VARIE 19/9/2013, 19 settembre 2013
APPUNTI PER GAZZETTA - L’AUMENTO DELL’IVA
REPUBBLICA.IT
MILANO - Botta e risposta a distanza tra il Commissario Ue agli Affari economici, Olli Rehn, e il ministro dei Trasporti, Maurizio Lupi. A due giorni dalla visita in Italia di Rehn che aveva espresso le sue preoccupazioni per il rischio che l’Italia sforasse a fine anno il tetto del 3% del deficit, è arrivata la replica di Lupi: "Siamo un Paese sovrano, tra i fondatori dell’Europa, non commissariato e come raggiungere quel 3% e le politiche industriali lo decide l’Italia e non un commissario".
Tuttavia i timori della Commissione europea non paiono del tutto ingiustificati. Ieri il governo ha ammesso il peggioramento delle stime sul deficit comunicando un probabile aggiornamento del Documento di economia e finanza con una stima peggiore delle previsioni (2,9%) per quanto riguarda il peso del disavanzo dello Stato. Per rispettare il tetto sarà quindi necessario "qualche aggiustamento". Da Bruxelles, fonti Ue hanno precisato oggi all’Ansa che un deficit al 3,1% "è diverso da un deficit al 3%", e se domani l’aggiornamento delle stime del Def confermerà il 3,1% "serviranno misure per riportarlo al 3%". La Commissione è stata comunque "già rassicurata da Saccomanni sulle misure che saranno prese per non sforare il 3%".
La conferma della necessità di un aggiornamento al Def che approderà domani in consiglio dei ministri è arrivata anche dal sottosegretario all’Economia, Pierpaolo Baretta secondo cui le previsione di un deficit/pil al 3,1%, "non sono irrealistiche; siamo attorno a questi risultati, bisogna che sia chiaro che consolideremo questi vincoli anche se richiederà un piccolo aggiustamento, ma non servirà una vera manovra correttiva, avremo bisogno di aggiustamenti, e questi aggiustamenti implicano delle risorse finanziarie".
Una correzione che potrebbe aggirarsi nell’intorno di 1-1,5 miliardi di euro, motivo per cui il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni ha lanciato un ultimatum: o aumenta l’Iva o torna la seconda rata dell’Imu. Per entrambi i provvedimenti, infatti, servirebbero 3,4 miliardi che il governo non è in grado di reperire.
IL CDM REPUBBLICA.IT
ROMA - Si è svolta oggi la riunione del Consiglio dei ministri che ha dato il via libera al piano ’Destinazione Italia’ per l’attrazione degli investimenti esteri e il rilancio della competitività. Tra gli altri temi in agenda anche il rifinanziamento delle missioni all’estero e la ratifica di quattro accordi internazionali. Al termine del consiglio, il premier Enrico Letta in conferenza stampa ha definito il piano "un segnale forte che l’Italia lancia al mondo".
"Destinazione Italia è un piano di attrazione degli investimenti a cui diamo molta importanza, perché l’Italia ha un drammatico bisogno di investimenti esteri, abbiamo scarsa capacità di attrazione e cifre troppo basse di investimenti diretti. Noi vogliamo che questa attrattività cresca. Il piano include 50 misure, molto secche e semplici, per risolvere i problemi più grossi che le imprese incontrano venendo in Italia". Anche quello della criminalità organizzata: nel Piano, ha anticipato Letta, c’è un capitolo dedicato al Mezzogiorno, in cui si indica "come accompagnare gli investitori di fronte all’aggressione implicita o esplicità della criminalità".
Il "percorso" prevede una "versione 0.5" del piano Destinazione italia, il cui testo è stato "aggiustato" in Cdm, ha spiegato ancora il premier, che sarà ora sottoposta a una "consultazione pubblica" con soggetti istituzionali e pubblici che durerà circa 2-3 settimane, per poi tornare in Consiglio dei ministri ed essere approvato in via definitiva "con i contributi che saranno arrivati dai vari soggetti pubblici, privati e istituzionali".
