varie, 14 settembre 2013
APERTURA PER IL FOGLIO DEI FOGLI DEL 16 SETTEMBRE 2013
Domenica 61,8 milioni di tedeschi andranno a votare per il rinnovo del Bundestag, il parlamento federale, che a sua volta sceglierà il nuovo Cancelliere. [1]
In Germania la metà dei deputati è eletta con lo scrutinio maggioritario (vince chi raccoglie più suffragi), il resto con il proporzionale su liste stabilite dai partiti. Bernardo Valli: «Ma queste legislative appaiono più che nelle passate edizioni qualcosa di simile a un referendum sul Cancelliere, equivalgono a un esame di Angela Merkel». [2]
Secondo i sondaggi se l’elezione del Cancelliere fosse diretta, Angela Merkel prenderebbe il 50% dei voti. Il suo sfidante, il socialdemocratico Peer Steinbrück, circa 35%. Marina Verna: «Ma il trend dice qualcosa di più di questi numeri crudi: nell’ultima settimana, dopo il duello tv di domenica 1° settembre che li ha visti confrontarsi per un’ora e mezza – l’unico dell’intera campagna elettorale –, lei ha perso due punti e lui ne ha guadagnati sette». [3]
Guardando le ultime rilevazioni, la coalizione guidata dalla Merkel (cristiano-democratici e liberali) avrebbe il 45% delle intenzioni di voto. Mentre i socialdemocratici navigano attorno al 25. Valli: «Se a questo quoziente virtuale si aggiungono il 13 dei Verdi e il 9 di Die Linke (la Sinistra) il rapporto di forze formalmente cambia. Nel suo insieme l’opposizione di sinistra supera la coalizione della Merkel. Ma nella pratica non è cosi. Perché se i Verdi sono i naturali alleati dei socialdemocratici,quelli di Die Linke oggi sono ancora considerati, a torto a ragione, gli eredi della Germania comunista. Quindi al momento non troppo frequentabili». [2]
Da mesi i riflettori di tutta Europa sono puntati sulle elezioni tedesche. «Da Londra a Parigi, da Roma ad Atene non c’è stato premier che non abbia fatto riferimento o rinviato decisioni in attesa del voto, o preso come alibi la data del 22 settembre. In realtà è molto probabile che non cambierà nulla. Angela Merkel sembra più salda che mai. I tedeschi sono pronti a concederle un terzo mandato e l’unica cosa che potrebbe anche cambiare, sempre sotto la sua guida, è la coalizione di governo». [4]
L’unica incertezza riguarda il partner dei democristiani della Merkel nella prossima coalizione: i liberali della Fdp come nell’attuale maggioranza, o i socialdemocratici della Spd, in una riedizione della Grande Coalizione del primo governo Merkel. [5]
C’è però un elemento che può contribuire a una sorpresa dell’ultima ora. Alessandro Merli: «L’incapacità della Merkel di finire in bellezza campagne in cui parte nettamente avvantaggiata, o forse la sistematica sopravvalutazione dei suoi consensi da parte dei sondaggisti. Nel 2005, i democristiani avevano un vantaggio di 21 punti sui socialdemocratici all’inizio della campagna. Alla fine del conteggio il divario si era ridotto a un solo punto. In quell’occasione la Merkel aveva a che fare con il cancelliere uscente, Gerhard Schroeder, nettamente più abile di lei in campagna elettorale. Ma anche nel 2009, pur affrontando un rivale molto più grigio, come Frank-Walter Steinmeier, scialacquò un enorme margine nei sondaggi. Angela Merkel, insomma, non è un finisseur e le sue campagne sfumano inevitabilmente in calando». [5]
Angela Merkel, 59 anni, entrata in Parlamento la prima volta nel 1990, prime elezioni federali dopo la riunificazione tedesca. Da allora è sempre stata rieletta (1994-1998-2002-2005-2009) e sempre nello stesso collegio, la Pomerania anteriore, nella ex Germania dell’Est. [6]
Durante questa campagna elettorale la Cancelliera ha rivendicato in continuazione i «sensazionali successi economici» del suo governo. Nel 2002 i senza lavoro in Germania erano 4,1 milioni, oggi sono 2,9. La disoccupazione giovanile, ora al 7 per cento, è la più bassa in Europa. A tirare poi, oltre al made in Germany, sono i consumi (saliti, a fine giugno, del 6,5 per cento). E l’indice Ifo segnala l’umore di settemila imprenditori, a fine agosto è salito a 107 punti. [4]
