Massimo Vincenzi, La Repubblica 18/9/2013, 18 settembre 2013
LA GRANDE INSONNIA
Il sogno americano è un incubo rimpicciolito dalla Grande Depressione e pure il sonno segna il suo minimo storico, con l’ultima ricerca del Centers for Disease Control and Prevention, l’istituto della salute Usa, che fotografa una nazione nevrotica, ad occhi aperti nel cuore della notte, incapace di riposare senza ricorrere ai sonniferi. La cifra è un record storico: li usano nove milioni di persone con un aumento in dieci anni del 7,6 per cento. Un dato empirico, impreciso per difetto, perché non tiene conto della maggioranza nascosta che ricorre a medicinali per i quali non serve la ricetta (che non sempre sono più blandi): qui gli appassionati sono oltre 15 milioni, ma le statistiche si basano sull’intuizione.
Monya ha 45 anni, i capelli biondi quasi bianchi e fa la gallerista nel Lower East Side, dove si stanno spostando molti imprenditori dell’arte stritolati dai prezzi di Chelsea. Lisa supera di poco i 50 e fa l’insegnante in una scuola del Queens.
È da poco passata l’alba di una fredda domenica mattina di settembre, loro sono nella sala d’attesa di un Duane, la catena di farmacie dove è possibile trovare un dottore quasi a qualsiasi ora. In questa, un isolato sopra Times Square, il medico arriva anche nei giorni di festa e l’attesa è lunga: «Io sono passata dall’Ambien al Lunesta, mi fa stare meglio soprattutto non ho mal di testa il giorno dopo», «No, io no: l’Ambien non lo mollo per niente al mondo. Sono qui anche se a casa ho due scatole ancora intatte, il pensiero di finirlo mi toglie il sonno».
La battuta involontaria non fa ridere nessuno. L’insonnia è “l’epidemia del nuovo Millennio”, come viene battezzata. Le due donne sono lo specchio perfetto della ricerca, l’identikit del consumatore infatti è femmina (il 5 per cento contro il 3 per cento dei maschi), di razza bianca (il 5 per cento contro il 2,5 per cento degli afroamericani e il 2 dei latinos) e con una buona istruzione (i laureati vincono su tutte le altre categorie). La notte è infinita per il 48 per cento degli americani, per il 22 per cento è un disturbo cronico. Non va meglio in Europa dove un inglese su nove dichiara di dover ricorrere ad aiuti chimici, lo stesso per il 20 per cento dei francesi. In Italia i farmaci della famiglia delle benzodiazepine (ansiolitici, sonniferi e sedativi vari) sono nella lista dei più gettonati largamente davanti persino al Viagra. Nel 2012 la spesa è stata di 9 euro a persona e ogni giorno vengono consumate 53,7 dosi ogni mille abitanti con un dato in lenta ma inesorabile crescita. Anche qui difficile fare calcoli precisi ma gli esperti danno per assodato che ne fa un uso regolare un italiano su dieci. Nella top ten dei medicinali più venduti negli Stati Uniti ci sono tre noti sonniferi per un giro d’affari di oltre 16 miliardi di dollari: «È la cultura della pillola», secondo una fortunata definizione.
Ana Krieger è un medico che lavora al Weill Corner Center di New York, al Wall Street Journal spiega: «I problemi legati alla mancanza di sonno sono molto più diffusi di quanto i numeri ci spieghino. Molti non ne parlano, cercano soluzioni empiriche oppure sono rassegnati con conseguenze gravi». Le cause sono diverse. Ci sono quelle note: la caffeina, le sigarette, l’alcol, la poca attività fisica, il troppo peso. Ma ci sono fattori nuovi che emergono dagli ultimi studi. Un’inchiesta di The Salon racconta come la depressione (una delle spine notturne) non sia mai stata così diffusa come in questo periodo. Gli psicofarmaci negli ultimi venti anni hanno avuto un boom del 400 per cento, 1 americano su 76 soffre di problemi mentali, nel 1987 il rapporto era di 1 a 184. La definizione coniata da un team di psicologici ha il dono della sintesi: è colpa “della delusione di massa”, abbiamo alzato troppo l’asticella delle nostre aspettative, vogliamo sempre di più e così ogni giorno sbattiamo l’anima contro gli spigoli di una vita complicata, mai all’altezza delle speranze. Così perdiamo il sonno.
