Leonard Berberi, Corriere della Sera 16/09/2013, 16 settembre 2013
RICERCATORI, L’OLANDA PAGA 5 VOLTE DI PIU’ —
Cervelli in fuga dall’Italia. Cervelli che non rientrano. Attratti da offerte di lavoro soddisfacenti e da laboratori più adeguati. Ma anche da un meccanismo competitivo che riconosce il merito. E paga bene. «Fino a cinque volte di più». Se poi teniamo conto del «valore di mercato» di ogni ricercatore non c’è storia: in Corea del Sud valgono sei volte e mezzo di più dei colleghi italiani.
La questione della ricerca è tornata in primo piano grazie a Elena Cattaneo. Neurobiologa, da poco nominata senatrice a vita, la scienziata è intervenuta a «Otto e mezzo», su La7. Ha snocciolato le cifre della sua retribuzione. Da ricercatrice «guadagnavo 3.300 euro al mese» ha raccontato (da parlamentare prenderà circa 12 mila). «Comunque un salario "onorevole": i miei colleghi italiani percepiscono in media 1.600-1.700 euro al mese. All’estero le offerte sono cinque volte tanto».
I confronti con gli altri Paesi, a dire il vero, non sono così immediati. Ogni Stato ha le sue regole. E spesso i salari — come accade tra gli anglosassoni — sono stabiliti tra il singolo scienziato e l’istituzione. «Anche all’interno del nostro Paese bisogna fare una distinzione tra ricercatori dell’università e quelli degli enti di ricerca» chiarisce Marina Camusso che segue il settore per conto della Flc-Cgil. I primi — secondo i calcoli di Anna Laura Trombetti e Alberto Stanchi — possono contare su una retribuzione lorda mensile iniziale di 1.705 euro che a fine carriera sale a 5.544 euro. I secondi, invece, all’ingresso guadagnano in media 2.400 euro. «Se superano i concorsi e se ci sono posti disponibili — continua Camusso — potranno diventare "dirigenti di ricerca" e aspirare, dopo trent’anni, a 7.500 euro».
Altra storia fuori dai confini. Tanto che l’ultimo studio di Times Higher Education, che sarà reso pubblico agli inizi di ottobre, stila anche una classifica tenendo conto di quanto gli enti pubblici e privati investono su ogni ricercatore tra salario, benefit, premi di risultato e altro. Se in Corea del Sud uno scienziato ha un «valore» di quasi 93 mila dollari, in Olanda si aggira attorno ai 73 mila e in Belgio sfiora i 64 mila. Bisogna arrivare al 24° posto per trovare l’Italia: qui l’asticella si ferma a 14.400 dollari, Cioè undicimila euro. Cinque volte di meno rispetto agli olandesi. La metà in confronto agli americani. Il 35 per cento in meno dei colleghi tedeschi.
«È chiaro che nel nostro Paese c’è un problema di retribuzione di chi fa attività di laboratorio» dice Roberto Cingolani, direttore scientifico dell’Istituto italiano di tecnologia. Cingolani conosce molto bene l’ambiente. Ed è anche per questo che esordisce con una premessa: «Non sono contrario alla "fuga dei cervelli": è bene che i nostri ricercatori vadano fuori, facciano esperienze. Il problema è che non c’è il bilanciamento: entrano in pochissimi».
Il salario, quindi. Secondo il direttore scientifico è un punto debole del nostro sistema, «ma non l’unico». «Perché non riusciamo a offrire nemmeno grandi strutture scientifiche dove fare attività. Di conseguenza non siamo per nulla attraenti».
All’Istituto italiano di tecnologia, però, il 43 per cento dei ricercatori è straniero e arriva da più di cinquanta Stati. «Ma la nostra è un’isola felice, una delle poche in Italia», sottolinea.
Come se ne esce? «Dobbiamo investire nella creazione di punti di attrazione, di veri e propri magneti che attirino uno alla volta i migliori cervelli» suggerisce Cingolani. Ma prima ancora «dobbiamo semplificare e velocizzare il sistema di reclutamento: provateci voi a spiegare a un inglese, a un americano o a un cinese il meccanismo di selezione che viene pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. Non è difficile, è quasi impossibile».
Leonard Berberi