L’economia della Germania appare in effetti come un fenomeno straordinario. Spiega però Danilo Taino che i numeri sono truccati: «Il record storico di occupati è dovuto in parte al diffondersi – grazie alle riforme – di contratti temporanei e di salari molto bassi. Negli anni più recenti, i cosiddetti “minijob” hanno avuto un vero boom: quasi 7,5 milioni di tedeschi, in buona parte casalinghe e studenti, hanno oggi un posto di lavoro del genere, che permette di guadagnare 450 euro al mese senza pagare tasse. Posti che si conteggiano nelle statistiche dell’occupazione. Così come si conteggiano i lavori a tempo determinato, che in dieci anni sono quasi triplicati, a oltre 800 mila: fino ai primi Anni Novanta, cioè alla riunificazione delle due Germanie, questa forma di occupazione era quasi sconosciuta» . [7]
Durante la campagna elettorale si è scritto molto riguardo la presunta inadeguatezza dello sfidante della Merkel, Steinbrück: sebbene sia stato scelto per le sue posizioni generalmente moderate e per essere conosciuto come un apprezzato economista (fu il Ministro delle Finanze nel governo di coalizione fra Cdu e Spd fra il 2005 e il 2009), ha commesso una ricca serie di errori di comunicazione. Nel dicembre 2012, per esempio, disse che Merkel era più avvantaggiata rispetto a lui perché «è una donna», e che le elettrici avevano apprezzato il modo in cui si era imposta nel partito e in Europa. [8]
Molti non hanno gradito poi le lamentele di Steinbrück per la paga del Cancelliere («Un direttore di banca guadagna di più», ha protestato). O che abbia confessato di non bere vini da cinque euro. [9]
Una sorpresa può venire dal partito euroscettico Alternative für Deutschland (Afd) che secondo gli ultimi sondaggi è a un passo dal superare lo sbarramento del 5 per cento per entrare nel Bundestag. La campagna elettorale del partito rinuncia a ritrarre il candidato e presenta cittadini normali che si pongono domande sul futuro della Germania. Ci sono padri con le figlie, donne in carriera che leggono quotidiani che si chiedono: «Perché tutti i nostri soldi vanno in aiuti alla Grecia invece di essere investiti per migliorare strade e ponti?», o anche, «Chi sta pagando per i debiti che i nostri politici stanno contraendo?». [10]
L’Europa è uno dei temi centrali di questa sfida elettorale. La linea dura sulla Grecia e sugli altri paesi in crisi è una scelta che la Cancelliera continua a difendere con convinzione. Ruffolo e Sylos Labini: «Per lei aver portato la disoccupazione greca e spagnola su valori intorno al 30% e aver causato l’impoverimento e la disperazione di gran parte della popolazione dell’Europa meridionale è stata dunque una mossa vincente. In effetti, il grande consenso interno è dovuto proprio a come la Merkel ha saputo gestire l’eurozona, a come non si è fatta intenerire dai paesi in crisi, a come ha salvaguardato i soldi dei suoi concittadini che considerano la situazione congiunturale tedesca decisamente buona. [11]
Cosa cambia per l’Italia in caso di una rielezione della Merkel? «Circola tra i nostri politici l’idea che un ulteriore allentamento delle regole di bilancio europee sia possibile dopo il 22 settembre. La Cancelliera avrebbe fatto la faccia feroce finora per non perdere voti tra gli elettori più ostili verso i Paesi deboli dell’euro, ma darebbe prova di realismo una volta riconfermata. In realtà, tra i vari esiti elettorali in Germania, solo un contemporaneo insuccesso del partito anti-euro Afd e una grande coalizione Cdu-Spd potrebbero aprire qualche spazio». [12]
«Il lento, incerto attenuarsi della crisi in alcuni paesi dell’Unione, rafforza la posizione di Angela Merkel, rivelatasi più europeista di quel che lasciasse pensare la sua storia personale, cominciata lontano dagli ideali all’origine della costruzione europea. Se il risultato del voto sarà quello pronosticato, la Germania continuerà a essere quella che è, oscillante tra presunzione e riserbo. Ma europea. Come la Merkel, appunto, senza slanci, e tuttavia convinta sulla necessità di esserlo» (Bernardo Valli). [2]
Note: [1] Internazionale 13/9; [2] Bernardo Valli, la Repubblica 26/8; [3] Marina Verna, La Stampa 11/9; [4] Stefano Vastano, l’Espresso 13/9; [5] Alessandro Merli, Il Sole 24 Ore 14/9; [6] Alessandro Alviani e Marina Verna, La Stampa 10/9; [7] Danilo Taino, Sette 13/9; [8] Il Post 2/9; [9] Roberto Giardina, ItaliaOggi 5/9; [10] Laura Lucchini, Linkiesta 9/9; [11] Giorgio Ruffolo e Stefano Sylos Labini, la Repubblica 11/9; [12] Stefano Lepri, La Stampa 11/9.