Antonio Pascale, la Lettura (Corriere della Sera) 15/09/2013, 15 settembre 2013
IL FIDANZATO NEL CARRELLO DELLA SPESA - C’ è
questo sito — AdottaUnRagazzo.it — dove le donne possono trovare un fidanzato scegliendo tra varie caratteristiche maschili: pelosità, riccioli, piercing, tatuaggi, quoziente intellettivo e altro. C’è anche la possibilità di sistemare i ragazzi in un carrello, come merci. La particolarità annunciata è che qui, sul sito, come si vede dagli spot trasmessi da Mediaset, sono le donne a comandare e dunque, si suppone, a valutare gli uomini. Bene, a guardare i ragazzi in posa, come dire, sorridenti e consapevoli, viene da pensare che ai maschi piace molto esporsi e accettano d’essere rubricati secondo tassonomie anatomiche. E dunque? Ora siamo noi maschi a essere oggetti? E se sì, la trasformazione quando è avvenuta? Da dove siamo partiti?
Vediamo: estate del 1974, su una spiaggia calabrese. Un gruppo di maschi — mio padre e amici di famiglia — petto villoso, sigaretta, prese a puntare in maniera ossessiva alcune ragazze tedesche. I commenti riguardavano alcuni dettagli fisici delle ragazze — e fin qui niente di originale, anzi — ma a detta dei maschi, le tedesche ci stavano provando: seno al vento, occhiatine, costumi palesemente abbassati. Per la cronaca, la seduzione fu interrotta dall’arrivo delle donne di famiglia: i maschi rimasero per tutta l’estate con questa frustrazione addosso, nonché con la convinzione che se solo avessero voluto... È superfluo specificare che le tedesche non guardavano quei maschi nemmeno con il binocolo. Erano delle naturiste spartane, curiose, allegre, indipendenti, uscivano la mattina presto ed esploravano la Calabria, dal mare alla Sila, uno zaino e un panino. La scena negli anni a venire si è ripetuta — voglio dire, l’ho ripetuta io con i miei amici. Dalle suddette esperienze ho tratto empiricamente un insegnamento.
Nel giro di tre decenni, a partire dagli anni Sessanta, le donne hanno cominciato ad uscire dai ruoli e sono diventate come quelle tedesche, più libere, più curiose, più esposte. I corpi maschili, al contrario, accusavano i colpi. Le donne si denudavano e gli uomini mostravano fragilità e varie forme di spavento. Il passaggio delle italiane da contadine a tedesche naturiste, almeno nell’immaginario erotico di quegli anni, è ben raccontato. Nel 1960 uscì I dolci inganni, di Lattuada. La protagonista (Catherine Spaak) decide di liberarsi della verginità e cerca l’uomo giusto con cui farlo. Film subito censurato «considerato che nella pellicola si narra come una diciassettenne, scopertasi improvvisamente donna, viene sopraffatta da un incontenibile istinto erotico suscitato da un inverecondo sogno (...) e così in una sola giornata, immola volontariamente e deliberatamente il suo candore concedendosi a un maturo ingegnere...». Questa era la motivazione del procuratore Spagnuolo che ordinò il sequestro del film.
