Giornali vari, 15 aprile 2013
Anno X – Quattrocentosettantunesima settimanaDall’8 al 15 aprile 2013Candidati Candidati alla presidenza della Repubblica: Romano Prodi, Emma Bonino, Giuliano Amato, Franco Marini, Perluigi Bersani, Sergio Mattarella, Anna Finocchiaro, Gustavo Zagrebelsky, Stefano Rodotà, Gino Strada
Anno X – Quattrocentosettantunesima settimana
Dall’8 al 15 aprile 2013
Candidati Candidati alla presidenza della Repubblica: Romano Prodi, Emma Bonino, Giuliano Amato, Franco Marini, Perluigi Bersani, Sergio Mattarella, Anna Finocchiaro, Gustavo Zagrebelsky, Stefano Rodotà, Gino Strada. Escludiamo, per ora, un gruppetto formato da Giancarlo Caselli, Dario Fo, Milena Gabanelli, Beppe Grillo, Ferdinando Imposimato, simpatici al movimento cinquestelle ma, apparentemente, troppo improbabili. Peraltro sembrano poco probabili anche quelli del primo gruppo: Strada, Rodotà, Zagrebelsky, Prodi sono fortemente di parte e, anzi, Berlusconi ha detto in un comizio a Bari sabato scorso che l’elezione di Prodi provocherebbe la fuga all’estero sua e dei suoi. Franco Marini è stato bocciato da Renzi con una lettera a Repubblica (è stato persino trombato dai suoi abruzzesi alle ultime elezioni) Giuliano Amato sta sulle scatole ad altri pezzi del Pd, la Finocchiaro ha il marito rinviato a giudizio per truffa e abuso d’ufficio e, inoltre, le sue foto al supermercato con la scorta che le regge le buste della spesa fanno troppo casta. Mattarella, fratello del martire di mafia Piersanti e autore della legge elettorale in uso prima del porcellum, è un’idea di “Repubblica” e risponderebbe all’esigenza di avere un cattolico in cima al Colle dopo due candidati molto laici (Ciampi e Napolitano). Quindi la Bonino, forse la più amata della lista, sembra fuori perché abortista e perciò invisa al Vaticano e perché, secondo Travaglio, è radicale sì, ma di fondo berlusconiana. Bersani è un’altra idea di “Repubblica”, smentita però dall’interessato («penso solo ai colli piacentini»): il segretario al Quirinale sgonfierebbe lo stato di tensione del Pd, lasciando il partito in mano a Renzi. Proprio per questo non sarebbe votato dai bersaniani (mentre i renziani, nell’impazzimento generale del totocandidature, starebbero addirittura pensando di votare Prodi, non si sa bene in base a quale contorsione tattico-strategica). Ad ogni buon conto, forse proprio per spuntare il pericolo di Bersani al Quirinale, nel corso della settimana il ministro Barca s’è iscritto al Pd, ha presentato un programma di riorganizzazione del partito ed è ufficiosamente candidato dalla sinistra del partito a prendere il posto di Bersani quando verrà il momento.
Elezioni Si vota a partire da giovedì 18 aprile, nell’aula di Montecitorio. Un’unica assemblea formata da deputati, senatori e delegati regionali, tre per ogni Regione, tranne la Val d’Aosta che è rappresentata da un solo elettore. Per essere eletti nei primi tre giri bisogna raccogliere i due terzi dei voti. A partire dal quarto giro basterà la maggioranza assoluta dell’assemblea (50%+1). Bersani punta a far uscire il presidente al primo colpo, come successe per Cossiga e per Ciampi. Per quello che s’è visto finora (scriviamo di lunedì mattina), la cosa pare difficile. Anche l’idea di proporre al centrodestra un solo nome è stata respinta dai berlusconiani. Bersani e il Cav si sono incontrati martedì 9 aprile, nell’ufficio del segretario democratico alla Camera. Hanno discusso per quasi un’ora, dicono, per concordare un metodo, e senza far nomi. Ma, negli ultimi 15 minuti, hanno chiesto ai loro accompagnatori (Franceschini e Alfano) di lasciarli soli e forse lì è stata esaminata la possibilità di spedire al Colle direttamente Bersani. Ricordiamo che Berlusconi cerca un accordo che comprenda anche il governo, che a questo Bersani risponde ufficialmente di no, che il segretario punta comunque a un presidente che trasformi il pre-incarico in incarico pieno e lo mandi alle Camere, che proprio su questo punto gli antibersaniani del Pd (sempre più numerosi) non gli andranno dietro.
