Mauro Ravarino, Linkiesta 19/9/2013, 19 settembre 2013
IL CENTRISTA DI SEL CHE HA IN MANO IL DESTINO DEL CAV
Dal primo agosto, dopo la condanna di Silvio Berlusconi, il suo è uno dei nomi più citati. Tant’è che il primo messaggio di Fabrizio Cicchitto appena arrivato nello studio di In Onda a sentenza ancora calda, è stato rivolto, non senza agitazione, proprio a lui: «Non forzi la situazione!». Lui è Dario Stefàno, senatore di Sel e presidente della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari, chiamata a esprimere un parere sulla decadenza dell’ex premier dal suo seggio di Palazzo Madama.
Nonostante sia stato eletto nel partito più a sinistra del parlamento, Stefàno non è propriamente un giacobino. Manager aziendale, già membro della giunta di Confindustria Puglia, docente all’Università del Salento, è nato nel 1963 a Scorrano, in provincia di Lecce. Si è candidato la prima volta nel 2005 alle regionali pugliesi come indipendente della Margherita. È stato presidente dell’assemblea provinciale del Pd fino al 2009. Una volta dimessosi dal partito sembrava pronto a prendere la strada dell’Udc o del movimento di Adriana Poli Bortone, quando ha virato a sinistra. Nel luglio dello stesso anno, il presidente Nichi Vendola lo ha chiamato in giunta con la delega di assessore alle Risorse Agroalimentari. E lì è nato un sodalizio che durerà a lungo, nonostante i malumori nella base vendoliana. Stili diversi ma una stima reciproca.
Alle regionali del 2010 Stefàno ha promosso la lista “La Puglia per Vendola”, che univa i moderati e i cattolici che sostenevano la rielezione del leader di Sel (5,5% e sei consiglieri eletti, quasi 11 mila preferenze per Stefàno). Nel dicembre del 2012 si è candidato alle primarie di Sel e, nonostante i mal di pancia di una parte della base che non gli perdona il passato centrista, ha fatto il boom di preferenze (oltre 5.000 voti). E a febbraio è stato eletto a Palazzo Madama (6,7% in Puglia), dove è tuttora uno dei sette senatori di Sel. Siede tre scranni più in basso di Giovanni Barozzino, uno dei tre operai di Melfi per cui la Cassazione ha chiesto il reintegro dopo essere stato licenziato dal Lingotto.
Nella lunga primavera dei tira e molla, quando in Sel il più accreditato per una presidenza di commissione sembrava Claudio Fava (scomodo al Pdl ma anche al Pd), a spuntarla ancora una volta è stato, invece, il più moderato Stefàno, che il 5 giugno è stato eletto presidente della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari.
Da subito, viene interpellato sull’ineleggibilità di Berlusconi: «Andiamoci piano: non è che io schiaccio un bottone e puff! il nemico scompare, come fossimo alla Playstation… È una idea cresciuta nel terreno di coltura di una violenza verbale che ormai ammorba il dibattito pubblico e di cui non se ne può più. Io sarò rigoroso e scrupolosissimo» (6 giugno). E ancora: «Per me possiamo lavorare anche ad agosto, se serve. Non appena la Corte di Cassazione dovesse comunicare una sentenza di eventuale condanna» (10 luglio). Dall’11 luglio, la Giunta ha incominciato a occuparsi dei ricorsi sull’ineleggibilità del senatore Berlusconi. E il giorno della condanna del cavaliere gli occhi si sono puntati su Stefàno. Quando potrebbe scattare l’interdizione? «Subito, non appena verrà notificata al Senato, e quindi alla giunta, la sentenza della Cassazione. Nell’arco del mese potremo pronunciarci» ha dichiarato a caldo a Repubblica, anticipando però la possibilità di «una complessa e credo non brevissima fase di approfondimento istruttorio anche attraverso l’attivazione di un eventuale apposito comitato inquirente».
Questa parte ha attirato le critiche di Giuseppe Di Lello, magistrato collega di Falcone e Borsellino nel pool antimafia diretto da Antonio Caponnetto, che in prima pagina sul manifesto ha scritto: «Con anni di giurisprudenza parlamentare alle spalle e con la Costituzione e leggi elettorali alla mano, ci sarà davvero da insediare un “comitato inquirente” per stabilire che chi non gode più dei diritti politici non può sedere in Parlamento?». Stefàno ha prontamente risposto di non aver nessuna volontà di allungare i tempi, ma di avere «il dovere istituzionale di garantire le rispetto delle regole». Sul caso, più volte ha ripetuto di non voler fare valutazioni politiche visto che la Giunta «è un organismo paragiudiziario».
L’estratto esecutivo della sentenza della Cassazione che ha condannato in via definitiva Berlusconi è arrivato il 2 agosto al presidente del Senato Pietro Grasso che l’ha subito trasmessa al presidente della Giunta delle immunità. «C’è una condanna superiore ai due anni, per cui scatta comunque l’incandidabilità e quindi della vicenda Berlusconi ne saremo investiti» ha detto, a SkyTg24, Dario Stefano, riferendosi alle legge anticorruzione dell’ex guardasigilli Paola Severino. La Giunta è convocata per mercoledì 7 agosto. A quando il verdetto?