I maschi giudicavano sempre, ma era solo un tentativo di proteggersi dalle nuove ragazze italo/tedesche desiderose di liberarsi dal fardello della verginità. All’Eros che le nuove nordiche emanavano corrispondeva un senso di Thanatos, specificatamente maschile. Ma la repressione poliziesca spinta dagli apparati (Democrazia cristiana e Partito comunista) era un po’ ridicola, meglio tirare in ballo l’intellighenzia. Le tesi di Adorno, applicate alla libertà dei costumi, rimavano attorno al tema «falsa tolleranza». Corpo e media vanno insieme, e quindi: la televisione e il consumismo stavano brutalmente vanificando la libertà sessuale. Pasolini, dopo aver deliziato mio padre e i suoi amici con il Decamerone, abiurò, parlando di una «realtà dei corpi innocenti che è stata violata, manipolata, manomessa dal potere consumistico». Cioè le esperienze sessuali avevano subito due traumi, «quello della falsa tolleranza e quello della degradazione corporea». Che curiosa sfortuna, la mia, aver scoperto sia il sesso sia gli intellettuali e mannaggia quest’ultimi sostenevano che prima (ma prima quando?) nelle fantasie sessuali c’era dolore e gioia, ora tutto era «divenuto sudicia delusione, informe accidia» (sempre Pier Paolo Pasolini). Ma se lasciamo la cultura alta e consideriamo quella bassa? Stessa cosa: le nuove donne provocavano shock culturali nei maschi. Castrazione, nevrosi, impotenza, come quella che in W la foca, di Nando Cicero, colpisce l’operaio che si eccita a dismisura (e verrà punito nella sua virilità) spiando Lory del Santo mentre si spoglia. Ne L’infermiera nella corsia dei militari, un’infermiera, Nadia Cassini (in realtà vuole fare la cantante e si è infiltrata nell’ospedale militare per rubare dei quadri) scopre il sedere per una puntura e sia il medico (Lino Banfi) sia dei militari gridano scioccati, come se avessero visto e subito perduto una cosa bella. Nel Merlo maschio, un mediocre musicista (Lando Buzzanca), sposato a una donna anche essa mediocre, scopre che sua moglie tanto mediocre non è, in quanto attira gli altri maschi (altri medici e infermieri). Sconfiggerà la sua impotenza mostrando agli altri la propria consorte, eccitandosi, cioè, per la stima che gli altri maschi dimostrano nei confronti della moglie. Il riscatto arriva dall’essere marito/proprietario di una donna desiderabile — forse nelle odierne pratiche scambiste si nasconde la sindrome nel merlo maschio?
Chissà se questa recente e manifesta esposizione del corpo maschile a cui stiamo assistendo non sia il (secondo) tentativo di reagire alle suddette frustrazioni; e chissà se il cambiamento non sia cominciato negli anni Ottanta. In fondo in quel periodo il maschio comincia a proporre il suo corpo, la vanità maschile diventa di massa, democratica. L’arrivo del culturismo, per esempio. Un modo per dire: forse non so parlare, forse non so far niente, forse sono nevrotico e frustrato, ma guardatemi, sono più maschio dei maschi. Così, aumentando i muscoli riprendo (forse) il mio spazio. La palestra migliore? La pista da ballo dei film musicali, dove uomini e donne si potevano incontrare, guardare e valutarsi danzando — che bello il tango, mi disse una ballerina, almeno lì so che a guidare è l’uomo e non mi devo preoccupare.
Infine con Bettino Craxi è arrivato il corpo del politico. Negli anni democristiani il corpo era protetto dalla divisa di ordinanza, chiuso e contratto, con Craxi si passa dal pareo alla canottiera esibita sotto la camicia bianca — l’attrice Sandra Milo ricorda l’effetto magnetico che quel corpo aveva sulle donne. Poi, con Silvio Berlusconi il corpo, maschile e femminile, diventa ossessionante e ossessionato. Con le sue televisioni, non a caso, arrivano i tronisti e, ora ufficialmente, anche i velini di Striscia la notizia, perché Antonio Ricci vuole dimostrare che non usa solo il corpo delle donne, ma pure quello degli uomini; e infine, le file di donne che pagano per farsi una foto e avere un autografo da Gabriel Garko, i ragazzi da adottare...
Anche il corpo maschile si è avviato a diventare oggetto (legittimato) di incessante valutazione (e desiderio) femminile. Eppure, a volte mi chiedo: ma non è che siamo sempre sulla spiaggia calabrese? Dalla frustrazione passata — a causa di nuovi corpi femminili non raggiungibili — all’esposizione del proprio corpo — e tutto questo nella speranza che qualche donna moderna si alzi dalla battigia e ci scelga? Una cosa è certa: le donne non troveranno sulla loro strada procuratori alla Spagnuolo che scriveranno atti d’accusa tipo: il maschio sopraffatto da un incontenibile istinto erotico immola volontariamente il suo candore concedendosi a un sito femminile.
Antonio Pascale