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 2013  settembre 20 Venerdì calendario

Chi ci guadagna con l’accordo sulle armi siriane? L’accordo dell’ultimo momento tra Stati Uniti e Russia sulla confisca e la distruzione dell’arsenale chimico siriano ha sventato il rischio di un altro conflitto in Medio Oriente, ma molti adesso si chiedono che cosa tale accordo implichi per l’equilibrio dei poteri nella regione, il corso della guerra in Siria e le opportunità di ulteriori sviluppi diplomatici

Chi ci guadagna con l’accordo sulle armi siriane? L’accordo dell’ultimo momento tra Stati Uniti e Russia sulla confisca e la distruzione dell’arsenale chimico siriano ha sventato il rischio di un altro conflitto in Medio Oriente, ma molti adesso si chiedono che cosa tale accordo implichi per l’equilibrio dei poteri nella regione, il corso della guerra in Siria e le opportunità di ulteriori sviluppi diplomatici. Esistono molti modi con i quali la Siria potrebbe procrastinare l’attuazione pratica dell’accordo, ma è poco plausibile che lo faccia in modo palese. Qualora Damasco frenasse un accordo russo-americano, danneggerebbe la credibilità di Mosca, il suo più importante alleato globale, e di conseguenza eviterà in tutti i modi di farlo. Per di più, gli Stati Uniti non hanno escluso del tutto un intervento armato. PER IL REGIME SIRIANO l’accordo sulle armi chimiche rappresenta un vantaggio sul breve periodo: cedere il controllo del proprio arsenale chimico è meno deleterio che essere sottoposti a un attacco militare su vasta scala da parte dell’esercito americano. Quindi dal punto di vista militare il regime sarà più debole rispetto a quanto era appena poche settimane fa, ma non così debole come se ci fosse stato il blitz statunitense. Le armi chimiche non sono mai state un fattore di primo piano nelle battaglie interne del regime contro la sua opposizione armata: la guerra andrà avanti utilizzando armi convenzionali. Inoltre, l’accordo comporta che Assad resti dov’è, partner di un processo internazionale, quanto meno fino alla metà del 2014 come è previsto dall’accordo stesso. Sul lungo periodo, tuttavia, la perdita dell’arsenale chimico lascia il regime di Assad più debole. Di certo, ad Assad non sarà sfuggito il fatto che quando altri regimi, come quello di Gheddafi in Libia, hanno rinunciato ai propri programmi di sviluppo di armi di distruzione di massa hanno perduto anche buona parte del loro potere deterrente e alla fine sono stati rovesciati da interventi esterni. Si dovrebbe tenere conto che il programma nucleare in fase iniziale di Assad è stato interrotto da un blitz aereo israeliano nel 2007, ma si dice che Damasco abbia nel proprio arsenale anche armi biologiche. Di queste ultime nell’accordo Usa-Russia non si parla. I ribelli siriani considerano l’accordo che è stato raggiunto un tradimento, una secca sconfitta. Speravano in un blitz su vasta scala da parte degli Usa, tale da alterare l’equilibrio dei poteri sul terreno, e invece l’intervento armato è stato sospeso e Assad ha ricevuto una sorta di rinnovo, in qualità di partner di un accordo internazionale. La possibilità che egli perda il proprio arsenale chimico non modificherà granché il corso dei combattimenti sul terreno. Al contrario, l’opposizione forse ha sempre sperato che ne facesse uso proprio per creare le premesse per un intervento occidentale contro il regime. OBAMA SEMBRA AVER AVUTO una grandissima fortuna. Ha ottenuto più di quello che voleva e ha evitato il pantano di un’altra guerra in Medio Oriente. Voleva impedire che la Siria attaccasse di nuovo con i gas e ha ottenuto invece l’impegno formale da parte dei russi a togliere ad Assad tutte le armi chimiche. Ha minacciato di fare la guerra, ma non ha dovuto andare fino in fondo e può ora tornare a occuparsi di urgenti questioni di politica interna. La decisione più importante che deve prendere per andare avanti è se aumentare seriamente gli aiuti statunitensi all’opposizione siriana non jihadista. Israele è soddisfatto. Non soltanto aveva paura delle armi chimiche in mano ad Assad, ma qualora quest’ultimo fosse stato destituito temeva che quelle armi potessero finire nelle mani di Hezbollah o di gruppi jihadisti dell’opposizione siriana. La decisione di togliere completamente alla Siria l’arsenale di armi chimiche è lo scenario migliore che Israele potesse desiderare. Oltretutto, si dovrebbe anche tenere conto che se gli Stati Uniti sono riusciti a esercitare la deterrenza nei confronti della Siria con una semplice minaccia di attacco, allora la deterrenza statunitense è viva e vegeta e potrebbe essere ancora praticabile nei confronti del programma nucleare iraniano. PUTIN SI È AFFERMATO come politico diplomaticamente abile a livello globale, anche se non potente dal punto di vista strategico. Agli altri paesi della regione - soprattutto l’Iran - non sarò certo sfuggito il fatto che quando gli Stati Uniti hanno minacciato la Siria e Assad si è rivolto al suo alleato globale, la Russia, Mosca non ha avuto potere deterrente nei confronti degli Usa, e il consiglio migliore che la Russia è riuscita a dare al suo assistito è stato: "Rinuncia alle tue armi". Resta ancora da vedere se la svolta diplomatica sulle armi chimiche porterà a un progresso diplomatico risolutivo del conflitto siriano. La cooperazione tra Stati Uniti e Russia è sicuramente uno sviluppo gradito, e Assad potrebbe rendersi più disponibile adesso a partecipare alla conferenza Ginevra II. In ogni caso, però, il conflitto in Siria appare lungi dall’essere risolto. Il regime di Assad considera tuttora i propri nemici come mercenari e terroristi da eliminare, e l’opposizione è troppo divisa e radicalizzata per trovare una posizione unitaria. E per di più in buona parte non è disposta a negoziare con Assad. La comunità internazionale deve adoperarsi quindi, a partire dal recente accordo, per esercitare pressioni su entrambe le parti affinché siedano al tavolo delle trattative, e per aumentare gli aiuti umanitari ai milioni di civili siriani che stanno soffrendo per questo devastante conflitto.