Federico Fubini, la Repubblica 14/9/2013, 14 settembre 2013
BANCHE ITALIANE CONTRO LONDRA: DISCRIMINATE SUI PRESTITI
Fra la piattaforma di scambi Lch Clearnet di Londra e le banche italiane crescono i dissapori per le condizioni a cui gli istituti riescono a finanziarsi. Molto è legato alle strutture che permettono di garantire e regolare i prestiti a brevissimo termine, caratterizzati di solito da banche internazionali che offrono denaro e banche italiane che lo prendono per l’ordinaria operatività e poi lo rimborsano in pochi giorni a ciclo continuo.
Lch è la «controparte centrale» che smista e assicura le transazioni a Londra dal lato delle banche prestatrici. In Italia poi Lch opera con Cassa compensazione e garanzia, la sua equivalente italiana, la quale lavora con gli istituti nazionali che ricevono la liquidità. Sia Cassa che Lch sono peraltro parte del gruppo Borsa di Londra.
Uno dei problemi più sentiti dalle banche italiane riguarda proprio le condizioni di finanziamento imposte da Lch su Cassa e, a cascata, su loro stesse. Di solito gli istituti devono presentare titoli in garanzia dei prestiti e spesso si tratta di buoni del Tesoro. Ma qui Londra chiede condizioni considerate in Italia particolarmente difficili: un anno fa, quando lo spread Bund-Btp era in zona 500 punti base, Lch impose una maggiore «sforbiciata» sul valore dei titoli italiani portati in garanzia. Dato cioè il (presunto) rischio di fallimento dell’Italia, per avere una certa somma occorreva portare più Btp in garanzia rispetto a prima. La tensione nasce dal fatto che da allora lo spread è sceso attorno a quota 250 punti, eppure Londra tratta ancora i Btp in garanzia come se l’Italia presentasse davvero un rischio di insolvenza. Di fatto ciò obbliga le banche a presentare garanzie onerose per finanziarsi sul mercato dei prestiti a breve termine di Londra. Alcuni banchieri di Milano hanno persino valutato l’idea di denunciare Lch. Inoltre, Londra chiede di «sforbiciare » ulteriormente i Btp quando le masse di titoli di Stato italiani diventano importanti.
Fa poi discutere anche la scelta di Lch di non garantire più le controparti nel caso (improbabile) di un fallimento di Cassa compensazioni. Secondo alcuni, ciò sarebbe reso necessario dalla direttiva europea Emir e dalle linee guida comunitarie dell’Esma che ne fissano l’applicazione. In effetti queste norme, all’articolo 52(c) della Emir, chiedono che un’entità come Lch «gestisca i rischi» in modo che il default di un’altra controparte con cui opera «non abbia impatto» su di essa. Ma questo non vincola Londra a annunciare, come invece ha fatto, che liquiderà le posizioni e troncherà i rapporti. La «linea guida» c) dell’Esma prevede infatti una procedura meno traumatica e ostile, detta della «portabilità», che consente di regolare le posizioni in modo accelerato quando una controparte rischia l’insolvenza. Sono questioni per i tecnici. E anche la Cassa italiana prenderà i suoi provvedimenti. «Stiamo preparando misure simili nei confronti di Lch e sul comportamento delle controparti italiane» ha chiarito ieri Saccomanni. Ma il punto di fondo è che la linea di Londra, che complica le operazioni di rifinanziamento delle banche italiane, non è contraria ma neppure imposta dalle direttive europee. È solo una libera scelta.