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 2013  settembre 19 Giovedì calendario

DE BENEDETTI INCASSA IL MALLOPPO IL CAV REGALA 150 MILIONI DI TASSE

SU 494 milioni, Cir sarà costretta a versarne un terzo all’Erario: ride Saccomanni E nella holding si fanno i conti: «Repubblica»reclama un aiuto, l’Ingegnere èscettico
Passata l’euforia del mo­mento, il primo pensie­ro di chi vince una gros­sa somma alla lotteria è, più o meno, questo: «E adesso che co­sa faccio?». Molto probabil­mente se la starà ponendo an­che l’ingegner Carlo De Bene­detti, patron di Repubblica e «miracolato» dalla Cassazione con il maxi risarcimento da 494 milioni di euro per il Lodo Mon­dadori. Certo, come ha specifi­cato il finanziere, l’incasso non andrà nelle sue tasche ma ai suoi tre figli (Rodolfo, Marco ed Edoardo) cui ha donato il con­trollo del gruppo. Ma sulla de­stinazione di quei 494 milioni (che corrispondono a poco me­no di un quinto del patrimonio di Fininvest) si possono già fare alcune ipotesi, sebbene Cir ­per prudenza - in questi anni abbia accantonato la cifra nel caso il giudice le avesse dato tor­to.
IL FISCO CI GUADAGNA
Il primo beneficiario del risarci­mento sarà il ministero del Te­soro. Gli analisti di Equitalia sti­mano che, al netto delle tasse, l’incasso per la famiglia De Be­nedetti sarà di circa 350 milioni di euro.L’ipotesi si fonda essen­zialmente sul fatto che tra Ires e Irap la holding dell’Ingegnere, generalmente, versa all’erario il 30% dei propri profitti (quan­do ci sono). Grazie alla Cassa­zione, Silvio Berlusconi farà sorridere con 150 milioni circa anche il ministro dell’Econo­mia Saccomanni, sempre alla ricerca di fondi. Di questi tem­pi non è poco.
LA PRIMA FETTA DI TORTA
Cir, che è a capo delle attività dei De Benedetti, è controllata con il 45,9% da una holding di famiglia, la Cofide, anch’essa quotata. A monte di Cofide con il 52,4% c’è l’accomandita Car­lo De Benedetti spa. Non si fa peccato se si pensa che di 350 milioni una parte possa finire nelle tasche direttamente ai so­ci. Secondo gli esperti di merca­to, le strade sono due e potreb­bero essere percorse entram­be. In primo luogo, si può distri­buire un dividendo straordina­rio. Elargendo 50 milioni(l’im­porto massimo per le stime de­gli analisti) all’accomandita ar­riverebbero poco più di 12 mi­lioni che non sono proprio «bruscolini». Gli asset di Cir (ol­tre al gruppo Espresso ci sono l’utility Sorgenia, i filtri per au­to Sogefi e il gruppo sanitario Kos) valgono, risarcimento in­cluso, 1,4 miliardi di euro, ma in Borsa il gruppo è prezzato po­co meno di un miliardo. Con qualche decina di milioni, do­po aver distribuito il dividen­do, i De Benedetti potrebbero comprare Cir «a sconto». So­sterrebbero il titolo e incremen­terebbero la quota di controllo della famiglia. Ovviamente, grazie al Cavaliere.
LUCI SPENTE E ANNI AZZURRI
Destinati meno di 100 milioni alla finanza, che cosa potrebbe­ro fare i De Benedetti con i re­stanti 250 milioni? Dipenderà dalle banche. L’«energetica» Sorgenia ha oltre 700 milioni di debiti in scadenza nei prossimi due anni e nel primo semestre ha perso 165 milioni. Se la socie­tà riuscirà a dismettere alcune centrali e se gli istituti di credito saranno «comprensivi», i De Benedetti non dovranno met­ter mano al portafogli. Se saran­no intransigenti, dovranno ac­compagnare con un aumento di capitale (superiore a 100 mi­lioni) il riscadenziamento del debito. In quel caso resterebbe poco da investire sulla sanità. Eppure il gruppo Kos, con i suoi residence per anziani, è redditi­zio: ampliarlo (sempre grazie a Silvio) sarebbe una mossa giu­sta per gli analisti.
«REPUBBLICA» ALL’ASCIUTTO
Improvvidamente, i giornalisti di Repubblica ieri hanno pub­blicato sul quotidiano un comu­nicato con il quale, esprimen­do «soddisfazione»per il risarci­mento, invitano Cir a «sostene­re l’attività giornalistica». Un po’di fair play non avrebbe gua­stato, ma c’è da dire che a Largo Fochetti sono previsti 80 esube­ri ( tra prepensionamenti e pen­sionamenti) e ognuno porta ac­qua al suo mulino. Difficile, pe­rò, che l’Ingegnere cambi idea: il gruppo Espresso dovrà conti­nuare a reggersi sulle proprie gambe, cioè autofinanziarsi. In una storia, che si regge tutta su un paradosso giuridico kafkia­no, non ci sarà il contrappasso più beffardo: i soldi del Cav non aiuteranno i suoi detrattori più agguerriti, i pasdaran capitana­ti da Ezio Mauro.