Enrico Franceschini, La Repubblica 18/9/2013, 18 settembre 2013
EUROPA, LA BATTAGLIA DEL VELO “A PROCESSO CON IL NIQAB VOLTO SCOPERTO PER DEPORRE”
LONDRA — Una donna di fede musulmana deve togliersi il velo per deporre in un’aula di giustizia, ma può indossarlo durante ogni altro momento del processo. È la decisione salomonica presa da un giudice inglese che ha stabilito un precedente su come affrontare una questione delicata e controversa nella più multietnica nazione d’Europa. Generalmente più tollerante di altri paesi del continente, la Gran Bretagna indica così una soluzione a metà strada tra il bando totale e il relativismo assoluto, con una scelta improntata al desiderio di proteggere sia lo stato di diritto che la libertà di religione.
Pronunciato davanti al tribunale londinese di Blackfriars (non lontano dal ponte “dei frati neri” dove fu ritrovato impiccato il “banchiere di Dio” Roberto Calvi), il compromesso architettato dal giudice Peter Murphy riguarda una donna identificata pubblicamente soltanto come “D”: una musulmana britannica di 22 anni residente a Londra, imputata di intimidazione di un testimone in un altro procedimento. Il suo avvocato ha fatto presente al magistrato che, in base all’Islam, la donna non può mostrare il volto in pubblico e perciò chiede di indossare il niqab, il velo che lascia scoperti soltanto gli occhi (a differenza del burqa, che copre anche quelli), per tutto il processo. Il giudice ha obiettato che vedere il volto di un imputato mentre depone è un fattore importante per valutarne la credibilità, ma si è anche detto favorevole a rispettare il più possibile «ogni manifestazione di convinzioni religiose».
Dunque come armonizzare l’articolo 9 della convenzione europea sui diritti umani con l’interesse pubblico a condurre un processo secondo lo stato di diritto? Il giudice ha deciso che la donna dovrà mostrare il volto a lui stesso, agli avvocati dell’accusa e della difesa, e alla giuria, mentre viene interrogata; ma potrà rimettersi il niqab per ogni altra fase del processo. Inoltre ha vietato ai disegnatori che fanno i ritratti degli imputati per conto dei giornali (nel Regno Unito fotografi e cameramen non sono ammessi in aula) di ritrarre la donna a volto scoperto. Lo stesso giudice due giorni prima aveva risolto salomonicamente un altro problema: come identificare l’imputata. Soluzione: una donna poliziotto ne ha verificata l’identità (senza il velo) in una saletta attigua e poi ha giurato in aula che la donna con il velo era la persona messa sotto processo.
Complicato? Un po’: ma l’era del multiculturalismo richiede talvolta soluzioni di complesse. I tabloid della destra xenofoba festeggiano comunque l’obbligo di deporre senza niqab e vogliono di più: il Sun chiede che il velo sia bandito non solo nei processi ma pure in scuole, ospedali, aeroporti e banche. Perfino l’ex-ministro degli Esteri laburista Jack Straw domanda norme più severe contro niqab e burqa. Il Muslim Council of Britain, l’associazione che rappresenta 2 milioni di islamici britannici, si augura invece un dibattito nazionale sull’argomento «senza isterismi ». E la questione spacca il governo: il premier conservatore David Cameron metterebbe il bando al velo nelle scuole frequentate dalle sue figlie, il vicepremier liberaldemocratico Nick Clegg è contrario «a dire alla gente come deve vestirsi». Commenta un columnist del Times: «Il niqab sarà anche una barriera anti-britannica, ma il divieto di portare il velo sarebbe altrettanto anti-britannico».