Andy Mukherjee, La Stampa 19/9/2013, 19 settembre 2013
GLI EMERGENTI HANNO UN DEBITO TROPPO ALTO CON LE BANCHE ESTERE
I mercati emergenti devono alle banche straniere 5,8 mila miliardi di dollari. Ciononostante, essi sono meno vulnerabili alle improvvise fughe di capitali di quanto non lo fossero due decenni fa. Pari a circa il 20% del Pil complessivo dei Paesi interessati, il debito è imponente. Per di più, secondo i dati recentemente pubblicati dalla Banca dei regolamenti internazionali (Bri), il buco è cresciuto del 48% in appena quattro anni. Alcuni investitori temono il ripetersi di una serie di crisi della bilancia dei pagamenti come accadde negli anni ’90, quando gli istituti di credito stranieri si gettarono a capofitto in Messico e nei Paesi del Sud-est asiatico, ma questo solo per fare un improvviso quanto brusco dietrofront subito dopo. Tuttavia, stavolta, la situazione potrebbe essere diversa, e non solo perché i mercati emergenti possiedono riserve di valuta estera per 7,5 mila miliardi.
Sebbene i tassi di interesse Usa, in aumento, stiano ancora una volta mettendo sotto pressione le divise di mercati emergenti, infatti, è improbabile che le banche internazionali esasperino la penuria di finanziamenti con la stessa brutalità dimostrata in passato. E questo perché il 40% dell’esposizione di questi istituti di credito verso i Paesi emergenti – pari a 3,45 mila miliardi di dollari – consiste in prestiti erogati in valute locali dalle loro filiali all’estero. Prima della crisi asiatica del 1997, lo stesso dato era inferiore al 20%. Perfino tra le banche straniere i prestiti in valute locali sono più stabili dei crediti denominati in altre divise. Nei due anni conclusisi a giugno 1999, i prestiti in valute straniere erogati dagli istituti di credito americani, britannici, tedeschi, francesi, svizzeri e giapponesi verso le economie asiatiche in via di sviluppo sono crollati del 24%. Da allora, le attività di queste banche in Asia sono cresciute dell’1,4%. Più recentemente, nei due anni che hanno seguito la crisi del 2008, l’Europa orientale ha visto un crollo dei prestiti provenienti dallo stesso gruppo di banche del 30%. I tagli operati dagli stessi istituti alla propria esposizione denominata nella valuta del loro Paese d’origine sono stati pari a meno della metà di suddetta cifra.