Le consultazioni, ha spiegato il ministro dello Sviluppo economico Flavio Zanonato, coinvolgeranno "sia le regioni, sia le parti sociali e le associazioni". Il documento che sarà pubblicato questa sera "sarà una bozza per un grande confronto", ha aggiunto il ministro, auspicando un iter "veloce". "E’ un testo carico non solo di cose già fatte - ha proseguito Letta -, un primo punto di attrazione per gli investimenti, ma anche atti e proposte sulle iniziative con un cronoprogramma per la tempistica certa con cui vanno approvate".
E’ importante dare un segno forte al mondo di coloro che sono interessati a fare investimenti economici e finanziari" ha spiegato Letta. "Cominceremo anche un road show nelle principali piazze finanziarie ed economiche, la cui prima tappa sarà l’incontro a Wall street la prossima settimana, a cui seguirà una tappa nei Paesi del Golfo il 7-8-9 ottobre".
"Il nostro paese non ha paura della globalizzazione - ha sottolineato il presidente del Consiglio -, anzi vogliamo stare in questo sistema, con un modello che non è né l’outlet, in cui si svende tutto a poco prezzo, né forte Apache, in cui si difende con le unghie e coi denti tutto ciò che è italiano".
Con il Piano, "inizia un percorso di privatizzazioni, saranno capitoli di lavoro dell’autunno, faranno parte della nota di aggiornamento del Def (Documento di economia e finanza, ndr)", ha quindi annunciato Letta, puntualizzando che riguarderanno "cose che è giusto privatizzare, perché non sempre privato è meglio del pubblico", come si è visto in esempi passati. "Confermo che domani il Consiglio dei ministri approverà la nota di variazione al Def" ha aggiunto il premier.
In ogni caso, ha concluso Letta, Destinazione Italia "non guarda solo all’estero, ma anche gli investitori italiani che vogliono ritornare in Patria".
A questo proposito, il ministro Zanonato ha voluto puntualizzare come il Piano sia, sì, mirato all’attrazione di investitori esteri, ma favorirà anche gli investimenti delle imprese italiane, grazie a "molte misure che favoriranno anche gli investimenti interni". Le misure contenute nel provvedimento, ha assicurato il ministro, "tendono a facilitare il sistema complessivo di investimenti nel nostro Paese. Ci saranno aumento di capitali, attuazione di una strategia energetica nazionale, aiuti alle ristrutturazioni aziendali. Il tutto attraverso un coordinamento dalla Presidenza del Consiglio", dei vari ministeri coinvolti e di "una governance unitaria affidata a Invitalia".
Il ministro degli Esteri Emma Bonino, a sua volta, ha anticipato che la rete diplomatica della Farnesina verrà modernizzata e potenziata in alcuni mercati, come la Cina, e ridimensionata altrove, ma di certo verrà messa "a disposizione di Destinazione Italia". "L’Italia ha tenuto e retto per l’export e nonostante tutto per la capacità delle nostre imprese. Ma sappiamo che sull’attrazione di capitali è molto fragile e debole" e per questo occorre cambiare qualcosa "anche per gli imprenditori italiani".
Come annunciato da Letta, il testo del provvedimento arriverà nel pomeriggio modificato in Cdm. La bozza del piano includeva una riflessione critica su come i beni pubblici siano mal sfruttati dallo Stato.
Spiagge, rivedere durata e criteri concessioni. "L’Italia non valorizza adeguatamente i beni pubblici in concessione. Ad esempio, le concessioni balneari garantiscono all’erario introiti soltanto per circa 130 milioni di euro all’anno. La lunga durata dei contratti di concessione limita la mobilità dei gestori e scoraggia gli investitori internazionali". E’ quanto si legge nella bozza del piano ’Destinazione Italia’, che suggerisce di "rivedere i criteri di assegnazione dei beni e la durata dei contratti, prevedendo gare che accrescano la concorrenza tra i diversi gestori. Anche la quantificazione dei parametri economici minimi per l’assegnazione deve essere adeguata ai valori di mercato correnti".