L’altra causa è la Grande Crisi che negli ultimi cinque anni ha stravolto non solo l’economia ma anche la natura stessa della società: «La generazione dei cinquantenni adesso è la più colpita. Sono come fette di carne in mezzo ad un panino, da una parte hanno genitori anziani con aspettative di vita più lunghe ma bisognosi di assistenza. Dall’altra ci sono i figli che non trovano più lavoro e rimangono in casa anche dopo aver fatto l’università. Inoltre vedono il loro reddito calare e il futuro è un’immagine tutt’altro che felice. Questo diventa stress, ansia, paura che trasformano il riposo in una tortura», sostiene in un dibattito televisivo su Fox- News Yinong Chong uno degli studiosi che ha condotto la ricerca del Cdc.
Infine paghiamo la dipendenza dai dispositivi elettronici. Un sondaggio della Potter’s Herbal, un colosso dell’erboristeria inglese, mostra che il 44 per cento delle persone usa il tablet a letto, il 14 per cento consulta le e-mail e i messaggini prima di addormentarsi e il 18 per cento tiene lo smartphone in carica sul comodino: «Il modo perfetto per non prendere mai sonno. La nostra attenzione viene continuamente stimolata sia sotto il profilo visivo con le loro luci, sia per quanto riguarda la capacità di comprendere quello che leggiamo. Il nostro cervello accumula energia e non si spegne mai», sostiene Ana Krieger.
I numeri non sono innocui. Le associazioni di specialisti Usa davanti a queste cifre lanciano l’allarme e aprono un nuovo inquietante capitolo: «La verità è che i sonniferi servono a poco, anzi i loro effetti sono spesso più dannosi che utili», dice all’Huffington Post Daniel Kripke dell’University of California a San Diego. Nel 2012 autore di uno studio molto contestato dalle grandi case farmaceutiche: «Tutti pensano che l’insonnia abbia effetti negativi sulla salute ed in parte è vero, ma se si mettono in relazione le varie ricerche si scopre che le colpe sono delle medicine prese per evitarla». Sotto la sua lente sono passate 33mila cavie e i risultati lasciano spazio a pochi dubbi: tra i consumatori abituali aumenta il rischio di ammalarsi di cancro sino a cinque volte di più e le ore di sonno guadagnate sono irrisorie. Inoltre le prestazioni del giorno dopo sono messe a repentaglio da perdita di memoria, difficoltà comportamentali, una ipersensibilità alle allergie, guai respiratori: cresce persino il numero di incidenti stradali. Ma quel che è peggio aumenta la depressione, ovvero il rimedio che diventa la causa del male: «È un cortocircuito vizioso dal quale dobbiamo uscire». In questi giorni si muove anche la Food and Drug Administration che ottiene di abbassare le dosi di alcuni sonniferi e invita a scrivere istruzioni sempre più chiare ed esaustive sulle loro confezioni.
«Quando un mio paziente viene da me e mi chiede aiuto, come prima cosa io faccio di tutto per dissuaderlo dall’iniziare a prendere sedativi»: dice Nancy Collop, presidente dell’American Academy of Sleep Medicine, che aggiunge: «Dobbiamo sforzarci di spiegare loro che adesso ci sono tanti altri rimedi più validi e meno pericolosi». La pubblicistica per “dormire bene” è la nuova moda cult, gli scaffali delle librerie sono pieni di manuali, su internet c’è una giungla di siti. L’Huffington Post ha pubblicato un piccolo vademecum la settimana scorsa e per giorni è stato l’articolo più cliccato. Le contromisure vanno da quelle tradizionali (bagni caldi, letto rifatto di fresco) a quelle più innovative come lo yoga, una ginnastica speciale per rilassare i muscoli e l’aromaterapia.
Sono le undici, il vento ha spazzato le nuvole, adesso è una bellissima giornata di sole ancora estivo. Monya aspetta che la nuova amica Lisa esca dallo studio del medico anche lei con la magica scatoletta: «Fanno male? Non lo so e francamente non mi importa. A me fa peggio svegliarmi angosciata alle due del mattino. Per anni ho provato i consigli della nonna e pure quelli degli esperti. Tutto inutile, non c’è abluzione o incenso che mi aiuti e quando sei lì, da sola, puoi solo sperare che il tempo passi in fretta e che domani vada meglio».