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 2013  settembre 16 Lunedì calendario

CARLO TAORMINA, IL SOLITARIO DI TWITTER

La Rete, si sa, fa da cassa di risonanza. Di opinioni, scontri, idee e, a volte, anche di solitudine. Lo sa bene Carlo Taormina, che forse soffre di solitudine. Non si spiega altrimenti perché quest’uomo, che è stato deputato e sottosegretario, ora che è fuori da Montecitorio, usi Twitter per prendersela con un mondo che non l’ascolta. Ed è un fiume in piena.
A Enrico Letta dà del «bamboccio e secchione che non capisce niente». Fa battute di pessimo gusto su Laura Boldrini: «Questa sarebbe l’imparzialità del presidente della Camera… da letto!». Alza il calice per il responsabile dell’eccidio delle Fosse Ardeatine: «Brinderò ai 100 anni di Priebke». Non risparmia Cécile Kyenge, che chiama il «ministro abbronzato», e scrive che ha tolto «un posto di ministro a noi nati italiani».
Quando quest’acredine alza il tiro ai grandi mali viene fuori che la nostra democrazia è minacciata da due moloch: le forze armate comuniste e gli omosessuali. Taormina non scrive mai omosessuali ma “froci”, che un giorno sono modestamente «anormali» altri «volgari e schifosi». Lui, al contrario, è una brava persona perché «non lo prendo nel culo». Non si nasce gay come si nasce biondi o mori, ma l’omosessualità è il risultato d’una precisa operazione politica dei «porci comunisti che ci vogliono far diventare croci (leggi “froci”) e lesbiche».
Paiono deliri, ma Taormina ha difeso Priebke, gli ufficiali coinvolti nella vicenda di Ustica, i politici di Tangentopoli, i boss della Sacra Corona unita, neofascisti e Franco Fiorito, quindi sa cosa mette in pericolo la democrazia. Ascoltiamolo.
Che le Brigate Rosse stiano per prendere il potere, Taormina un po’ lo sa perché ha delle sue fonti segrete: «Mie notizie mi dicono che la violenza delle Br è riorganizzata», ma anche per lettura storica.
L’attuale governo di «larghe intese porta terrorismo perché è il peggiore modo per uccidere la diversità delle idee».
Che per strada si rischino le baionette mentre «il parlamento vuole appestare la società con frodi lesbiche (leggi, probabilmente, “froci e lesbiche”) e islamiche», non è un’affermazione estemporanea, una ventina di tweet ribadiscono che le Br figlie «oggi del Pd» son pronte alla guerra.
L’attacco al cuore dello Stato è complesso e articolato e coinvolge mondi che non avremmo mai pensato di vedere insieme: «gai pride», comunisti, ma anche «servizi deviati a cui fa comodo al governo incapace di tutto» e pure «gli islamisti criminali esecutori del Corano», ma ha una soluzione semplice: «Deve cominciare la guerra per salvare Berlusconi». (A prova che tutto è collegato abbiamo anche un tweet che recita: «Io non sono né frocio né amico del nano. Comunque meglio amico del nano non frocio che frocio».)
Silvio Berlusconi è l’assoluto protagonista dei tweet di Carlo Taormina. A lui Taormina si rivolge come a un nume. Lo chiama «Aquila reale che sta spiccando il volo e affilando gli artigli», o «Aquila reale capace della zampata che rifiuta tutto e va in guerra», o «il leone» o «Padre Nobile» e «nuovo Imam».
Il problema è che l’Aquila reale è inibita dalla propria corte. Il centrodestra, il centrodestra in cui Taormina ha militato - e quindi conosce bene - è fatto da «cortigiani» di volta in volta «sporchi» o «schifosi», gente che a ben guardare non son «falchi né colombe. Solo sciacalli».
I cortigiani vogliono «cucinare Berlusconi», «lo stanno facendo suicidare», lo costringono ai «giorni del condannato a morte». Taormina non gliela manda a dire: «Mi fate schifo», scrive.
Se Il leone venisse liberato avrebbe facile vittoria sui nemici perché «Berlusconi in tema di sodomizzazione del prossimo è un maestro che non ha eguali». L’insistenza sulle metafore sessuali, in una forma dove è sempre un maschio a possederne un altro e in un’umiliante maniera, è una cifra di Taormina.
Il verbo più usato da quest’uomo, docente universitario dal 1975, è “fottere”. Se ne contano una ottantina di occorrenze tra “fotte”, “fottuto”, “fottendo”, “fottitura”. Il più delle volte a essere “fottuto” è Berlusconi a opera di Napolitano che è «il capo dei fottitori».
