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 2013  settembre 16 Lunedì calendario

JANET, CHRISTINE, ELVIRA: SONO LORO I SOLDI DEL MONDO

Con quell’aria un po’ così,da de­sperate housewife di Brooklyn, cer­to Janet Yellen non può competere con gli impeccabili tailleur Chanel di Christine Lagarde. Ma in fondo, che importa, quando sei a un passo dalla presidenza della Federal Re­serve, quando dunque stai per di­ventare la donna più potente del mondo? Con il ritiro annunciato do­menica sera da Larry Summers, quella della Yellen è praticamente una corsa in solitaria verso la poltro­na occupata da Ben Bernanke. I mercati hanno gradito, con rialzi at­torno all’1%, conoscendo vita e mi­racoli di questa ex professoressa di Harvard, allevata con dosi massic­ce di keynesismo e nutrita coi pre­cetti redistributivi di James Tobin. Sanno che dietro tutte le manovre di stimolo monetario, una sorta di regista occulto, c’è sempre stata lei, la «marxista» con un unico obietti­vo: far crescere il Paese. A ogni co­sto. Difficile, quindi, immaginarla come l’artefice di una brutale rimo­zione degli aiuti, anche se il suo limi­te potrebbe essere proprio quello di continuare a ragionare solo in chia­ve espansiva.
Ad ogni modo, la probabile affer­mazione della Yellen dimostra il progressivo consolidamento del pink power ai vertici dell’economia mondiale. C’entra forse l’antica ca­pacità femminile di maneggiare il denaro derivata dalla gestione dei budget domestici; ma può anche es­sere la diretta conseguenza di una certa contiguità col potere maschi­le, sapientemente coltivata negli an­ni per assorbirne schemi, logiche e comportamenti.
A collocarle in cima alla pirami­de, però, c’è quasi sempre la scelta fatta da un uomo. Sarà così anche per la Yellen, la cui investitura di­pende da Barack Obama. Oppure prendete il caso di Nicholas Sarkozy: fu lui a volere la Lagarde al­la testa del Fondo monetario inter­nazionale dopo lo scandalo sessua­le che aveva travolto Dominique Strauss-Kahn. Christine ogni tanto fa la voce grossa con l’Europa,talvol­ta s’impapera in qualche gaffe im­perdonabile e non ha mai goduto di buona stampa. Visto che gestisce un potere enorme, i suoi detrattori passano con disinvoltura dal «non capisce nulla di economia» al «va dal parrucchiere tutti i giorni nella settimana di assemblea del Fmi». A Sarko deve tutto, a cominciare dalla carriera politica culminata con una poltrona da ministro dell’Econo­mia. La liaison ha prodotto qualche effetto collaterale, tipo un’inchie­st­a giudiziaria per aver favorito un ri­sarcimento milionario a Bernard Tapie dietro pressione dell’allora presidente francese. Poi, c’è il coté sottomesso, a metà strada tra «Hi­stoire d’O » e «Cinquanta sfumature di grigio», svelato nelle lettere in cui dice a Sarko: «Fai di me quello che vuoi». Insomma: al cuor non si co­manda.
Legate a filo doppio con Vladimir Putin sono invece la presidente del­la Banca di Russia, Elvira Nabiulli­na, e la sua vice, Ksenia Yudayeva. Entrambe hanno un look da mae­strina, ma pur essendo considerate due colombe in materia di politica monetaria sanno benissimo come manovrare cifre e potere. Chi inve­ce­non ha più bisogno di sponde ma­schili è Angela Merkel: dal 2005, an­no della sua nomina a cancelliera, ha costruito attorno a sé un’immagi­ne dura, durissima. Così concentra­ta sull’interesse particolare della Germania da essere spesso accusa­ta di aver gestito con miopia la crisi del debito. Ai tedeschi, Frau Nein piace così e perciò verrà riconferma­ta. Chissà che ne pensa il marito, Joa­chim Sauer, da sempre all’ombra di Angela e perciò chiamato il «fanta­sma dell’opera ».