Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  settembre 18 Mercoledì calendario

BOOM DI BADANTI: +53% IN CINQUE ANNI

La crisi? Spinge il welfare “fai da te”. Risultato: un boom del numero di badanti e di collaboratori dome­stici negli ultimi anni, cui ha contribui­to l’aggravarsi delle condizioni di vita degli anziani con più di 65 anni (vale a dire oltre 12 milioni di persone, il 20,8% della popolazione). È quanto rileva Con­fartigianato nel rapporto che fotografa gli effetti della recessione e le risposte dei nostri connazionali e che verrà pre­sentato al ’Festival della Persona’ or­ganizzato dalla Confederazione a Vero­na per domani e dopo. Secondo Con­fartigianato, infatti, nel 2011 sono com­plessivamente 881.702 tra badanti e col­laboratori domestici e negli ultimi cin­que anni sono aumentati di 257.456 u­nità, con una crescita del 53,7%.
In prevalenza donne, non giovanissime, molto motivate, mandano i risparmi a casa, si occupano soprattutto degli an­ziani, hanno un alto livello di istruzio­ne, ma non sono ancora consapevoli della necessità di una formazione spe­cifica. Ecco il profilo che ne emerge dall’’Indagine sull’assistenza familiare in Italia: il contributo degli immigrati’, presentata invece ieri a Milano da A­genzia Tu Unicredit, rete di filiali per i cittadini stranieri e lavoratori atipici e Unicredit Foundation, che l’hanno i­deata, e realizzata dal Centro Studi e Ri­cerche Idos. «Obiettivo dell’iniziativa è cercare di capire quale sia il modo mi­gliore per inserire queste persone nel nostro sistema di servizi assistenziali», ha sottolineato Maurizio Carrara, pre­sidente di Unicredit Foundation. Per­ché se è vero che gli immigrati rappre­sentano risorse che in prospettiva aiu­teranno sempre di più le famiglie e che già oggi fa risparmiare allo Stato 45 mi­liardi, vero è anche che questi ultimi vanno formati.
Secondo lo studio milanese, i lavorato­ri stranieri in Italia che si occupano di assistenza familiare vengono soprat­tutto da Romania, Ucraina, Moldova, Filippine, Ecuador, Sri Lanka e Perù. La maggior parte è sposata (il 47,2% ), il 10,9% vedovo, il 17,7% separato o di­vorziato. Circa tre quarti ha figli (73,4%). Quasi la metà (48,3%) non pensa al ricongiungimento con loro, probabilmente per le caratteristiche dell’attività. Il livello di istruzione è al­to: il 26,7% ha un diploma e il 18% ha frequentato l’università. «Non sentono l’esigenza di formarsi – commenta Franco Pittau, presidente del Centro I­dos –. Forse è l’unico difetto eviden­ziato in un lavoro che comunque vie­ne svolto con piacere (’molto o mol­tissimo’ nel 37,2% dei casi, ’abbastan­za’ nel 47,7%)». Il 24 ,7% ha avuto una formazione specifica, per oltre la metà nel Paese di origine e solo il 36%, ne av­verte la necessità. Valeriano Canepari, presidente nazionale Caf Cisl, ha sot­tolineato come nel campo della for­mazione non ci sia niente di struttura­to, se si eccettua la sperimentazione dei voucher nel Sud: «Si potrebbe utilizza­re anche in questo senso il contributo della Cassacolf e aiutare famiglie e la­voratori con le detrazioni fiscali».