Marco Imarisio, Corriere della Sera 17/9/2013, 17 settembre 2013
GABRIELLI SI GIOCA LA PARTITA DELLA VITA
Come un ritorno alla casella di partenza. Franco Gabrielli ha concluso il suo giorno del giudizio come l’aveva cominciato, con uno sforzo enorme per rimanere calmo. Le domande con tono inquisitorio dei media stranieri e non solo gli fanno intuire l’esistenza di un pregiudizio, di un partito del tanto peggio tanto meglio, e lui fatica a farsene una ragione. Il capo della Protezione civile si gioca tutto sull’esito di questa operazione. Lo ha detto e ribadito in ogni occasione, con una assunzione di responsabilità che alle nostre latitudini non è proprio pratica comune. Se l’impresa fallisce, è giusto che sia io a pagare per tutti. Comunque vada, è una frase che vale come metro di giudizio sulla persona, dà la misura di molte cose impalpabili. Forse, anche di una certa solitudine. Anche ieri mattina, quando nonostante il temporale si sperava ancora che tutto andasse liscio, sveglia alle 4.10, lettura degli sms di auguri, aveva recitato la parabola del treno, come di consueto. Se tutto va male, partirò su un vagone dove si starà larghi. Se va bene, farò fatica a trovare un posto in piedi.
L’uomo è fatto così, pratico con spiccata tendenza al fatalismo, non immune alle emozioni nonostante l’aspetto rigido. Il temporale che ha fatto da bastone tra le ruote alle operazioni gli ha strappato una smorfia di disappunto. «Mi sarebbe piaciuto tanto cominciare con il classico buon giorno che si vede dal mattino, ma si vede che era destino...».
Ci sono storie che ti scelgono, perché il disastro della Concordia non è stato l’unico che si è trovato a gestire in questi anni. Ma anche lui è un toscano, massese di Montignano. Il rapporto che ha costruito con gli abitanti del Giglio è forse uno dei fili che gli hanno fatto legare la sua sorte personale alla rimozione della Costa Concordia. Essere entrato negli affetti di questi isolani che avevano buone ragioni per nutrire diffidenza verso gli estranei, dopo quello che è toccato loro in sorte, lo riempie d’orgoglio. Eppure non era certo cominciata bene.
Nel gennaio del 2013 dormì per la prima volta all’Hotel Bahamas, uno dei pochi aperti in bassa stagione davanti al porto. In paese raccontano con tono divertito che lo fecero dormire nella stanza accanto a quella dove aveva alloggiato Francesco Schettino subito dopo il naufragio. All’uscita, trovò ad attenderlo uno striscione. «Gabrielli, leva quella nave da lì, cazzo», laddove il riferimento era alla celebre tirata del capitano De Falco rivolta all’ex comandante della Costa Concordia. È un aneddoto che ricorda spesso, con un filo di civetteria.
Con i gigliesi ha privilegiato il contatto diretto, anche schietto. La promessa di comunicare in anticipo ogni passo dell’operazione, ogni decisione presa durante questi mesi, è stata il sigillo a una reciproca fiducia. «Prefetto, guarda che quella nave non scivolerà» gli ha sempre ripetuto un marinaio con il quale ha instaurato un rapporto di confidenza. Ieri, quando la Costa Concordia si è staccata dagli scogli, gli si è parato davanti mentre stava andando verso il consueto appuntamento con i giornalisti. «Te l’avevo detto, che non sarebbe scivolata...».
Poche ore dopo, quando i trionfalismi del pomeriggio sembravano un pallido ricordo e la sala stampa sembrava una gabbia, è stato proprio quel marinaio a intervenire all’improvviso, con un colpo di teatro, invitando tutti all’ottimismo. Gli amici si vedono sempre nel momento del bisogno.