È costante questa idea di scontro mortale. Destra e sinistra non si confrontano, ma devono andare in guerra fino all’annichilimento. È un continuo indulgere in espressioni guerresche che richiamano poi le adunate del Ventennio.
A detta di Taormina, l’atto che spetta a Berlusconi è infatti di chiamare il popolo alla sollevazione. E deve farlo da piazza Venezia, che «riempirà un giorno si è l’altro pure», piazza che «tutti i gironi (leggi “giorni”) sarà invasa per sentire Berlusconi».
Allora i «Communisti (sic) malediranno di non avergli dato agibilità politica». Noi, «siamo tutti pronti come soldati votati anche al peggio. Vinceremo e ti libereremo», così «Berlusconi non tergiversi oltre. Senza decisioni non motiva alla battaglia».
Il momento è tremendo, ed è poco importante che come pupari del complotto un mese ci siano lesbiche e servizi segreti, e quello dopo, ai «comunisti maiali» si affianchino i 5 stelle: «Se Berlusconi non fa cadere il governo e Napolitano e Pd fanno il golpe con Grillo ci saranno 20 anni di regime con comunisti e black block»: il problema è che nessuno sembra capirlo.
Taormina ce la mette tutta, commenta i tweet di Corriere, Repubblica, Stampa, Giornale, Libero, Messaggero, Dagospia, Rainews, Espresso, Tgcom, Ansa, Adnkronos e nessun organo di stampa lo rilancia o gli fa un retweet. Scrive direttamente ai giornalisti: Feltri, Padellaro, Belpietro, Liguori, Mauro e nessuno gli risponde. Ci prova con i politici: Brunetta, Alfano, Meloni, Alemanno, Marino, Gelmini, Galan, nessuno dialoga con lui, o gli mette una stellina, come, per buona educazione su Twitter si fa con chiunque.
L’unica figura delle istituzioni che una volta si prende la briga di interagire con lui è Isabella Rauti. Lui cita il padre e lei, immediata«La prego di astenersi dal nominare mio padre per qualsiasi ragione», cioè “stai buono”.
Taormina non è un utilizzatore occasionale di Twitter. S’è iscritto a giugno ed ha la rispettabile media di quasi 10 interventi al giorno. Ma spesso dimentica il nome utente e non si capisce con chi parli.
Invoca, dal nulla, non ben precisate autorità del web: «Prego la rete di provvedere alla interdizione», oppure si autocommenta e partono lunghi dialoghi con se stesso. Minaccia gli utenti che lo prendono in giro di «rivolgersi alla magistratura» e loro rispondono «si rivolga prima a un insegnante di italiano».
L’unico link che segnala è alla festa abruzzese della Perdonanza. Dopo centinai di tweet su Berlusconi e la giustizia che si rimanda a un rito che promette la totale remissione dei peccati ha qualcosa di freudiano.
Ma tra «io non lo prendo in culo», lo «sciacallo» agli ex colleghi di partito, il popolo italiano «voltagabbana», è tutto così grigio?
No, perché poi c’è Federica Panicucci. La conduttrice televisiva è per Taormina: «grande» e «brava, mamma e bella», «la migliore!». Un giorno le manda un «in bocca al lupo», quello successivo le ricorda: «La attendiamo perché tantissimi la ammirano. Io sono tra costoro».
E dopo tentativi a vuoto di scrivere alla cantante Adele o a Saviano che finiscono in tweet sparati a salve, dopo refusi catastrofici: «Caro presidente Berlusconi ti danno per morto. Sono tutte teste di cazzo e non sanno che, se schiacciatoscatti (sic)»; «@Pontifex_it stai attento Bergoglio ti fanno fuori. Guardati dal fuoco amico che sembra il nemico»; «Ma perché Napolitano e oso inopportuno da scrivere sul Corriere?». Ecco, che Federica finalmente gli risponde.
La Panicucci domanda: «Carlo sei proprio tu?», e lui, tempo cinque minuti: «Si sono Carlo». E aggiunge: «Ti rinnovo gli auguri per tutte le tue cose. La mia ammirazione per pulizia e serietà».
E per qualche giorno non ci sono “frodi lesbiche” e “porci comunisti”, lamentazioni che non ci sia una polizia speciale a sorvegliare i suoi 140 caratteri: «Su tweetter (sic) sono continue le minaccia di morte contro di me. (io non ne ho trovate, ndr) Perché la Digos non fa nulla? non sono meglio della Kjenge?”. Pace, quasi. Ecco, sono i piccoli gesti di gentilezza a cambiare il mondo.