Matteo Meneghello, Il Sole 24 Ore 15/9/2013, 15 settembre 2013
«LIBERTÀ D’IMPRESA IN PERICOLO»
Dimenticati dalle istituzioni, a malapena sopportati nel paese. La vicenda del sequestro agli impianti elettrosiderurgici di Riva nel Nord Italia fa riemergere una sensazione di malessere tra gli imprenditori italiani, la sensazione che l’industria sia “appesa a un filo” come ha ricordato ieri il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi.
Un filo che rischia di spezzarsi senza un intervento deciso a difesa del fare impresa. «Il grido di dolore di Squinzi – spiega il presidente di Federacciai Antonio Gozzi – riguarda la siderurgia, che con Piombino, Terni, Taranto, Trieste ha dei nodi aperti importanti, ma è un richiamo alla grande incertezza che una vicenda del genere getta sul fare impresa in Italia. Non c’è certezza del diritto, non ci sono garanzie dal punto di vista istituzionale, la libertà d’impresa non è titolata».
Quello di Riva Acciaio, secondo Gozzi, «è un banco di prova. Non si venga a parlare di commissariamento, la questione va risolta in modo chiaro. Come Federacciai stiamo pensando a un’iniziativa per sollecitare, fino alle più alte cariche dello stato, il tema della libertà d’impresa e delle garanzie per le aziende in regola con la legge che vogliono potere continuare a fare impresa».
Tra le aziende danneggiate dalla vicenda della famiglia Riva, in provincia di Cuneo, in Brianza o in Vallecamonica, prevale l’incertezza. «Le aziende dello stampaggio – spiega Dino Ruffato, piemontese, titolare della Benevenuta e C. e leader degli stampatori – si procurano più del 30% delle 700mila tonnellate stampate ogni anno dalle aziende del gruppo Riva. Sono più di 6mila dipendenti. Molte realtà, nel cuneese e nel resto del nord Italia, rischiano di fermare le linee per mancanza di materiale. Ci sono capitolati da rispettare, non è possibile cambiare fornitore da un giorno all’altro».
Chi ha già cambiato fornitore è Duilio Paolino, che guida la Cosmo spa e la Arce spa, entrambe in provincia di Cuneo, attive nella produzione di macchine per l’agricoltura e stufe. «Il 95% del nostro approvvigionamento dipendeva da Ilva – spiega –, ma mesi fa abbiamo deciso di cambiare fornitore. Abbiamo fatto l’unica cosa possibile, avvertendo una situazione di rischio e l’incapacità delle istituzioni di governarla: oggi compriamo da una grande multinazionale estera. Questo è un settore dove si compra ora materiale per febbraio e per marzo, non si può improvvisare. Non si può essere in balia – aggiunge Paolino – di un giudice che decide una cosa, del governo che poi ne fa un’altra. Stiamo perdendo aziende, intere filiere, gli stranieri non aspettano altro».
All’estero le cose funzionano diversamente. Giuseppe Pasini, presidente del gruppo siderurgico Feralpi di Lonato (Bs) conosce la realtà tedesca da vicino, avendo scelto di andare a produrre anche in Germania fin dagli anni Novanta. «Le regole sono le stesse – spiega –, ma all’estero c’è rispetto per le imprese. Le aziende non sono un bene personale dell’imprenditore. Ci sono i lavoratori, le famiglie, i fornitori, il territorio. Dopo questo provvedimento – ha proseguito Pasini – ci sentiamo più deboli nel fare impresa in Italia, non è solo un problema della siderurgia: quello che è successo ai Riva è la dimostrazione che in questo paese la politica ha lasciato dei vuoti, colmati inevitabilmente da altri».
Le difficoltà nel continuare a fare impresa in Italia, denunciate ieri dal presidente di Confindustria, sono confermate anche dall’altra grande realtà siderurgica nazionale, il gruppo Lucchini, commissariato da dicembre. Il piano di ristrutturazione (finalizzato alla cessione, vista l’impossibilità di un recupero) è stato presentato in questi giorni al ministero. «In una fase delicata come quella che sta attaversando il gruppo Lucchini – spiegano dallo staff del commissario Piero Nardi – non può che creare preoccupazione la situazione di debolezza dell’industria siderurgica italiana, ma soprattutto le difficoltà del quadro istituzionale e il contesto in generale non favorevole per eventuali investitori stranieri interessati a rilevare attività in amministrazione straordinaria».