Curzio Maltese, la Repubblica 14/9/2013, 14 settembre 2013
“ECONOMIA VERDE E PERIFERIE LE MIE SFIDE DA SENATORE A VITA I PARTITI? IO MAI UNA LORO PEDINA”
[Renzo Piano]
La telefonata di Giorgio Napolitano non è stata una sorpresa, la nomina sì. «Pensavo mi chiamasse per visitare qualche edificio». Il presidente è un estimatore di Renzo Piano. «Ha visitato la torre di Londra, la sede del New York Times, la Morgan Library, forse San Francisco. L’ultima volta era venuto un anno fa all’inaugurazione dell’Auditorium dell’Aquila».
A parte il fatto che Renzo Piano è l’architetto più famoso della terra e il primo italiano nelle classifiche sugli uomini più influenti del mondo, che Rubbia ha vinto un Nobel per la fisica, che Claudio Abbado è uno dei maggiori direttori d’orchestra dal dopoguerra ed Elena Cattaneo è una ricercatrice d’avanguardia della medicina internazionale, tutti dettagli poco rilevanti nel dibattito politico, per quali ragioni secondo lei il presidente Napolitano vi ha nominati? Per garantire un Letta bis, come sostengono i giornali della destra e il blog del suo amico Grillo?
«Ah sì? Ma questa è una sciocchezza. Noi saremmo in mano ai partiti? Una bestia come me? Abbado, Rubbia e la Cattaneo? Per diventare pedine dei politici bisogna esserlo stati tutta la vita. Sono battuteda talk show. Scusi, preferirei parlare di politica, quella vera».
Che cos’è per Renzo Piano la politica vera?
«I problemi del Paese. Il lavoro per i giovani, anzitutto, il futuro. E una politica economica sbagliata, obsoleta e ormai insostenibile, che ci ha portato a questa decadenza».
E quattro senatori a vita che cosa possono farci?
«Me lo chiedo dal 30 agosto. Vede, credo che per il presidente queste nomine siano state una specie di risarcimento. Da uomo colto e appassionato d’arte, Napolitano ha vissuto male i tagli all’istruzione e alla ricerca di questi anni, da parte di tutti i governi. Bisogna ripartire da qui e invertire la rotta».
Con Abbado, Rubbia e Cattaneo avete discusso di progetti di legge su ricerca e cultura da portare in Parlamento?
«Da una vita. Con Abbado collaboro da trent’anni, con Rubbia abbiamo tanti progetti e ho scoperto che Elena Cattaneo lavora con molti biologi con i quali collaboro per il nuovo centro di ricerca della Columbia University di New York. Ci siamo ritrovati in famiglia, con idee comuni».
Oltre a combattere i tagli a cultura e ricerca, c’è qualche proposta in positivo che vorrebbe portare in Parlamento?
«Due grandi temi ignorati dalla politica. La green economy e le periferie urbane »
La green economy di Obama eccetera?
«E’ vero, suona un po’ troppo slogan. Io parlerei piuttosto di “italian economy”. Vede, dall’estero guardo un paese rassegnato a non avere un futuro, a perdere quote di mercato inseguendo produzioni obsolete senza poter competere con Cina o India o Brasile, senza creare posti di lavoro per i giovani. Bisogna lasciare la strada del declino e pensare a una nuova missione. Capovolgere la visione, partire dai nostri talenti ».
Quali sono i talenti italiani sul mercato globale?
«Non esiste una nazione meglio attrezzata per affrontare un futuro di economia sostenibile. Siamo il paese più bello del mondo e la bellezza è oggi la merce più ricercata. Abbiamo immensi giacimenti culturali, una miscela unica di meraviglie naturali e costruite nei secoli, una posizione centrale nel Mediterraneo, una situazione climatica ideale per produrre energia pulita, con sole, acqua, vento. Eppure nella produzione di energie rinnovabili siamo molto indietro rispetto ai paesi del Nord».
Mentre lei parla vedo spianate di pannelli solari sulle pianure, centrali idroelettriche al posto dei boschi, terrificanti pale eoliche sulle colline.
