Luciano Capone, Libero 17/9/2013, 17 settembre 2013
MA CHE TRISTEZZA LA NAVE SOMMERSA DALLA RETORICA
È da un anno e mezzo che assistiamo a continui paragoni tra l’Italia e la Costa Concordia, Schettino e la nostra classe dirigente. La nave da crociera come «metafora dell’Italia che affonda», «del Belpaese che si schianta contro lo scoglio dello spread», «simbolo del nostro declino economico». Il capitano che «come i politici abbandona la nave mentre affonda», i tedeschi dello Spiegel secondo cui «Schettino poteva solo essere un italiano». E poi Berlusconi come Schettino, Monti come De Falco e via così, per venti mesi, una serie di allegorie politico-sociologiche sempre più inutili.
Ma non basta. Dopo dieci mesi in cui la nave è «l’Italia che cola a picco» e altri dieci in cui la Concordia è «arenata come la nostra economia», ora arriva l’insopportabile retorica dell’Italia «che si raddrizza ». Uno dei primi ad esprimere il senso di sfinimento nei confronti di questo ritornello è Enrico Mentana che sulla sua pagina Facebook scrive: «Vediamo chi sarà il primo gonzo, politico o giornalista, a usare la Costa Concordia come metafora, per frasi geniali tipo “ora raddrizziamo la nave Italia”». Dopo pochi minuti il gonzo si palesa nella figura di «Sua banalità » Roberto Saviano che sempre sul social network esprime un pensiero profondo come i fondali su cui si è incagliata la nave: «Dietro la morbosità dei media nell’osservare le operazioni all’isola del Giglio, forse, c’è qualcosa di più profondo della speculazione sul disastro celebre. Sembra muoversi un impronunciabile sogno da subcosciente: se si raddrizza la nave, simbolo di un paese alla deriva che lentamente affonda, c’è speranza magari che si raddrizzi l’Italia e che torni a galleggiare». Una figuraccia quella di Saviano seconda solo alla sua millantata telefonata alla mamma di Peppino Impastato. Subito dopo il sogno subcosciente dello scrittore napoletano arriva la riflessione di Gianni Riotta che via Twitter amleticamente si chiede: «Non so quale proiezione psicoanalitica gli italiani stiano facendo sul recupero Concordia, ma qualcosa c’è di certo: Nave=Italia? Forse ». Lo scrittore e il giornalista però arrivano in ritardo rispetto a Massimo Gramellini che qualche giorno prima ha dato così il suo buongiorno agli italiani: «La Concordia sta per darsi una mossa, e proprio in concomitanza con l’annuncio di una conclusione possibile della recessione». Una metafora meno abusata solo della «luce in fondo al tunnel» di Monti, Letta e Saccomanni.
I politici hanno preferito similitudini ancora più immaginifiche di quelle psicanalitiche e subcoscienti dei commentatori. Nichi Vendola si butta sulla storia: «A volte si rischia di affogare nel mare delle metafore» si scusa il leader di Sel, ma la sua metafora è proprio irrinunciabile: «La Concordia è stata l’8 settembre dell’Italia contemporanea ». E poi ancora a buttare secchiate di banalità nel “mare delle metafore”: «È come se tutti fossimo affondati nella vergogna e nell’insopportabile abuso che la nave da crociera compie nel nome di un ideale del consumismo e del turismo». È una gara a chi la spara più grossa. Enrico Rossi, governatore della Toscana, lascia la storia al collega Vendola e si butta sull’economia e la critica al neoliberismo: «È la metafora di un’economia sfuggita al controllo degli uomini, affetta da gigantismo, energivora, irrispettosa dei beni comuni e delle regole, predatoria e oligopolistica, al fondo brutta e disumana».
L’avviso di Mentana a non fare i gonzi cade nel vuoto. Ormai è chi usa la Costa Concordia come metafora dell’Italia ad essere la metafora dell’Italia. Gonza Italia.