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 2013  settembre 16 Lunedì calendario

ZAIA, IL SOGNATORE LEGHISTA CHE VUOLE UNIRE IL NORD-EST

Poiché la politica è in tale declino che per trovare un po’ di buon senso sia­mo r­idotti a sperare in due ex co­munisti - Luciano Violante in Italia e Vladimir Putin nel mon­do - è piacevole scrivere oggi di Luca Zaia, politico minore, ma schietto e simpatico.
Il quarantacinquenne Zaia è da tre anni presidente leghista del Veneto e il governatore re­gionale con maggiore gradi­mento. È sposato con Raffaella, trevigiana come lui, bella don­na dai capelli rossi sciolti alla la­dy Godyva, che nella sua unica intervista ha così descritto il ma­rito: «Non parla male delle per­sone e concede sempre una se­conda chance ». Per poi aggiun­gere, stimolata dal giornalista che voleva assolutamente un di­fetto: «Un po’ brontolone».
Luca e Raf­faella non hanno figli e abitano a Tre­viso in un ap­partamento di 58 metri quadri. Han­no fatto un tentativo per qualcosa di più spazioso, com­prando un casale dove Zaia avrebbe potuto soddisfare la sua passione per i cavalli, ma la magione si è rivelata infestata dai fantasmi e ne sono fuggiti. La mancanza di figli non pesa perché la coppia è salda, ma stri­de con la tradizione degli Zaia, ceppo di nuclei numerosi. La mamma di Luca aveva dieci fra­telli, cui si aggiunsero, morta una zia, sei cugini. Imponente anche la famiglia del padre, fi­glio di un emigrante che fece qualche fortuna oltreoceano e che, tornato a Conegliano, mi­se su la casa dov’è nato Luca. «Avevamo un tavolo di otto me­tri- ha raccontato- in cui si man­giava tutti insieme con zii e non­ni ».
Gli Zaia sono trevigiani da quindici generazioni,ma l’origi­ne pare sia dalmata. In ogni ca­so, sempre stati sotto la Serenis­sima Repubblica di Venezia. Il venetismo è perciò nelle carni di Luca, cosa che esprime para­frasando un passo delle Memo­rie di Adriano di Marguerite Yourcenar, libro che cita di con­tinuo come fosse l’unico letto. L’imperatore diceva: «Ho governato in latino, ma in greco ho pen­sato e in greco ho vissuto». Ecco: per Za­ia, il greco è il veneto e il lati­no è l’italiano di cui una vol­ta ha detto: «Parlarlo non mi è naturale». Quando pensa al­l’idioma veneto e alla sparizio­ne dei dialetti, si commuove al punto da perdere il senso delle proporzioni e usa termini quali «olocausto linguistico» come si trattasse di una strage sanguina­ria. Oggi che è governatore,ren­de c­oncreto l’amore per la Sere­nissima lavorando per una futu­ra Macroregione del Nord-Est che, oltre alla Carinzia austria­ca e alla slava Slovenia, includa l’antica colonia veneziana dei croato-dalmati che Luca consi­dera «fratelli di sangue».
L’infanzia coneglianese di Za­ia è stata serena. Il babbo aveva un’avviata officina meccanica ma il ragazzo amava la terra e gli animali.Con l’idea di fare Vete­rinaria, Luca si diplomò in Eno­logia all’Istituto Cerletti, rino­mato per la specialità. In «Pro­duzione animale »,cui era spin­to dall’amore per i cavalli, si lau­reò a Udine dopo avere comin­ciato a Parma. Per mantenersi, aprì diciottenne la sua prima partita Iva. È stato cameriere, uomo delle pulizie, muratore, maestro cavallerizzo, animato­re della discoteca Manhattan di Godega. Al pub, poco più che ventenne, conobbe la coetanea Raffaella, operaia in un lanifi­cio, poi segretaria d’azienda. Prestissimo fu conquistato dal­la politica che, terragno come si sentiva, prese subito le fattezze della Liga Veneta e della Lega Nord.