«Vecchie e inutili cianfrusaglie. Si possono fare impianti diffusi, leggeri per produrre energia eolica, solare, geotermica in ogni angolo d’Italia. Con Rubbia studiamo da anni il problema. E vuole che un Paese in grado di produrre i motori della Ferrari e i più sofisticati robot medici del pianeta non riesca a inventare delle nuove soluzioni? Ho conosciuto ricercatori italiani che lo fanno già in California o in Gran Bretagna. Si potrebbero creare centinaia di posti di lavoro per i giovani, soprattutto al Sud. Altrettanti se ne potrebbero creare mettendo in sicurezza il paese, le città, i fiumi, le montagne. Costa molto meno che dover intervenire dopo una tragedia, come insegna la storia dell’Aquila».
A proposito dell’Aquila. Lei, Abbado e Rubbia siete aquilani onorari, da sempre critici con i criteri di ricostruzione dopo il terremoto. Eravate tutti, con Napolitano presente, all’inaugurazione dell’auditorium il 7 Ottobre del 2012.
«La vicenda dell’Aquila è il riassunto di tutto quanto detesto della cattivapolitica italiana, dal cinismo retorico per nascondere interessi e corruzione, all’ignoranza dei luoghi e dei problemi dei cittadini. E’ l’esempio perfetto di quanto non bisogna fare. Invece di ricostruire un centro storico splendido, si sono sprecate montagne di soldi per costruire new town spaventose, così da poterci speculare. Il dramma è che L’Aquila accade ogni giorno nelle città italiane, dove non si recuperano i centri storici e si costruiscono nuove periferie, sempre più brutte e costose e alienanti, consumando territorio e risorse, da appaltare agli amici con concorsi truccati. Questa storia dei concorsi che non si fanno o sono falsi è un altro schiaffo in faccia ai giovani di talento. Anche qui qualche proposta di legge non sarebbe male».
Sono contento che perfino a proposito dell’Aquila siamo riusciti a non nominare Berlusconi. Ma, visto che dovrà votare in Senato, le posso chiedere come giudica gli ultimi sviluppi della parabola del Cavaliere?
«Come ho visto i venti anni precedenti e come giudicano in tutto il mondo, tranne che in alcuni dibattiti televisivi italiani».
Chiaro. Parlando di personaggi positivi, papa Francesco invece le piace.
«Sono laico, e ho vissuto abbastanza da vedere troppi morti in nome delle religioni. Detto questo, i discorsi di questo papa mi colpiscono molto e ho partecipato con entusiasmo al digiuno per la pace. La sua attenzione ai giovani la condivido. L’unico luogo dove possiamo andare è il futuro ed è con i giovani che possiamo andarci».
Lei ha molti giovani nello studio, da tutto il mondo. Che cosa dice agli italiani?
«Che sono stati fortunati a nascere in Italia. Te ne rendi conto lavorando all’estero. Ci hanno consegnato una storia unica al pianeta, siamo nani sulle spalle di giganti».
E loro che cosa rispondono?
«Che sono stato più fortunato io a nascere in altri tempi. Non hanno mica tutti i torti. Se penso che a 33 anni Pompidou ci ha affidato il Beaubourg. Nel-l’Italia di oggi saremmo stati presi a calci ».
Con uno studio a Genova, un altro a Parigi e a New York, cantieri aperti in quattro continenti, quando la vedremo in Senato?
«Spesso. Queste cose non si prendono alla leggera. Non amo la retorica, ma entrare in Senato mi ha commosso. E’ un luogo straordinario. Pare incredibile che chi ha la fortuna di lavorarvi non pensi ogni giorno all’incredibile privilegio di poter contribuire al bene del Paese. Sono troppo ingenuo?».
Ho visto lei e Beppe Grillo per anni insieme, in vacanza con le famiglie, a discutere di tutto. Mi sembra incredibile che l’abbia fatta attaccare sul suo blog dopo la nomina. Possibile che non l’abbia chiamata di persona?
«Mi ha chiamato. Una cosa è il ruolo pubblico, altro è la vita privata, l’amicizia di tanti anni. Ma è un argomento che davvero considero privato».