Piero Bianco, La Stampa 18/9/2013, 18 settembre 2013
TOYOTA DÀ L’ADDIO ALL’UOMO DELLA SVOLTA
È rimasto nel board fino a cent’anni, compiuti una settimana fa, con la carica di honorary advisor e la forza di consigliare fino all’ultimo i giovani manager. Eiji Toyoda si è spento ieri nella clinica aziendale poco distante dalla sede centrale e la Toyota è in lutto: perché con l’ex presidente che regnò dal 1967 al 1981 (restando poi consigliere d’amministrazione fino al ’94) se n’è andato l’uomo più importante nella storia dell’azienda, il «guru» che ha rivoluzionato la Casa giapponese, trasformandola da piccola realtà locale nel colosso internazionale che da anni contende a General Motors il ruolo di leader mondiale.
Eiji Toyoda, nipote del fondatore Sakichi e cugino di Kiiciro, cominciò nel 1945, con la carica di direttore, a lasciare un’impronta fondamentale nell’azienda automobilistica nata dalla Toyoda Automatic Loom che produceva telai tessili e che nel ’36 si era convertita alla costruzione di vetture di serie (Model AA).
Il cambio di denominazione risale al 1937: da Toyoda a Toyota, e le tre motivazioni sono perlomeno curiose. La prima è scaramantica, legata al fatto che in giapponese bastano 8 colpi di pennello per scrivere Toyota e il numero 8 è considerato portafortuna, come in Cina. Inoltre fu ritenuto opportuno separare la vita privata dei fondatori dalla struttura aziendale. Ma soprattutto era indispensabile semplificarne la pronuncia e renderla accessibile a livello globale, e quella «t» al posto della «d» dopo un accurato studio di marketing si rivelò una mossa azzeccata.
In quella realtà che andava ingigantendosi parallelamente allo sviluppo della mobilità a motore, Eiji Toyoda seppe precorrere i tempi e costituire le basi del colosso attuale. L’ingegnere giapponese si ispirò alla cultura del «fordismo», studiò attentamente la formula applicata a Detroit e la replicò con intelligenza, ottimizzandola e aggiungendo un elemento rivelatosi fondamentale: la qualità d’esecuzione. Sua l’invenzione del «Kaizen», un metodo produttivo tuttora seguito dall’azienda che consiste nell’applicare costanti innovazioni di processo e di prodotto in catena di montaggio, monitorate da un’equipe specializzata.
Significa coinvolgere i lavoratori nell’intero processo, motivandoli e rendendoli funzionali alla crescita. Resta il dubbio che soltanto in Giappone, dove la devozione al lavoro è sempre stata una religione, quel metodo potesse attecchire. In ogni caso i risultati furono straordinari, nacque la motorizzazione di massa nel Paese del Sol Levante e cominciò ad affermarsi nel mondo il concetto di «metodo Toyota» come sinonimo di massima efficienza e di irraggiungibile qualità. Soltanto nel 2010 quell’assunto vacillò, quando il presidente Akio Toyoda dovette pubblicamente scusarsi per i 7 milioni di vetture richiamate a causa di un problema all’acceleratore che aveva causato incidenti e morti, in qualche caso anche per errori del guidatore.
Da quel calo d’immagine la Casagiapponese è brillantemente (e rapidamente) riemersa, ricominciando a scalare le classifiche dei costruttori: fino a dicembre sarà un’altra volata con GM e Volkswagen per la leadership assoluta.
Eiji Toyoda ebbe un’altra geniale intuizione quando siglò un accordo tecnologico proprio con General Motors per inserirsi nel segmento dei modelli di lusso (quelli premium) tramite il marchio Lexus, diventato oggi anche il massimo paladino dell’alimentazione ibrida così di tendenza.