Baretta conferma: nel piano cessioni e privatizzazioni. "Il pacchetto ’Destinazione Italia’, approvato oggi in Consiglio dei ministri, conterrà anche le misure di cessione e privatizzazione di beni pubblici per ridurre il debito". Lo ha ribadito il sottosegretario all’Economia Pierpaolo Baretta, ospite a L’economia prima di tutto su Radio1 Rai. "Il capitolo riorganizzazione e valorizzazione patrimonio pubblico è fondamentale", ha spiegato Baretta, non smentendo le indiscrezioni circolate in questi giorni su possibili cessioni di Poste Vita e Ansaldo Energia, oltre che alla possibile quotazione di Fincantieri. "Sono singoli capitoli molto diversi tra loro, queste decisioni saranno il risultato della discussione da qui a ottobre; su questi capitoli il dossier è aperto ma le soluzioni vanno ancora definite".
QUANTO MANCA DELL’IVA - REPUBBLICA.IT
MILANO - Mentre in Italia la politica dibatte se aumentare o meno l’Iva, dal 21 al 22 per cento, dalla Commissione europea tornano a puntare il dito contro un fenomeno che vede primeggiare il Belpaese: l’evasione dell’imposta sui consumi e i relativi mancati introiti per il bilancio pubblico. Un conto che per l’Italia è il più salato tra tutti i Paesi del Vecchio Continente: alle casse dello Stato mancano 36 miliardi. I dati - anticipati da Le Monde e finalmente pubblicati da Bruxelles - sono relativi al 2011, quindi non proprio aggiornati, ma forniscono uno spaccato importante delle diversità che permangono tra i vari Stati membri nell’applicazione di questa tassa e di quanto i governi fatichino a raccogliere quanto è loro dovuto.
Secondo Bruxelles, in sostanza, commercianti e imprese in primo luogo non verserebbero quanto versato; d’altra parte andrebbero oliati i meccanismi d’incasso. Impattano poi insolvenze, bancarotte, ritardi nei pagamenti ed errori vari. Sta di fatto che in Europa (tra i 26 membri del 2011) sono mancati 193 miliardi di incassi da Iva (il cosiddetto Vat Gap), un punto percentuale e mezzo di Pil e ben il 17 per cento del valore teorico dell’imposta. Come mostra la tabella seguente, che nella prima colonna dopo i Paesi membri indica gli introiti per Iva, nella seconda quelli teorici e nella terza il valore dell’Iva non incassata (le ultime due rappresentano l’incidenza dell’Iva non incassata in rapporto al valore teorico complessivo dell’imposta e al Pil), l’Italia ha il Vat Gap maggiore: oltre 36 miliardi, il 2,1% del Pil (e nove volte il valore della manovra Imu sulla prima casa). Seguono Francia, Germania e Regno Unito: le principali economie fanno da sole la maggior parte dei mancati introiti Iva d’Europa.
Quello che dovrebbe allarmare ancor più l’Italia è che secondo le stime econometriche della Commissione la "conformità" all’Iva, cioè l’effettivo pagamento di quanto dovuto, crolla in particolare quando vengono aumentate le aliquote e quando i sistemi fiscali prevedono differenti scaglioni di aliquote e varie esenzioni (complicando così il controllo e allargando gli spazi per l’evasione). Gli introiti diminuiscono ovviamente in fase recessiva, come quella attuale: basta ricordare che nei primi sette mesi del 2013 l’Italia ha perso quasi tre miliardi di gettito sul 2012, per il crollo dei consumi, anche se il Mef ha sottolineato un’inversione di questa tendenza. Secondo Bruxelles, per ottenere il massimo dall’Iva ci vuole una doppia azione politica: regolamentazione (ad esempio ampliamento della base imponibile) e azioni di contrasto (deterrenti più forti contro l’evasione, il miglioramento verifiche e controlli).
Da non dimenticare, infine, quanto sia ancora frammentato il panorama europeo. In tabella il quadro complessivo, con riportate le aliquote principali e quelle ridotte, il numero di modifiche alla normativa, la percentuale media applicata alle famiglie e la quota di aziende esentata.
tabelle in http://www.repubblica.it/economia/2013/09/19/news/iva_la_beffa_dell_aumento_ma_mancano_incassi_per_36_mld-66872828/?ref=HRER2-1
CDM IN CORRIERE.IT
«Destinazione Italia è un piano di attrazione degli investimenti a cui diamo molta importanza, ci sarà una consultazione pubblica con soggetti istituzionali e pubblici, è importante dare un segno forte al mondo di coloro che sono interessati a fare investimenti economici e finanziari». Così il premier Enrico Letta, nel presentare a palazzo Chigi il provvedimento appena varato dal Cdm. «Cominceremo anche un road show nelle principali piazze finanziarie ed economiche, la cui prima tappa sarà l’incontro a Wall Street la prossima settimana, a cui seguirà una tappa nei Paesi del Golfo il 7-8-9 ottobre».
