Massimo Gramellini, La Stampa 18/9/2013, 18 settembre 2013
MAL’ITALIA: I PARTITI NELLO STATO
Il Bene Comune in Italia è un male, perché è gestito dai partiti. L’ultimo schizzo di questa triste realtà emerge dalle carte del processo a Maria Rita Lorenzetti, l’expresidentedell’Umbriaarrestataperunastoriacciadiappalti che avrebbe ordito come presidente dell’Italferr. Ma vi sembra normale che al timone delle aziende pubbliche finiscano semprepersone «segnalate»dai partiti o dai sindacati?
Questa Lorenzetti è una dalemiana di ferro e fa parte di un sistema chiuso di potere che in tanti decenni ha prodotto un reticolo di favori, scambi e ricatti, coinvolgendo parenti e compagni in un gigantesco conflitto di interessi. Quando esaurisce i mandati da governatrice regionale, il Pd la sistema in un ente pubblico, finanziato dalle tasse dei cittadini ma i cui vertici vengono decisi dalla politica. Senza alcuna competenza specifica, Lorenzetti si ritrova a capo di Italferr, una società di progettazione del gruppo Ferrovie dello Stato, e da lì continua a fare quello che ha sempre fatto: il funzionario di partito che risponde al partito e alla conventicola d’affari.
Le intercettazioni telefoniche raccontano con precisione lancinante il sottobosco che soffoca la crescita e il futuro di questo Paese. C’è un geologo, Walter Bellomo, inserito in una commissione tecnica in quota Pd, perché anche nelle commissioni tecniche si entra «in quota» come alla Rai, dove una volta prendevano «un democristiano, un socialista, un comunista e uno bravo», finché per ridurre i costi limitarono le assunzioni ai primi tre. Questo geologo riesce a far passare la soluzione gradita alla presidente Lorenzetti, che subito si prodiga con Anna Finocchiaro per rimediargli un posto in lista alle elezioni. L’operazione non riesce perché evidentemente ci sono altri compagni ancora più zelanti da piazzare, e il geologo ci rimane male. Un altro funzionario, Fabio Zita, ha invece il torto di anteporre gli interessi dello Stato a quelli della Lorenzetti e ostacola l’appalto: viene riempito di insulti da un sodale della presidente e, quel che è peggio, rimosso dall’incarico per ordine del governatore della Toscana, Rossi, anche lui democratico di rito dalemian-bersaniano.
Questa storia ci ricorda tre banalità abbastanza scomode. La prima: non è vero che la magistratura indaga sempre e soltanto Berlusconi. La seconda: se in questi vent’anni una parte consistente del centro-sinistra non ha davvero combattuto il capo del centrodestra più anomalo del mondo è perché anch’essa aveva l’armadio tintinnante di scheletri. Cane non morde cane, e ogni cuccia ha il suo Dudù. La terza, che poi sarebbe l’oggetto di questo articolo: la sinistra che ancora scalda i cuori stremati dei suoi elettori è quella che parla di Bene Comune e combatte le privatizzazioni feroci. Ma se vuole rendere credibile il proprio progetto, non può continuare a raccontarci la favola che per far funzionare le aziende pubbliche basta sostituire i dirigenti incapaci e corrotti con altri preparati e onesti. Dovrebbe avere il coraggio di andare alle origini della malattia, sottraendo ai partiti la scelta di quei dirigenti, affinché lo Stato smetta di essere una Cosa Loro mantenuta da noi.