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 2013  settembre 19 Giovedì calendario

CHI VA IN TV RISPETTI L’ITALIANO

Giuseppe Patota è docente di Linguistica italiana all’Uni­versità di Siena-Arezzo, au­tore di numerosi trattati e direttore scientifico del Dizionario Garzanti. Uno che... la grammatica è una co­sa seria, direbbe il conduttore di qualche trasmissione televisiva.
Ma anche uno che con la gramma­tica si diverte, a cominciare dall’a­bitudine di raccogliere, da vecchi e nuovi media, gli svarioni dei politi­ci, dei personaggi dello spettacolo, dei giornalisti. A consultare i suoi appunti personali si trovano cita­zioni di tutti i tipi: da Roberto Sa­viano che su Twitter scrive «Qual’è», a Beppe Grillo che in un videomessaggio ripete per due vol­te la parola «liquefando», passan­do per Flavio Briatore che twitta «arrabiarmi», Pierluigi Diaco che coniuga «tu conobbi» invece di «tu conoscesti», Mariastella Gelmini che in Parlamento dice «sotto l’egi­da del governo Prodi» pronuncian­do la parola ’egida’ con l’accento sulla ’i’. Per non dire di Luigi De Magistris, che su Twitter più volte scrive «anno» e «a» come voci del verbo avere e di Ales­sandro Sallusti che cade sui «governanti grechi».
È anche per loro che, e­dito da Laterza, ha scritto il ’Prontuario di grammatica. L’italiano dalla A alla Z’, che in questi giorni troviamo in libreria?

«Diciamo che il volu­metto vuole smentire due luoghi comuni: che i dubbi linguistici tro­vino più rapida e facile risposta dalla consultazione sul web; che i libri di grammatica debbano esse­re necessariamente ipertrofici».

Risultato?

«Che in sole 180 pagine sono pre­sentati in ordine alfabetico circa 1.000 argomenti e dubbi relativi a tutti gli aspetti e livelli della lingua italiana. La consultazione rapida è garantita dal fatto che le questioni sono ordinate in ordine alfabetico e rispetto al web (dove spesso si trovano risposte diverse a singoli problemi) si offre la certezza scien­tifica della risposta, con tutti i ri­mandi per gli approfondimenti del caso: ortografici, fonetici, morfolo­gici, sintattici... Insomma, una grammatica ’leggera’ e ’amiche­vole’. Sì, queste due parole le met­ta pure fra virgolette...».

Due concetti che devono valere anche per l’insegnamento?

«La conoscenza della grammatica è fondamentale, ma spesso l’inse­gnamento per essere più efficace dovrebbe essere essenziale e snel­lo... perdersi nella pletora dei com­plementi, per esempio, può essere utile solo a chi studia latino e non sempre».

Prima si diceva degli strafalcioni dei personaggi pubblici, ma anche nelle chiacchiere per strada sono all’ordine del giorno.

«È proprio per questo che l’errore dei personaggi pubblici è da cen­surare. Loro hanno il dovere di e­sprimersi in modo da rispettare la nostra lingua nazionale».

Vale anche per l’uso eccessivo del­le parole straniere?

«Ci sono parole straniere, come al­cuni anglicismi, che sono utili e in­dispensabili, ma se si usano ’fa­mily day’ o ’election day’ invece dei corrispettivi italiani si cade nel più puro provincialismo. Per que­sto chi ha responsabilità pubbliche dovrebbe fare grande attenzione».

Dove si annidano i cattivi maestri?

«Ci sono numerose trasmissioni televisive che utilizzano un italia­no discutibile, ridotto all’osso, fat­to di espressioni che si ripetono sempre uguali fino alla noia come ’talentuoso’, ’mi arriva’, ’non mi arriva’...».

Pensa a qualche programma in particolare?

«Penso a certi talk show, a certi contenitori pomeridiani, a certe trasmissioni, musicali e non, che spesso si rivolgono a un pubblico giovanile.

Sono programmi che mortificano la ricchez­za espressiva della no­stra lingua. Ci sono conduttori e personag­gi televisivi che usano di continuo l’avverbio ’assolutamente’ come risposta alle domande, senza sapere che in questo modo non dan­no risposta. Anzi, ci sono decine di programmi tv che ci propinano tre sole risposte possibili: ’assoluta­mente’, ’affatto’, ’ok’».

Non tutta la tv è così sciatta.

«È vero. L’italiano utilizzato nelle trasmissioni di Angela e Mirabella, per esempio, è sempre di ottimo li­vello, garbato così come lo sono i conduttori, a differenza dell’italia­no ’maleducato’ povero e litigioso di altri programmi. Anche l’italia­no degli sceneggiati (ormai si dice ’fiction’), di tanti telefilm nelle tra­duzioni dall’inglese è di qualità. Lo dimostra ’Gli italiani del piccolo schermo’, una ricerca condotta da Gabriella Alfieri dell’Università di Milano e Ilaria Baroni dell’Univer­sità di Catania, dalla quale emerge, fra le altre cose, che i Simpson non sbagliano un congiuntivo».

La colpa è anche della scuola?

«Se vado a vedere, per quel che ri­guarda l’insegnamento dell’italia­no, gli obiettivi di apprendimento dei licei (inseriti in quelli che una volta erano semplicemente ’i pro­grammi’ e oggi si chiamano le ’li­nee guida’ o ’indicazioni naziona­li degli obiettivi specifici di ap­prendimento’), noto che sono ot­timi, anche ambiziosi, ma se penso che devo­no essere raggiunti con 4 o 5 ore settimanali da dividere fra lingua e letteratura... Come è possibile per un inse­gnante? È come prova­re a sparare cannonate con una pistola ad ac­qua ».

Il problema è il liceo?

«Sì, ma tutti i licei, non solo il classico, perché dobbiamo imparare ad assicurare una scuola che funzioni in tutte le sue decli­nazioni. Dobbiamo puntare di più sulla scuola. Invece viviamo in una società in cui la professione del­l’insegnante è sempre meno valo­rizzata: professionalmente ed eco­nomicamente ».

Anche l’università, però...

«L’università deve sfornare inse­gnanti più preparati e più capaci di insegnare. Per questo dico che le facoltà non inseriscono un nume­ro sufficiente di crediti formativi legati a materie come Linguistica i­taliana, Linguistica generale, Di­dattica delle lingue moderne...»