IL MODELLO - «Il nostro Paese non ha paura della globalizzazione, anzi vogliamo stare in questo sistema, con un modello che non è né l’outlet, in cui si svende tutto a poco prezzo, né forte Apache, in cui si difende con le unghie e coi denti tutto ciò che è italiano», ha aggiunto il premier che ha spiegato come domani il Consiglio dei ministri approverà «la nota di variazione al Def». Con il piano «inizia un percorso di privatizzazioni» che riguarderà «cose che è giusto privatizzare perché non sempre privato è meglio del pubblico», come si è visto in esempi passati. Il presidente del Consiglio ha replicato ai cronisti anche sul previsto aumento dell’Iva: «Non ne abbiamo parlato in consiglio dei ministri, ci saranno altre occasioni per parlarne».
19 settembre 2013 | 14:01
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PAOLO RUSSO SULLA STAMPA DI STAMATTINA
Sull’Iva gli uomini di Saccomanni continuano a sfogliare la margherita. Ma tra le due ipotesi estreme, quella di far scattare da ottobre l’aumento dal 21 al 22% dell’aliquota ordinaria o di far slittare tutto di altri tre mesi, prende sempre più piede una soluzione intermedia: lavorare di cacciavite per spostare un po’ di beni dall’aliquota agevolata del 4 a quella media del 10, facendo traslocare qualcosa anche da questa verso l’aliquota ordinaria del 21%. Gli aumenti potrebbero scattare per l’edilizia e alcuni generi alimentari giudicati di non primaria necessità. Nel mirino finirebbero anche le operazioni finanziarie, come acquisto di azioni, obbligazioni, valuta estera o investimenti in oro, che per una facoltà concessaci dall’Europa l’Iva oggi non la pagano proprio. Un’esenzione che potrebbe lasciare il passo ad una aliquota, magari agevolata.
Peccato che questo rimescolamento del paniere porti meno della metà del miliardo atteso (e già speso) da qui a fine anno, lasciando così un buco di oltre 2 miliardi per il 2014. Ecco allora rispuntare i soliti ritocchi delle accise. Non quella sulla benzina, che infiammerebbe l’inflazione, ma sicuramente quelle su tabacchi, alcolici, giochi, sigarette elettroniche ad altro ancora. La verità è che al Tesoro considerano una mission impossibile trovare i 4,5 miliardi che servono nei prossimi tre mesi per finanziare Imu, Iva, Cig e missioni all’estero. Che se calcolati su base annua diventano la bellezza di 18 miliardi. A qualcosa, dicono all’Economia, bisognerà pur rinunciare. Ma il Tesoro sta caricando anche un’arma di riserva. Ad alto rischio di detonazione politica: il ritorno al pagamento dell’Imu sulle prime case nei centri storici e nei quartieri “bene” delle grandi città. Le agenzie del territorio le hanno già censite nelle cosiddette “micro zone Omi”, che catalogano gli immobili a valori molto più vicini a quelli di mercato rispetto al vecchio catasto. Il blitz avverrebbe con un emendamento proprio al decreto che ha abrogato l’Imu sulle abitazioni principali. Il gettito non andrebbe però a scongiurare i micro-aumenti dell’Iva ma foraggerebbe gli stanziamenti che a fatica si sta cercano di racimolare per la riduzione del cuneo fiscale.
NADIA FERRIGO SULLA STAMPA DI STAMATTINA
Incredule più che deluse, le associazioni di categoria seguono la partita del governo sull’aumento Iva da bordo campo, invocando uno scatto verso la ripresa che pare non dover arrivare mai. Giovanni Cobolli Gigli, presidente di Federdistribuzione, snocciola i numeri di una sventura annunciata: «Gli italiani dovranno spendere circa quattro miliardi in più. Tre graveranno sulle spalle sui consumatori, incidendo molto sui prezzi dei prodotti alimentari: un mercato che in un anno ha già perso il tre per cento. Dal 2008 a oggi la fiducia dei consumatori è crollata, il rialzo arriva proprio quando si iniziava a vedere qualche segnale positivo». Speranza vana: niente fiducia, niente ripresa.
