ ‘tte è un successo neomelodico cantato da Ciro Ricci ma firmato da Loigino Giuliano, ex boss di Forcella fra i primi a intuire negli Anni ’80 le capacità canore della futura star Gigi D’Alessio. Ricci, cioè Ciro Rigione, è stato a sua volta accusato dal pentito Luigi Grassia di aver frequentato esponenti del clan dei Casalesi e di «essersi messo sempre a disposizione del clan quando gli chiedevamo di cantare alle nostre ricorrenze».
A conferma di certe frequentazioni ritenute inevitabili dai neomelodici napoletani c’è chi ricorda le dichiarazioni di Gigi D’Alessio al mensile Vanity Fair nel novembre 2008: «Se a Napoli vuoi fare il cantante è inevitabile che finisci in quel giro, a certi banchetti ho incontrato anche colleghi come Renato Carosone e Riccado Cocciante». E ancora: «Mi fermavano per strada dicendomi: ’Se non vieni a cantare alla festa di mio figlio ti taglio la gola’. E io ci andavo, eccome se ci andavo». Perfino a Nino D’Angelo la camorra ha mancato di rispetto frantumandogli le finestre di casa a colpi di rivoltella.
Nel marzo 2011 sul sito della Cnn, l’emittente televisiva Usa, i cantanti neomelodici sono stati definiti «pop star italiane nate dalla criminalità organizzata».
Esagerazioni? Non del tutto, visto che i clan gestiscono molte case discografiche, sovvenzionano cantanti, li promuovono e finanziano le tivù locali affinché diffondano i video dei loro protetti. Ha spiegato chi conosce l’ambiente: «Il costo per produrre un cd ormai è minimo, le perdite sono inesistenti, niente tasse o pagamento dei diritti d’autore, mentre appaiono alte le probabilità di finire su qualche circuito mediatico nazionale: insomma, per i boss il business è appetitoso». E molti neomenestrelli «spesso ignoranti e smaniosi di Rolex, bella vita e briciole di gloria, rinunciano a farsi troppi scrupoli».
«Nu’ latitante», «‘O killer», «Il mio amico camorrista», «Femmina d’onore», «I drogati so’ buoni guaglioni», «‘O zio» («che ti aiuta/se hai bisogno»): i titoli dei brani più richiesti sono infarciti di messaggi, occhiolini, ammiccamenti alla malavita. Sempre più di frequente si fa esplicito l’elogio del presunto «ruolo di protezione sociale» che i boss coprirebbero fra la gente dei quartieri più poveri.
Echi di musica techno, ma anche di ritmi pop e latino-americani, conditi con le armonie delle tradizionali canzoni napoletane: per i critici, etica a parte, la neomelodia napoletana è un miscuglio banale di stili inconciliabili. Insomma, roba sbagliata. E di scarsa qualità. Eppure, i neomelodici spopolano. E non solo fra i ceti meno colti. Il comparto garantisce un fatturato da 200 milioni all’anno.
«I boss hanno bisogno di mettere il proprio marchio su tutto», ha osservato Marcello Ravveduto, sociologo e conoscitore dei mercati illegali. «L’esigenza comunicativa è fortissima. La camorra vuole apparire protagonista perfino nei testi delle canzonette». Insomma: è una questione di consenso, oltre che di soldi da arraffare a mani basse.
Si è giustificato Nando Mariano, un cantante neomelodico non più giovanissimo: «Da Roma in su si vive, ma quando parli da Roma in giù si sopravvive. Noi non abbiamo un diploma, non abbiamo studiato, non abbiamo niente».
C’è stato chi, a proposito dei neomelodici in odor di camorra, ha parlato di «gang-rapper in salsa vesuviana», rischiando di alimentare ulteriori equivoci e confusione. Da Clementino a Speaker Cenzou, dai Sangue Mostro agli A 67 fino al giovane Ignazio Scassillo di Torre Annunziata (che ha visto accogliere un suo brano nella Biblioteca digitale sulla camorra curata dal Dipartimento di filologia moderna dell’Università Federico II): è attiva a Napoli una scuola di rapper di nuova generazione da molti giudicata di altissimo livello.
E ben lontana da tentazioni di camorra, che anzi - assicurano i protagonisti - «combattiamo a viso aperto nei nostri brani e nella vita».