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 2013  settembre 15 Domenica calendario

LA MIA MASCHERA CON LA PROBOSCIDE PER SFUGGIRE AL GAS

Gas. La parola è una rivisitazione del greco antico Chaos. Il chimico olandese Van Helmont, scoprendo questa sostanza anonima, che lo stupì per la sua incoercibilità, spiega Littré, ci vide la forza di uno spirito selvaggio che gli evocava la natura primordiale. Dal 1670 tutto il linguaggio umano ha assorbito gas, termine fondamentale come mamma, papà e pane. La Grande guerra, disumana sciagura, introdusse tra le armi sperimentali un gas verdastro a base di cloro, a cura dei comandi tedeschi, lanciandolo in cilindri nelle posizioni trincerate anglo-francesi durante la seconda battaglia di Ypres. La data del primo attacco, precisa Liddell Hart nella sua opera La Prima guerra mondiale (1930), fu il 22 aprile 1915. Il grazioso omaggio fu abbondantemente ricambiato dal fronte alleato e in una celebre occasione (Caporetto) ebbero agio di assaggiarne anche le linee italiane. Strage di fanti, strage di anima umana.
Da Ypres, l’iprite. Ma oggi abbiamo di meglio.
In Spagna non l’usarono. Bastava alle unghie farsi artigli da massacro, come dice il verso di Miguel Hernández. Ma nel 1935 alla richiesta di Badoglio di civilizzare romanamente l’Etiopia ricorrendo all’iprite, il condottiero adorato Mussolini diede il suo assenso. Mi dispiace di non aver comprato, nel 1965, al mercato delle pulci di Saint Ouen di Parigi, una straordinaria pittura naïf di un artista etiopico che raffigurava un villaggio terrorizzato, inerme, dalla gloriosa aviazione tricolore che lo irrorava di bombe e mitraglia. C’erano enormi scorte di gas pronte quando scoppiò la guerra del ’39, ma non vennero usate, essendo troppo a portata di mano la ritorsione. E nei più grossi belligeranti l’allucinazione principale era ormai di costruire ordigni nucleari e missili. Ahimè, ci avevano addestrati per niente! Alle elementari ci facevano indossare, su simulazione di allarme aereo gassatore, la proboscide antigas, piacevole come un’uccellanda. Dopo il convegno criminale del Wansee, il gas Zyklon B, prodotto dalla Bayer, divenne l’arma principale dello sterminio degli ebrei. Anche i duecento bambini di Korciak e il loro magnifico insegnante passarono ignari per quelle camere a Treblinka, mentre Stangl osservava di lontano la scena col binocolo. E se non piangi di che pianger suoli?
Non furono usati i gas in Vietnam, ma le piaghe di Kim Phuc, irrorata bambina dal napalm a Trang Bang nel 1972, gridano ancora «Brucio brucio brucio brucio!».
Quando fu scoperto il seriale assassino di via Lesueur, che aveva la sua cabina a gas privata con oblò da cui godersi lo spettacolo dei contorcimenti delle vittime (ci rinchiudeva ebrei ricchi e gente della mala interessati a sparire, promettendo partenze per l’Argentina) il dottor Pétiot pretendeva riconoscimenti come Grande Resistente ammazzanazisti! Il tribunale, nel 1946, lo condannò a morte. Francamente, in un caso simile, non mi sentirei di deplorare il ricorso alla lama obliqua del filantropo Guillotin. Idem per il caposetta sedicente buddista che collocò contenitori di gas sarin in punti strategici della metropolitana di Tokyo. Preso e condannato, il nirvanico sparì nel nulla di una prigione giapponese. Il gas non è perdonabile.
Come essere umano mi vergogno dell’uso che ne è stato fatto in Siria e invocherei maledizioni e vendette divine davanti a quei bambini allineati. Come arma di guerra è fuori da ogni codice militare. È disonore puro, su un campo di battaglia come in mezzo a un traffico civile, dove già abbiamo, diretto cugino di iprite o zyklon o sarin o altra ripugnante invenzione chimica, il pervasivo gas degli scappamenti pacifici, la cui aggressività tossica è velata. E che cosa successe a Beslan, in Ossezia, a quella caterva di bambini nel loro primo giorno di scuola (1° settembre 2004)? Dostoevskij avrebbe rinnegato Cristo.
Capisco le perplessità dell’America: per punire un uomo, non si può scatenare l’inferno. Ma una punizione rinviata, incrostata di dubbi, non è più tale. Punito subito o lasciato impunito, il Gas, spirito di dannazione, è libero di colpire, e la nostra impotenza a fermarlo è straziante. Per buona sorte, non contando nulla, ci restano pulite le mani. La mente, non vista, sanguina, trafitta.
Guido Ceronetti