Carla Massi, Il Messaggero 19/9/2013, 19 settembre 2013
«MANGIA POCO, VIVRAI A LUNGO»
Lei, in Italia, vive, in media, 84 anni e lui 79. Nel 1970 lei 62 e lui 55. Ora, la grande scommessa, è quella migliorare il tempo guadagnato. Che vuol dire sì vivere più a lungo ma in buona salute. Decodificando i misteri dell’invecchiamento e mettendo a punto le strategie per fermare alcuni processi degenerativi. Di questo si occuperà la nona conferenza mondiale sul Futuro della Scienza “Secrets of Longevity”, da domani a sabato, promossa da Fondazione Umberto Veronesi, Fondazione Giorgio Cini e Fondazione Silvio Tronchetti Provera (www.thefutureofscience.org).
Qual è, nell’invecchiamento, il peso del patrimonio genetico, della fortuna e del nostro comportamento?
«L’invecchiamento è un processo complesso e, per questo affascinante, in cui i diversi fattori che lo determinano interagiscono e si condizionano l’uno l’altro. Sappiamo che la durata della vita è regolata da alcuni geni, ma sappiamo anche che certi fattori cosiddetti “ambientali “, (esterni al nostro DNA) possono modulare la loro azione, attivandoli o disattivandoli. Fra questi fattori il più rilevante è l’alimentazione: la restrizione calorica, vale dire la drastica riduzione delle calorie che assumiamo giornalmente, può aumentare in modo significativo la durata della vita e soprattutto la durata della vita sana. In sostanza se si mangia meno, si vive di più e meglio».
Perché lei, spesso, insiste nel dire che esiste un’età del corpo e un’età della testa?
«Perché il decadimento del corpo è inevitabile, ma quello della mente no. Le scoperte più recenti ci confermano che il cervello umano è plastico. Le sue cellule, i neuroni, si rinnovano costantemente. Quindi se alleniamo la nostra mente possiamo mantenerla in forma più a lungo del nostro corpo. Da un lato perderemo alcune facoltà, la memoria per esempio, ma dall’altro possiamo acquisirne delle nuove, sviluppando specifiche capacità di ragionamento, come la logica o la creatività. Questo spiega perché alcuni artisti, scrittori, poeti hanno dato il meglio di sé in tarda età. Pensiamo a Picasso, Chagall, Montale. Il pamphlet che ha infiammato i giovani di tutta Europa “Indignatevi” è stato scritto da Stéphane Hessel a 90 anni».
Vuol dire che dobbiamo lavorare su due fronti per cercare di vivere più a lungo possibile?
«Certo. Ma soprattutto voglio dire che l’obiettivo nondeve essere vivere il più a lungo possibile, ma vivere il più a lungo possibile in salute fisica e mentale».
Quando si deve cominciare a pensare all’invecchiamento, anche da molto giovani?
«Da giovani bisogna pensare a prendersi cura del proprio corpo e della propria mente, coltivarsi e volersi bene come persona, per vivere in pieno le potenzialità la propria età. Creare rapporti costruttivi con gli altri, impegnarsi a fondo per obiettivi importanti, mettersi in gioco, rispettando il proprio corpo e proteggendo la propria salute con il buon senso e la misura. Questa è anche la ricetta per una buona vecchiaia».
Si è riusciti ad allungare l’età media di uomini e donne, eppure le malattie neurodegenerative continuano a colpire. L’Alzheimer, per esempio, non ha prevenzione e non ha cura. Vede prospettive possibilità di cambiamenti?
«Le malattie neurodegenerative colpicono di più proprio in ragione dell’allungamento della vita media. Fino a metà del secolo scorso l’ Alzheimer era un malattia rara. Anche per questo ancora non abbiamo una cura efficace. Sicuramente vedo prospettive, perché il doloroso aumento di casistica sta permettendo alla ricerca scientifica di muovere i primi passi in base a una maggior mole di dati e informazioni».
Come mai, secondo lei, nonostante le raccomandazioni che ormai voi fate tanta gente continua a mangiare tanto, fumare, non amarsi?
«Perché le abitudini sviluppate negli anni 40-50 dall’intera popolazione dei Paesi occidentali sono difficili da sradicar. Sia il fumo che l’eccesso di cibo sono nati come segno di benessere e ricchezza dopo la crisi economica del ’29 e le guerre mondiali. Questa componente culturale non va sottovalutata. Infatti il fumo è diminuito negli Stati Uniti perché con un’operazione intelligente, sono riusciti a capovolgere l’immagine del fumatore: oggi negli Usa fumano solo le classi sociali più disagiate».
Lei ha fatto scelte molto nette, dall’essere vegetariano al giorno del digiuno, crede sia percorribile per tutti questa scelta? Solo da anziani o anche in età adulta?
«Il vegetarianesimo è una scelta per tutti e per tutte le età. Io ho scelto appena ho avuto l’autonomia e la possibilità di farlo e mi accorgo che oggi sempre più giovani seguono questo modello. In realtà la dieta vegetariana dà vantaggi alla salute sin da bambini. Per il digiuno il discorso è diverso perché è una pratica che ha motivazioni molto diverse. Sì è vegetariani per motivi etici, ambientali e di salute. Si digiuna per motivi intellettuali: per meditare e riflettere , per purificarsi e avvicinarsi a Dio per chi crede, per esercitare il controllo del proprio corpo».
Professore, la cioccolata amara la mangia ancora ogni giorno? Quanta?
«Non ogni giorno, ma quando mi capita. In genere me la regalano, cosa che avviene molto spesso perché molti ormai conoscono la mia passione».