Antonio Pascale, Il Post 19/9/2013, 19 settembre 2013
ROMA, LE BICICLETTE E I RUMENI
È uscito per Einaudi il libro Le attenuanti sentimentali di Antonio Pascale, scrittore, giornalista e blogger del Post: il libro riprende anche testi pubblicati in una prima versione sul suo blog sul Post. In questo estratto, Pascale racconta i rischi dell’uso della bicicletta e l’invidia per chi può usare il bike sharing a Roma.
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Da tempo non uso più la macchina. Propensione al pensiero verde? È che a Roma la macchina è uno stress. Una volta c’ho messo un’ora e mezza per parcheggiare. Un’altra volta ho mangiato in macchina, visto che era domenica e, gira e rigira, non usciva nessuno. Così mi sono fermato in doppia fila, e Daniela mi ha portato un panino e una bottiglia d’acqua: che dovevo fare?
Vedere il quartiere imbrunire mentre, da solo, mangiavo il panino e le briciole mi cascavano addosso: tutto questo mi ha fatto sentire… mi ha fatto sentire come… ecco, insomma, di certo non mi ha fatto sentire un poeta, visto che la similitudine non mi è venuta, né allora né ora. Dunque, da solo in macchina, con il panino e le briciole addosso, senza la possibilità di far poesia, come volete che mi sia sentito?
Come uno che meno usa la macchina meglio sta. Infatti ho lo scooter. Ne ho cambiati tanti, adesso ho un Liberty 150 della Piaggio. Però anche lo scooter comincia a seccarmi: l’assicurazione, il bollo (che mi dimentico sempre di pagare e mi fanno la multa) e poi, soprattutto, mi sto facendo vecchio: i riflessi non sono più quelli di una volta, sapete com’è, le buche, qualche caduta. Metteteci pure i troppi zuccheri, l’insulina che funziona male, il grasso sulla pancia e, insomma, ci vuole un po’ di movimento, mi dicono, tanto più che soffro di mal di schiena. E allora ho optato per la bicicletta. Che però è di mio figlio. Ma la uso anche io, perché mi piace scambiare le cose, quando è possibile. Propensione al pensiero verde, beni in comune? Ok, forse sì, voto a sinistra in fondo.
Dico questo perché prima di comprarla mi ero informato sul bike sharing. Mi piace, per l’appunto, l’idea di affittare e non possedere. La formula del comodato d’uso, no? La Xerox Corporation affitta le sue fotocopiatrici: non sono tue, ma in prestito. Che te ne fai di una fotocopiatrice? La usi, no? Mica la possiedi. Stessa cosa per la macchina o per la bicicletta.
Però, e purtroppo, le stazioni di scambio a Roma sono quasi tutte nella zona centrale. Campo dei Fiori, Largo Argentina, Pantheon, piazza del Popolo e qualcuna in zona San Lorenzo e Nomentana. Io abito a Monteverde nuovo, in via di Donna Olimpia, in un quartiere popolare e densamente abitato, e la bicicletta la userei per andare in ufficio, sei chilometri di percorso, perciò ho bisogno di una stazione di scambio nelle vicinanze di casa mia.
Non c’è.
Lo confesso: ho avuto moti di fastidio. E il modello avanzato Xerox Corporation? Incontravo persone (a volte conoscenti) con la bicicletta in sharing ed ero invidioso. Perché voi sì e io no? Il mondo, sembravano dire con il loro sguardo fiero, si migliora andando in bicicletta, no alle polveri sottili e allo stress. E avete ragione, rispondevo, cioè, non che io abbia davvero una propensione per il pensiero verde, non che ci tenga a manifestare la mia sensibilità ecologica, no, però preferisco affittare che possedere. E quindi:
– Ma dove l’avete presa la bici?
– Qui! A Campo dei Fiori, c’è una bella stazione di scambio.
– Ma dove abiti?
– Qui! A Campo dei Fiori, a due passi.
– Ah!
Me ne tornavo a casa in moto, uggioso, uggioso come… vabbè, uggioso, riflettendo sul paradosso: solo quelli che abitano in centro, e hanno abbastanza soldi per pagare un affitto in centro, e che sono pure fortunati perché si godono la Roma barocca, possono essere anche ecologisti e salvare il mondo dal traffico e dalle polveri sottili?
Tripla fortuna: abitare in centro, avere la postazione di scambio a due passi dal portone di casa e guardare me con aria di superiorità morale – che poi, diciamocelo, ora che sto tornando a casa in moto, e pure uggioso: superiorità morale tipica di un certo ecologismo benestante.
Ma che faccio, mi sono detto, la guerra all’amministrazione comunale? Me la compro, la bicicletta, e pazienza per il modello Xerox Corporation.
Ne ho bisogno anche per i miei problemi di insonnia, di una bicicletta. È lo stress, mi dicono, non dormi perché non ti rilassi. Se pedalo, mi stanco, ho pensato, e quindi cascherò nel sonno.
Ho chiesto pure una buona catena.
– Perché, dove la metti? – mi ha detto il negoziante.
– Giù, sotto casa.
– Giù? Non su?
– E no, su no, ho un balcone piccolo. Poi mia moglie si lamenta, non può stendere i panni.
