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 2013  settembre 19 Giovedì calendario

L’ULTIMA LETTERA DI PAOLA: “QUESTO MONDO MI FA PAURA”


L’ultima lettera dimostra che la famiglia non c’entra. «Cara mamma e caro papà, so del male che sto per farvi. Ma il male che ho subito e fatto mi ha disgustato. La colpa di tutto sono esclusivamente io. È un mondo troppo brutto per poterlo sopportare a lungo. Non datevi la colpa l’un l’altro, io vi amo. Ma questo mondo mi fa paura». Paola Vairoletti è diventata il centro dell’inchiesta. Paola che aveva 18 anni e scriveva di essere «satanista». Paola che si lanciò dalla cisterna dell’acquedotto di Savigliano la notte del 7 dicembre 2004, dopo tre giorni di fuga e mistero. Andava al Liceo Soleri di Saluzzo, allieva del professor Valter Giordano, arrestato il 21 agosto con l’accusa di violenza sessuale «con abuso di autorità» nei confronti di due studentesse minorenni. E già per la morte di Paola a maggio 2013 - era stato iscritto nel registro degli indagati con l’accusa di «istigazione al suicidio».

Per spiegare «il male» e «la colpa» che Paola Vairoletti sentiva in maniera insostenibile, finora sono state avanzate tre ipotesi. Tre piste. Raccontate in paese, ancora prima che nelle carte dei carabinieri. La pista esoterica-satanica nasce in considerazione dell’ex fidanzato di Paola, un ragazzo che faceva parte di una specie di setta. Con Paola condivideva l’attrazione per la filosofia, «l’oscurità» e molti pensieri cupi. C’è poi la pista legata al rapporto con il professore di Italiano, con cui Paola Vairoletti era sicuramente in confidenza. A casa di Giordano i carabinieri hanno sequestrato lettere e appunti sull’agenda. Gli estremi della questione sono ben rappresentati da due distinti atti giudiziari. «È probabile che i rapporti con Paola Vairoletti fossero simili a quelli con X e Y ( le due vittime del professore)», scrive il gip nell’ordinanza di custodia cautelare. Mentre Valter Giordano, interrogato per quattro ore dal pm Cristina Bianconi, mette a verbale: «Con Paola avevo un rapporto esclusivamente intellettuale. Non sono mai stato con lei o con altre allieve».

Infine c’era, nell’aria, perfida come tutte le illazioni, la terza pista: quella famigliare. Raccontava di un padre «molto bigotto e autoritario», di rapporti difficili, incomprensioni, liti. Ed eccolo qui, per la prima volta, il padre. Dopo nove anni di disperazione e preghiere, parla Renato Vairoletti. «È vero - dice - avevo un rapporto conflittuale con Paola. Ma provate a mettervi nei miei panni... La vedevo irriconoscibile. Rannicchiata sul letto della cameretta con le finestre sempre chiuse. Al buio. Stravolta. Una notte è tornata a casa dopo aver vagato nelle campagne in stato confusionale. Cercavo solo di capire. Avrei voluto aiutarla in qualsiasi modo. In tutto questo tempo non ho mai smesso di chiedermi in che cosa ho sbagliato. Non ho mai smesso di cercare la verità».

Sono stati nove anni indicibili. «I primi mesi prendevo psicofarmaci e sonniferi, non dormivo più, non mangiavo, stavo impazzendo. La mia strada era scontata. Sono entrato nella comunità di Suor Elvira per una settimana. Quella esperienza fra gente che soffre, a contatto con la provvidenza, mi ha donato la vita. Altrimenti non sarei qui. In comunità mi chiamavano tutti “Rinato”. Ed è vero, avevano ragione. È proprio così. Io sono nato una seconda volta».

Il padre di Paola sta facendo il percorso per diventare diacono. La madre ha fondato un’associazione che si chiama «Cielo in terra», per stare vicina a tutti i genitori che hanno passato la loro stessa tragedia. Entrambi non girano intorno alle parole: «Dicono che siamo bigotti, e va bene. Per noi non è un’offesa. Pregare ci ha salvato».

Il mistero di Paola è ancora intatto. Ma forse adesso c’è una speranza. Nuovi accertamenti sui tabulati telefonici. Nuovi testimoni. La famiglia Vairoletti si è rivolta all’avvocato Chiaffredo Peirone, che dice: «La magistratura sta facendo il suo lavoro, siamo fiduciosi». È il primo barlume di luce. «Noi speriamo che sia davvero la volta buona - dicono i genitori di Paola continuiamo a chiederci perché quella sera sia uscita senza avvisarci come le altre volte. Chi l’ha ospitata? Con chi ha trascorso le ultime ore della sua vita?».