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 2012  marzo 07 Mercoledì calendario

Undici anni di inutile attesa. È questa la motivazione che ha spinto la British Gas ad abbandonare il progetto di costruzione di un rigassificatore a Brindisi

Undici anni di inutile attesa. È questa la motivazione che ha spinto la British Gas ad abbandonare il progetto di costruzione di un rigassificatore a Brindisi. E pensare che proprio i rigassificatori erano stati indicati come una delle opzioni più interessanti e fattibili per aumentare la concorrenza nel mercato del gas italiano. E invece non solo non se ne riesce a mettere in funzione di nuovi, oltre ai due di La Spezia e Rovigo già attivi, ma per quelli in cantiere la strada per una possibile entrata in esercizio si fa sempre più complicata. QUI TUTTI I PROGETTI DI RIGASSIFICATORI IN ITALIA E allora a perderci saranno anche i consumatori, che vedranno le proprie bollette del gas in continuo aumento senza riuscire a porvi rimedio. Eppure il ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera aveva posto grande enfasi sull’apertura dei mercati, a cominciare proprio da quello del gas , e sulla necessità di attirare in Italia investimenti stranieri. In un colpo solo, la vicenda di Brindisi affossa entrambe le aspirazioni: non solo la concorrenza non cresce, ma gli investitori stranieri scappano di fronte alle, evidentemente, insormontabili difficoltà che soprattutto a livello locale vengono poste alla realizzazione di opere di interesse nazionale. Basti pensare che il rigassificatore in questione, da progetto, avrebbe dovuto essere ultimato per la fine del 2008. LA SINDROME NIMBY. Una riproposizione, in scala ridotta, di quello che sta avvenendo in Val di Susa con la Tav, e di quello che avviene per più di altre trecento grandi opere di interesse strategico che sul territorio nazionale, per svariate ragioni, sono bloccate. Ferme di fronte ad un micidiale combinato disposto: da una parte il fenomeno Nimby , l’ormai noto "Not in my backyards" , ossia "non nel cortile di casa mia" Un fenomeno per cui tutte le comunità locali si rifiutano di accettare opere che in un qualche modo si suppone possano creare problemi di carattere ambientale nel territorio in cui vanno ad incidere. Una circostanza che ovviamente ha avuto la sua influenza anche nel caso del rigassificatore di Brindisi, con in prima linea il presidente della Regione Puglia Nichi Vendola. Dall’altro le pastoie della burocrazia italiana, capace di rendere complicata e macchinosa la realizzazione di qualsivoglia infrastruttura. Un misto di autorizzazioni, richieste e controlli con i quali bisogna fare i conti per anni. E se spesso le ragioni alla base possono anche essere condivisibili, anzi quasi auspicabili, in altri casi invece si tratta di passaggi di carte e di mancati bolli che rappresentano solo un vero e proprio freno allo sviluppo del Paese. LA SINDROME NIMTO. A tutto ciò si sommano poi anche responsabilità di carattere politico. Esiste infatti un ulteriore fenomeno che va sotto il nome di Nimto, ossia "Not in my term of office", che tradotto significa "Non durante il mio mandato elettorale". Una sindrome della quale sono affetti molti amministratori locali, e anche nazionali, incapaci di assumersi le responsabilità nel sostenere la realizzazione di importanti opere pubbliche, perché esse potrebbero poi incidere sul consenso popolare e mettere a rischio una rielezione. Una mancanza di coraggio politico che da anni ormai frustra le prospettive di sviluppo del nostro Paese in ogni ambito economico. Ecco perché forse da un governo tecnico quale quello attuale ci si potrebbe aspettare di più. Il ministro Passera, investito della vicenda di Brindisi, ha fatto sapere che intende andare a fondo “per capire quanto sia responsabilità di procedure inaccettabilmente lunghe o se ci siano anche altri tipi di problemi”. Inoltre ha confermato che la legge delega sulle grandi opere, attualmente in discussione, potrebbe dare una mano a sbloccare situazioni simili: “È un tema su cui ormai stiamo lavorando da alcuni mesi” ha commentato Passera. Intanto però, mentre il governo lavora, se ne vanno in fumo i 250 milioni di euro spesi dal 2001 a oggi dalla British Gas a Brindisi, insieme alla prospettiva, e questo è ancora più doloroso, di creare lavoro per ben 1.000 addetti.