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 2013  settembre 20 Venerdì calendario

E IL CAVALIERE FA RINASCERE FORZA ITALIA DOVE RECITAVANO LE MARIONETTE DEL BELLI


«CHECCA, sei mai stata al teatrino/ de burattini der Palazzo Fiano?/ Si vedi, Checca mia, tiengheno inzino/ er naso come noi, l’occhi e le mano... «.
Ancora una volta Roma, città di antica e crudele memoria, offre doni meravigliosi all’odierna vicenda pubblica, per cui grazie a questo sonetto di Giuseppe Gioachino Belli, «Li burattini» (1831), si viene a sapere che nel luogo dove ieri Berlusconi ha inaugurato la nuova sede della riscaldatissima Forza Italia, Palazzo Fiano appunto, e precisamente nel vasto e sfarzoso salone del piano nobile destinato al Cavaliere, c’era un famoso, anzi un famosissimo teatro di marionette.
Per chi ha passato qualche ora tra la pazza folla lì sotto, un po’ immalinconito dallo scorrere del tempo, ma poi anche confortato e a tratti perfino divertito da una serie di incidenti tecnici che mostravano a tinte arancioni la cerimonia su un maxi schermo, e irresistibilmente spezzavano l’acustica del discorso del Cavaliere in un misterioso gracchiare - «put... «, «gro... «, «visto», «subito», «ventitrè», «diff... «, «Stato avverso e nemico», «pi-pi-pi», «capigrup...» - ecco, per chi ha visto entrare e uscire da quel portone Romani e Martino, Brambilla e Cicchitto, Carfagna e la Mussolini con una specie di chador in testa, opportunamente realizzato con una bandiera di Forza Italia, la metafora dei burattini era davvero fantastica.
Perché così continua il sonetto sul teatrino e le maschere in legno che vi andavano scena: «C’è l’Arlecchin-batocchio, er Rugantino,/ er Tartaja, er Dottore, er Ciarlatano». Si noterà qui come nell’ambito del mondo berlusconiano, di per sé già ben affollato di marionette, non manchino nello specifico figure e «caratteri», come si dice nel mondo dello spettacolo, che senza dubbio richiamano servi di ogni genere, anche di due padroni, o tipi maneschi e gradassi,o Pulcinelli vari, oltrea «il Dottore», come è chiamato Berlusconi dai suoi più fidati, per non dire del Ciarlatano, personaggio su cui non vale insistere, giacché molto in proposito è stato detto.
Insomma, nel giorno della rinascita di Forza Italia il gioco delle identificazioni era davvero a portata di mano. Inoltre sulla piazza di San Lorenzo in Lucina, dove con la partecipazione ordinaria di Gianpi Tarantini, dell’Ape regina e del premier nel ruolo di testimone, a suo tempo convolò a nozze l’onorevole Topolona, anche ieri faceva piuttosto caldo; tutti si sentivano più vecchi; i fotografi erano nervosi; gli operatori davano la caccia alle vecchiette iper-berlusconiane; e ai più sensibili e disarmati fra i giornalisti non restava che notare una straordinaria concentrazione di loro finti colleghi, ben tre maniaci presenzialisti - e mancava Gabriele Paolini! - che con maestria si inserivano nei capannelli offrendo alle telecamere espressioni contratte nell’ascolto, penne biro fra i denti e sguardi enigmatici.
Prestigiacomo è stata quasi ignorata, Ravetto ha detto che si tratta di un «nuovo inizio», Schifani è scivolato via mentre un tipo, pure lui abbastanza strambo, gridava: «Piangerete!». Dopo le 18 il cielo sopra via del Corso si è animato di palloncini.
Agli spettacoli di Palazzo Fiano assistevano illustri artisti e viaggiatori: Gregorovius, Gogol, Monti, Canova, Verdi, Donizetti, De Musset. Nelle sue Promenades Sthendal, che pure all’inizio temeva ragnatele, pulci e «cattiva compagnia», dedica al luogo parecchie pagine di autentico entusiasmo. Anche Dickens ha scritto dello straordinario burattinaio, il cesellatore Filippo Teoli, spirito satirico diverse volte finito in galera e demiurgo del personaggio di Cassandrino, un ricco borghese raggirato dagli scrocconi e costantemente beffato dalle donne.
Al personaggio dedicò dei versi anche Giacomo Leopardi: «Io vidi in Roma su le liete scene/ che il nome appresso il volgo han di Fiano/ in una grotta ove sonar catene/ s’ode e un lamento pauroso e strano...». C’erano anche effetti speciali, ma la commedia, che a Ippolito Taine parve deprimente per «l’amara buffonata», celebrava qui i suoi fasti: bugie, furbizie, inganni, scambi di persona, vecchioni arrapati, mezzani e magari, a cercar bene, anche pitonesse sgomitanti, vergini di Casoria e finte nipoti del Sultano.
Frattanto, il maxischermo trasmetteva il film muto e arancione del mesto presente. Seguito da telecamera mobile, un Berlusconi in bilico tra arresti in casa o ai servizi sociali faceva il giro dei ricchi uffici guardando se stesso in effigie e fingendo stupore. La Santanché e Verdini spesso e volentieri sopravanzavano nel codazzo il povero Alfano. Per il resto, non senza sgomento, si segnala: bacio onorevolessa Pelino, smorfia tesoriere Crimi, agitazione regista Gasparotti, piedoni sul parquet, omaggio di «Gigino ’a purpetta» (deputato Luigi Cesaro), primo piano bicchieri per brindisi, bacio Polverini, capigliatura Razzi, ex onorevole Pepe fa l’occhietto. «Li teatri de Roma so’ ariuperti/ ciové la Valle e ’r teatrino Fiani./ E quant’a Cassandrino li romani/ dicheno a chi ce va: lei se diverti».