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 2013  settembre 13 Venerdì calendario

BULLE E PUPE: STORIE DI BAMBINE CHE ODIANO LE BAMBINE


ROMA. Dall’angolo opposto della classe Martina guarda Viola e il gruppetto delle «splendide» che al momento della ricreazione sono riunite tutte in cerchio, parlano fitto e ridacchiano. «Come sono belle e che bei capelli lunghi hanno», pensa Martina che un’amichetta preferita lì a scuola non ce l’ha. Poi Viola si gira di scatto e la fulmina con un’occhiata. Si avvicina a lei, spavalda, con la lunga coda di capelli lisci chiari che ondeggia, Martina ne resta ipnotizzata, i suoi capelli ricci non riuscirebbero mai a fluttuare così. La voce di Viola che dice «Vuoi far parte del nostro gruppo? Vuoi essere mia amica, sì o no?» la scuote. Fa un cauto cenno di sì con la testa. «Allora leccami le scarpe. Ma non sopra, sotto». Ci siamo, è la prova della «sottomissione» per entrare nel club. E Martina esegue.
Salvo poi raccontarlo alla mamma che furibonda piomba nella classe di V elementare di questa scuola del Nord per parlare con la maestra. E la maestra, incredula, alla fine fa intervenire uno psicoterapeuta col compito di individuare le «relazioni di dominio» e lavorare sull’empatia e sulla gestione della rabbia. Ma la rabbia di chi? Di graziose bimbe di 8-10 anni? Proprio così. Se un tempo erano bulli & pupe, adesso anche le pupe sono diventate bulle.
Che il bullismo, o come preferiscono definirlo molti esperti, il mobbing infantile non esista tra le bambine «è un mito da sfatare», sostiene Nicola Innaccone, psicologo di un consultorio pubblico di Milano. «Al di là di quel che si pensa» continua il terapeuta «il bullismo è più presente quando i bambini sono più piccoli, quando crescono invece diminuisce e ad aumentare è l’intensità delle prevaricazioni o delle violenze». Anche il modo di esercitare le forme di prepotenze cambia molto tra maschi e femmine. «I maschi fanno i bulli sia con i compagni che con le compagne. Mentre le femmine solo con le compagne» spiega Elena Buccoliero, sociologa, formatrice e consulente a Ferrara di un servizio pubblico per la prevenzione del disagio adolescenziale. E aggiunge: «Il bullismo delle bambine rivolto solo alle compagne è come se avesse a che fare con il codice relazionale femminile». Maldicenze, pettegolezzi e soprattutto l’esclusione: sono le forme di prevaricazione psicologica in uso tra le bambine, mentre i maschi sono più «fisici» e più dediti a offese e prese in giro.
A dare un’idea in cifre del fenomeno è l’indagine di Telefono Azzurro, Il bullismo in Italia. Nel 42,76 per cento dei casi, «nella scuola primaria i bulli sono gli stessi compagni di classe. I maschi presentano un percentuale di vittimizzazione leggermente superiore rispetto alle femmine visto che il 16,37 per cento di loro (contro il 13,91 per cento delle compagne) ha ammesso di essere stato vittima di bullismo. Mentre il 9,35 per cento delle ragazze ha ammesso di essere stata bulla, contro il 23,61 dei maschi». E il fenomeno, aggiunge Telefono Azzurro, è cresciuto negli ultimi anni: dal 13 per cento del 2007 al 20-21 per cento dei due anni successivi. Insomma, è sufficiente essere un po’ in sovrappeso, portare gli occhiali, vestire in modo diverso dal gruppo perché capiti di essere emarginate dalle compagne, essere escluse dalle feste, dai giochi durante l’intervallo.
«Le bambine di oggi sono molto turbolente e dispettosissime» racconta Maria Luisa Viozzi, 64 anni, preside di un istituto di Tivoli (Roma). «Ho avuto una classe con una bambina che veniva presa in giro solo perché era grassa. Si è messa a dieta, è diventata bellissima, ma poi ha iniziato a rifarsi su una compagna, la insultava e le faceva scontare la stessa umiliazione che lei aveva subito».
Secondo la maestra Lia Rosano, insegnante a Milano, quartiere Ortica, « i bulli spesso hanno problemi a casa», e ricorda il caso di una bambina che già in prima elementare faceva sparire continuamente gli oggetti dei compagni. «Strappava e buttava nel cestino i compiti degli altri bambini, nascondeva di tutto. Poi abbiamo scoperto che aveva un papà poco presente e con problemi di alcolismo».
Ora però, l’esclusione e il mobbing verbale in uso tra le bambine, specialmente di IV e V elementare, sta conoscendo una nuova forma di espressione: quella che passa per i social network. A parlare chiaramente di cyber bullismo è il presidente di Telefono Azzurro, Ernesto Caffo. «Con le nuove tecnologie il fenomeno è lievitato e si è trasformato: la presenza di maschi e femmine è più indistinta. E le bambine sono più raffinate: creano il gruppetto su WhatsApp ed escludono una compagna, ma facendoglielo sapere, oppure se in classe c’è una ragazzina carina le rubano il profilo Facebook scrivendoci cose improprie. Usano i video e le foto come un’arma, con conseguenze a volte molto pesanti».
Proprio uno di questi casi è capitato ad Elena Buccoliero, chiamata a gestire il parapiglia creato in una classe di V da una bambina che si era impadronita dell’account di un compagno, bullo a sua volta, spedendo e-mail di insulti a tutti gli altri. Il bimbo bullo giura di non essere stato. I genitori intervengono minacciando di chiamare la polizia postale. Finché la bimba non confessa la malefatta.
«La bulla era a sua volta vittima del compagno bulletto» spiega Buccoliero, «e con quelle lettere di offese via web ha voluto portare alla luce il problema della classe. Così abbiamo lavorato sulle emozioni, sull’empatia, insegnando a gestire la rabbia e a chiedere scusa».