Conferma Paolo Martinello, presidente di Altrocosumo: «Anche se l’Iva non aumenterà su tutti i prodotti la percezione sarà di un aumento generalizzato, con l’effetto deleterio di disincentivare i consumatori». «Il rialzo non riguarda beni di prima necessità come pasta o pane, ma coinvolge molti prodotti di largo consumo - aggiunge Giuseppe Politi della Confedarazione italiana agricoltori -. Consideriamo anche l’incremento del carburante, avrà effetti pesanti: per arrivare dal campo alla tavola, l’85 per cento degli alimenti viaggia su gomma».
Pensare che per scongiurare la catastrofe basterebbe. «Mi chiedo come sia possibile con una spesa di 810 miliardi non riuscire a trovarne uno per detassare i consumi, che sono la base della crescita – si chiede Giuseppe Bortolussi della Cgia di Mestre. «Questa storia è incredibile – fa eco Luigi Bordoni, presidente di Centromarca -. Mi chiedo cosa manca alla nostra classe politica, se la volontà o la capacità di governare il paese. Non si capisce perché famiglie e imprese siano costrette a stringere sempre di più la cinghia, mentre l’amministrazione pubblica non ne è capace. Quando il governo metterà davvero mano alla spesa, come farebbe un buon capitano d’industria?». «E’ una notizia spiacevole e improvvisa – conclude Cobolli Gigli -. E’ ridicolo pensare che tutto accade per un solo miliardo. Troppo poco è stato fatto. Un esempio? Il nostro paese ha un patrimonio immobiliare costoso e inutilizzato, non si potrebbe liberare i cespiti più in fretta e ricominciare da lì?».
PEZZO DI ROBERTO GIOVANNINI SULLA STAMPA DI OGGI
Pd e Pdl se le erano promesse le mazzate al momento del varo della riforma dell’Imu. Non sorprende dunque nessuno il fatto che arrivati all’Ora X quando cioè il governo deve finalmente decidere che cosa fare del già deliberato rincaro dell’aliquota Iva del 21% - lo scontro politico all’interno della «strana maggioranza» diventi al calor bianco. Anche perché dopo l’intervento del Commissario europeo agli Affari monetari Olli Rehn è chiarissimo che il governo non ha più assolutamente margini di manovra per trovare le risorse necessarie con dei «trucchi». O con soluzioni contabili che non siano a prova di bomba. Anche se l’Iva al 22% non la vuole proprio nessuno, dopo lo sforzo estremo compiuto per cancellare l’Imu 2013 sulle prime case di risorse disponibili non ce ne sono.
La prima bordata è arrivata da Renato Brunetta, presidente dei deputati del Pdl. «È bastata la visita di un giorno a Roma di Rehn, con le sue inopportune dichiarazioni - ha attaccato - che tutti adesso reputano inevitabile l’aumento dell’Iva a ottobre. Pare che anche qualcuno all’interno del governo se ne sia convinto. Gli accordi di maggioranza prevedevano che non aumentasse l’Iva a ottobre, e così sarà. Altrimenti non ci sarà più la maggioranza». Gli ha replicato il suo tradizionale antagonista, il viceministro Pd all’Economia Stefano Fassina: «L’aumento dell’Iva dal primo ottobre peserebbe negativamente sull’economia, non c’è dubbio. Va evitato, ma non vi sono gli spazi di finanza pubblica per affrontare entro la fine dell’anno Iva, Imu, cassa integrazione in deroga, missioni internazionali e interventi per rispettare il limite del 3% di deficit sul Pil. Un impegno, si ricordi, assunto dal governo Berlusconi, non da Letta o Saccomanni». Insomma, ha detto Fassina, meglio rivedere la decisione sull’Imu, rimettendo l’Imu per il 10% delle prime case «ricche». Ne uscirebbe un miliardo per l’Iva e uno per ridurre l’Imu sui beni strumentali delle imprese. «Fassina perde il pelo ma non il vizio», ha insistito Brunetta che ha parlato di «dichiarazioni irresponsabili». Altri attacchi sono arrivati da Renato Schifani e Daniele Capezzone.
