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 2013  settembre 19 Giovedì calendario

RITORNO ALLE ORIGINI DOPO LA PARENTESI DEL PDL


Da Forza Italia a Forza Italia. Dopo quasi vent’anni Silvio Berlusconi torna alla sua creatura originaria, quella che lo ha accompagnato nel suo clamoroso esordio in politica e lo ha portato per due volte a Palazzo Chigi: nel ’94 e nel 2001. Anche la sua seconda invenzione politica, il Popolo della libertà in cui confluirono Forza Italia e An, per la verità gli ha portato fortuna. Vinse le elezioni nel 2008 ma si sa come andò a finire: la rottura drammatica dell’alleanza con Gianfranco Fini e le dimissioni da premier a fine 2011 per una situazione economica e finanziaria ormai non più sostenibile. Ma non fu mai amore vero: quel nome, sempre abbreviato in "Pdl", non riesce a suscitare le stesse emozioni di quello che è quasi un inno e che il Cavaliere ha scandito ieri nel suo messaggio con crescente trasporto.
Forza Italia, di nuovo. Di quella prima esperienza però è rimasto poco. Non ci sono, o non hanno più il peso di una volta, gli uomini con cui l’avventura era cominciata: chi per scelta (Giuliano Urbani, Antonio Martino), chi per questioni giudiziarie (Cesare Previti, Marcello Dell’Utri), chi per impegni istituzionali (Antonio Tajani). Neanche la sede è più la stessa: è finito da pochi giorni il trasloco da via dell’Umilità a piazza San Lorenzo in Lucina. E i vecchi alleati del Polo delle libertà (poi Casa delle libertà)? Pier Ferdinando Casini ha resistito fino al 2008 (se ne andò con la nascita del Pdl), Gianfranco Fini un po’ di più ma la rottura fu clamorosa («Che fai? Mi cacci?», 22 aprile 2010). Ci sarebbe il fedele Umberto Bossi che però nel frattempo è stato disarcionato della guida della sua Lega per le note vicende familistiche. Resta lui: Berlusconi, 77 anni a fine mese, nel frattempo diventato nonno come sottolineato dalla fotografia con i nipotini comparsa alle sue spalle nel video di ieri. Il suo richiamo alle origini è evidente e ricercato: «Chiedo di scendere in campo anche a voi, a tutti voi. Ora, subito, prima che sia troppo tardi» scandiva nel video del ’94. «Vi dico: scendete in campo anche voi. Scendi in campo anche tu, diventa un missionario di libertà» è l’appello di ieri lanciato sempre dallo studio di Arcore. La sua speranza è che quelle parole abbiano lo stesso effetto elettorale: Forza Italia esordì con il 21% dei voti e alle europee del ’94 raccolse addirittura il 30,6%, picco mai più replicato. Per i sondaggi oggi il morituro Pdl non andrebbe oltre il 27% dei consensi.
«Forza Italia non è un partito ma un’idea» ha rivendicato ieri il Cavaliere. Vero, almeno fino a un certo punto della sua vita: il primo congresso si è celebrato ben quattro anni dopo la fondazione (e per il successivo si è dovuto aspettare altri sei anni). Ma il partito azzurro a un certo punto si è dato una struttura più pesante per poi però sciogliersi nel 2007, quando Berlusconi cedette alla tentazione del partito unico, soluzione simmetrica rispetto a quanto accadeva a sinistra con la formazione del partito democratico. Il Pdl nacque in piazza, con un annuncio a San Babila sul predellino di una Mercedes ferma tra i sostenitori: la confluenza fu ufficializzata solo un anno dopo con il Consiglio nazionale del novembre 2008.
Berlusconi ha sottolineato la continuità della sua storia e al congresso fondativo del Pdl (il 27 marzo del 2009, anniversario della prima vittoria elettorale) fece riecheggiare le parole chiave: «La nostra è una rivoluzione liberale, borghese, popolare, moderata e interclassista». Quel capitolo della sua "storia italiana" (titolo del libro autobiografico spedito agli elettori alla vigilia delle elezioni - vinte – del 2001) è stata però meno felice: è vero che con il Pdl Berlusconi ha solo vinto (2008) o pareggiato (2013) ma le divisioni interne, la scissione dei finiani e la fine anticipata del suo Governo (il quarto) hanno lasciato una traccia negativa su quel logo. Meglio tornare a Forza Italia che al Cavaliere ha dato due vittorie (’94 e ’2001) e due sconfitte (’96 e 2006). Finora. Perché da oggi il bilancio non è più definitivo.