– Ah! Vado contro il mio interesse… – e comincia a toccarsi il petto, – ma guarda che se la metti giù non la trovi più. Tempo una notte.
– Come, se la metto giù non la trovo più? E perché?
– Indovina un po’: passano i rumeni e se la caricano.
– Vabbè, ma per questo compro un bloster, no? Di quelli che nemmeno le cannonate.
– Sì, beato te! Quelli, i rumeni, hanno delle tronchesi che ti spezzano l’acciaio. Non ci credi? Guarda, vai da Brico o, che ne so, da Artfer, e vedi che tronchesi hanno in vendita. Roba micidiale. E sai chi le compra? I rumeni. Di notte passano, rompono la catena e si caricano la bicicletta.
– Quindi il bloster è inutile?
– No, devi comprarlo comunque, perché anche se vai al cinema e la lasci due ore fuori, rischi di non trovarla. Ti dico queste cose contro il mio interesse, – il petto, sempre il petto, anzi ora si stringe il cuore.
– E me lo dici adesso? La bicicletta l’ho comprata. Cioè, come? Vado al cinema, la lascio e non la trovo?
– Sì, sempre i rumeni. Girano con le tronchesi. A me qua, davanti al negozio, due biciclette mi hanno rubato.
– Ma con il bloster?
– No, senza niente.
– Ah, va bene, ma io ci metto il bloster.
– E che ti devo dire? – mi fa alzando le sopracciglia. – auguri. Passano i rumeni… Poi vai a Porta Portese e magari la ricompri, a metà prezzo. Però una soluzione c’è.
E sì! La soluzione la voglio! Ho comprato la bicicletta per contribuire all’abbattimento delle polveri sottili e diffondere lo sharing-pensiero, come facciamo sennò a risollevare le sorti della sinistra? Con cose pratiche, no?
– La soluzione, – mi dice, – è che ti smonti la ruota e il sellino. Vedi? La ruota sulla tua bici si smonta in un attimo, togli questa… è fatta!
– Ah! Ho capito. Ma che faccio? Vado al cinema con la ruota o la sella in mano? Non so nemmeno se mi fanno entrare.
– Se è per questo, ci sono sempre gli accessori: vedi questa borsa? È fatta apposta per metterci la ruota e poi la porti a tracolla.
– La ruota a tracolla?
– Ma guarda che comunque ti conviene portarti il sellino o la ruota, perché se non passano i rumeni, magari passa qualcuno che così, per sfizio o perché gli serve, ti ruba il sellino o la ruota, che è facile da rubare, vedi? Sviti questa e tac.
– Ho capito, me l’hai già fatto vedere. Ma non c’è un modo per non far svitare la ruota in un attimo?
– Sì, c’è un lucchetto…
Ah.
Ma quelli che fanno bike sharing? Quelle biciclette lì, i rumeni non le rubano?
Parlo con mia moglie.
– Sul balcone? No! No! E i panni? I gerani, le due piante di basilico che teniamo fuori? Tu non li ascolti i tuoi amici architetti? Quelli dicono di mettere le api sui balconi o di fare gli orti, e tu te ne vieni con la bicicletta?
Eh, dico, ma quelli sono imparentati con quelli che fanno il bike sharing a Campo dei Fiori, tutta una combriccola. E vabbè, dài, proviamo con il garage. Proviamo, ma non risolviamo il problema: la notte siamo al sicuro, ma di giorno se la lasci un attimo e giri gli occhi, arriva uno con le tronchesi e se la carica… Però la ruota a tracolla no, è pesante, sudo.
Il garage, comunque, è costoso. Ci facciamo due conti, di quelli assurdi: se la rubano dopo tre mesi, considerato che spendiamo 30 euro al mese e la bici costa 160, considerato poi che, se la rubano, a Porta Portese possiamo trovarla a metà prezzo…
Insomma, alla fine la bicicletta sta sul balcone.
E quando la prende mio figlio gli diciamo: – Mi raccomando, controlla sempre: un occhio al pallone, un altro alla bici.
– A pa’, io però mi devo concentrare sul pallone, sennò il mister s’incazza, già sta come una bestia per la Roma, – pure mio figlio è romanista e infatti è nervosissimo, – io la lego bene con il bloster, ma se la rubano pace, al limite andiamo a Porta Portese, anche il mister ha fatto così, anche a lui l’hanno rubata, una volta ti succede di sicuro, così m’ha detto il mister.
Ma quando vado in centro continuo a vedere quelli che escono di casa, estraggono la tessera dal portafogli, bip!, prendono la loro bici in sharing e partono per la liberazione del mondo dalle polveri sottili.
Cari rumeni, se davvero esistete e girate con le tronchesi, e cari tutti voi che rubate le bici, qua il traffico uccide, metteteci pure lo stress e l’insonnia, un’ora per parcheggiare, e che la vita è breve, perché il lusso del bike sharing deve essere concesso solo a quelli che abitano in centro?
Facciamo una cosa: se vedete una mountain bike bianca parcheggiata in via di Donna Olimpia, o vicino al cinema, quella è la mia. Non la rubate, perché ve la presto. Un salto di qualità, miglioriamo il mondo, basta con la proprietà, seguiamo la Xerox Corporation, dove è possibile, scambiamo le cose, voi mi prestate le tronchesi e io la bici.
Oh, fatemi sapere, e grazie.