Il governo discute, ma intanto oggi in Consiglio dei ministri si potrebbe esaminare un’armonizzazione dell’imposizione Iva su quei prodotti «plurialiquota» come il pane. Lanciano l’allarme le associazione dei commercianti: Confcommercio delinea le conseguenze, che ritiene letali, dell’aumento, che «amplificherebbe la già drammatica situazione dei consumi». Per la Confesercenti, «il gettito calerà e quindi l’operazione aumento Iva, che sia palese o che sia “mascherato” attraverso la formula degli spostamenti dei beni fra le aliquote, divenga un boomerang che contribuirà ancora di più a fare del nostro Paese l’unico ancora in recessione». Più tranquilli i sindacati, che con Raffaele Bonanni (Cisl) chiedono che il governo soprattutto riduca «fortemente le tasse sul lavoro, sulle pensioni e sulle imprese che investono».
SALVIA SUL CORRIERE DI STAMATTINA
ROMA — Dovrebbe salire al 3,1% il rapporto per il 2013 tra il deficit tendenziale e il Pil, il Prodotto interno lordo, nella nota di aggiornamento al Def, il Documento di economia e finanza, che verrà presentata domani in Consiglio dei ministri. Un peggioramento rispetto al -2,9% del precedente testo di aprile, che però secondo il Tesoro non dovrebbe portare ad una manovra correttiva. Per restare sotto la soglia del 3% basterebbero una serie di aggiustamenti che fonti del governo giudicano di minimo impatto. Lo 0,1% del Pil vale un miliardo e mezzo di euro, qualcosa in più di quanto necessario per evitare l’aumento dell’Iva, intervento al quale non a caso il governo sembra aver rinunciato. Ma è possibile che venga rallentato anche il ritmo dei pagamenti dei debiti della pubblica amministrazione, capitolo sul quale il governo ha da poco aggiunto altri 10 miliardi di euro.
Non è l’unica sorpresa che potrebbe entrare nel documento che arriverà domani sul tavolo di Palazzo Chigi. È possibile che il pareggio di bilancio strutturale venga raggiunto non più nel 2013, come stabilito finora, ma solo l’anno prossimo. Perché? Il pareggio viene calcolato sulla base del cosiddetto Pil potenziale, cioé quello previsto che però, a causa della crisi, viene costantemente rivisto al ribasso al momento dei conti effettivi. Lo stesso commissario europeo Olli Rehn, nella sua visita a Roma, ha detto che l’Italia è in linea con questo obiettivo per il 2014 senza fare cenno al 2013. Nessun problema per Bruxelles, insomma. Nonostante il pareggio sia uno dei capisaldi del cosiddetto Fiscal compact, sia stato per mesi al centro del dibattito politico e sembrasse la medicina per tutti i mali italiani al punto che, anche se con formula sfumata, l’abbiamo portato addirittura in Costituzione.
Altro nodo le previsioni per il Pil 2013. Ieri Standard and Poor’s ha reso nota la sua stima, -1,9% contro il -1,3% finora previsto dal governo. Quale sarà il valore indicato domani? Logica vorrebbe che sia intorno a quota -1,6/1,7%, visto che dopo il primo semestre l’Istat dava per acquisito un calo dell’1,8% su base annua e lo stesso ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni ha detto più volte di aspettarsi una leggera ripresa negli ultimi mesi dell’anno.
Anche oggi si riunirà il Consiglio dei ministri, ma per discutere «Destinazione Italia», piano per attirare gli investimenti esteri sotto forma di documento programmatico aperto alla consultazione pubblica che entro un mese si trasformerà in un decreto legge. A ottobre toccherà invece alla legge di Stabilità, dove il ministro del Lavoro Enrico Giovannini vorrebbe mettere il primo mattone del Sia, il sostegno per l’inclusione attiva rivolto alle famiglie più povere. Costo previsto almeno 1,5 miliardi di euro.
Lorenzo Salvia