Sondaggi I sondaggi dànno in crescita Pd e Pdl, con una lievissima prevalenza della coalizione di centrodestra, che comunque, se si andasse a votare ora, non avrebbe la maggioranza al Senato. Grillo sarebbe in discesa, addirittura sotto il 24%, due punti in meno di quelli presi il 24-25 febbraio.
Saggi I dieci saggi di Napolitano hanno concluso il loro lavoro e consegnato al Presidente due documenti contenenti proposte per le riforme istituzionali e per il rilancio dell’economia. Poiché i 10 appartenevano ad entrambi gli schieramenti, si tratta di proposte condivise, in teoria dunque votabili rapidamente da un eventuale governo istituzionale o di larghe intese. Prevedono un Senato delle regioni con 120 membri (invece di 315) e una Camera politica, sola a votare la fiducia al governo, formata da 430 deputati (invece di 630). Inoltre: riduzione degli emolumenti politici, no all’abolizione integrale del finanziamento dei partiti, abbassare le tasse delegando il prossimo governo a decretare sul fisco, rifinanziare la cig, risolvere la questione degli esodati, rivedere la legge sul lavoro della Fornero specie nella parte in cui si penalizzano i contratti a tempo determinato, dato che penalizzando i contratti a tempo determinato si scoraggiano le imprese ad assumere, revisione del patto di stabilità, la Costituzione va emendata attraverso una commissione mista formata da parlamentari e non parlamentari, per indire un referendum ci vogliono più firme, ma la Corte costituzionale deve ammetterli prima che la raccolta sia finita (per la pronuncia dei giudici basteranno, in questa ipotesi, centomila firme), il quorum per la validità della consultazione non sia più del 50% degli elettori più uno, ma del 50% dei votanti (più uno) dell’ultima elezione per la Camera, limiti alle intercettazioni telefoniche da parte dei pm, una corte ad hoc giudichi i magistrati dopo la prima sentenza del Csm (l’Anm contrarissima), la legge elettorale si decida dopo aver capito che Stato si vuole. E per intanto: si aboliscano le circoscrizioni estere, si adotti un sistema misto maggioritario/proporzionale, sbarramento alto, ragionevole premio di maggioranza, se si atterrasse su un sistema presidenziale meglio il maggioritario a doppio turno che riequilibri l’investitura popolare del presidente della Repubblica.
Venezuela Venezuela spaccato, il pupillo del defunto Chávez, Nicolás Maduro, ha vinto le elezioni presidenziali con appena il 50,66%, il suo avversario Henrique Capriles, che ha avuto il 49,07, vuole che si ricontino le schede.
Cardinali Papa Francesco ha ordinato otto cardinali, e tra questi c’è solo un italiano, Giuseppe Bertello, 70 anni, ora presidente del Governatorato e, a questo punto, probabile successore di Tarcisio Bertone alla Segreteria di Stato.
Thatcher Lunedì 8 aprile è morta Margaret Thatcher, 88 anni, mitico primo ministro inglese degli anni Ottanta, soprannominata dai sovietici Lady di Ferro, campione della destra-destra, che distrusse il sindacato britannico andandogli a dar battaglia nella roccaforte dei minatori statalizzati (20 mila lavoratori per strada), fece la guerra agli argentini per il possesso delle Falkland, contrastò l’Europa e l’unificazione tedesca, modernizzò il Paese, ma con lo scotto di un divario crescente tra ricchi e poveri. Milioni di aneddoti sul suo carattere inflessibile, dittatoriale, irresistibilmente pieno di sé («come Dio disse una volta, e io penso avesse ragione…»). Ne citiamo uno solo, che ci è stato regalato da una mail di Gianbattista Rosa: trovandosi a pranzo con i membri del suo governo, si sentì chiedere dal cameriere: «Carne o pesce?» «Carne, ovvio». «E per il contorno?» «Carne anche per loro», rispose.