A 29 anni era già presidente della Provincia di Treviso, il più giovane d’Italia. Ebbe un’idea che lo mise sulla bocca di tutti. Comprò sei asini brucaerba che utilizzò per pulire i bordi delle strade al posto dei falciato­ri. «C’era-spiegò-una scarpata di tre chilometri. Falciarla costa­va ottantamila euro l’anno. Ho comprato gli asini per cinque­mila euro, più diecimila per il pastore. Risparmio secco. Ora anche i privati ricorrono agli asi­ni ».
Benvoluto da Bossi e discosto dagli intrighi leghisti, a 37 anni (2005) divenne vicepresidente della Regione, di cui era Gover­natore il pdl, Giancarlo Galan. Un giorno che il capo dello Sta­to, Ciampi, venne in visita, gli sussurrò all’orecchio: «Si ricor­di che il Nord ne ha le palle pie­ne ». Si distinse poi per una tru­cul­enta campagna di educazio­ne stradale in cui piazzò sulle ro­tonde i rottami delle auto coin­volte in incidenti mortali. Un ef­ficace museo degli orrori a cielo aperto che in breve dimezzò le vittime. Subito dopo, si fece pe­rò beccare dalla Polstrada men­tre sfrecciava su una Bmw fra Treviso e Venezia a 193 km ora­ri. Fu messo in croce per setti­mane. «Il più grande errore del­la mia vita politica - ammise - . Ho pagato 407 euro di multa e sono stato un mese senza paten­te. In più, ho fatto mea culpa iscrivendomi all’autoscuola per prendere la patente C, per­ché la B l’avevo già. Dovevo an­che andare a Lourdes?».
Essendo un tipo molto auto­mobilistico, gli capitò anche di passare davanti a un’auto in fiamme con il conducente alba­nese che, inchiodato al volante come un baccalà, rischiava di saltare in aria. Zaia lo tirò fuori e l’altroglidisse: «Sono un immi­grato, nessuno si fermava». Questo gesto spontaneo e nor­male in una persona dabbene, gli procurò fama di leghista non razzista. In effetti, sugli stranie­ri Luca ha idee che per la loro saggia essenzialità potrebbero essere tradotte in legge: «Citta­dini dopo dieci anni di perma­nenza e dopo un esame della lin­gua e della tradizione italiana».
Col quarto governo Berlusco­ni, nel 2008,Zaia diventò a qua­rant’anni minis­tro dell’Agricol­tura e accese la fantasia dei gior­nalisti. Il suo primo atto fu aboli­re­la tradizionale livrea dei com­messi ministeriali con le code che strusciavano per terra. «Quell’abito era simbolo di ser­vaggio », spiegò Luca. Poi fece to­gliere dallo studio le foto dei suoi predecessori al Dicastero. «Molti sono già morti - disse - . L’agricoltura ha bisogno di futu­ro. Metterò le foto dei giovani che si occupano di produzioni di punta».
Con queste curiose iniziative e un dinamismo contagioso, le richieste di interviste fioccaro­no. «Zaia si vende come un fusti­no di Dash »,gongolava l’addet­to stampa. Inoltre, con i cronisti ci sapeva fare.Aveva una battu­ta­nuova anche per l’ultimo scal­zacani. C’era poi l’aspetto che intrigava: capelli ravviati al gel, tipo«er pomata»,completo scu­ro, pantaloni stretti alle cavi­glie. Un autentico sivigliano. « Hablo espanol . In Spagna mi prendono per spagnolo», dice­va lui a chi gli faceva notare il suo stile tanghéro.
Restò al ministero due anni, facendo buone cose. Batté i pu­gni a Bruxelles e sistemò al me­glio l’annosa questione delle quote latte. Poi, profittando del­le amministrative 2010, si fece eleggere Governatore. Lasciò Roma e corse felice nella Sere­nessima Venezia. Senza rim­pianti, com’era nella sua natu­ra di onesto sognatore provin­ciale.