Michele Bocci, il Venerdì 13/9/2013, 13 settembre 2013
RADIOGRAFIA DELLA SANITÀ TRA SPRECHI E DISSERVIZI
MILANO. L’Italia della sanità? Non è uno Stato unitario. Ricorda da vicino quelle cartine medievali della penisola, con granducati, staterelli, protettorati, contee. Ognuno con le sue leggi, i suoi costumi, i suoi destini. Per chi si rompe una gamba, ad esempio, è meglio trovarsi dalle parti di Bolzano. Avrà l’83 per cento di possibilità di essere operato entro due giorni, tempo massimo per non avere complicazioni dopo una frattura al femore. Chi invece scivola a Matera, è meglio si faccia il segno della croce: solo a un paziente su dieci è concesso il «privilegio» di vedere un chirurgo entro 48 ore. Stessa cosa per l’angioplastica post infarto: ad Aversa, Macerata e Catania solo due pazienti su cento riescono a farla in una struttura pubblica entro i due giorni.
Le tante sanità italiane sono raccontate dai cronisti di Repubblica Michele Bocci e Fabio Tonacci nel loro La Mangiatoia (Mondadori, pp. 176, euro 17), dove si va alla ricerca dei responsabili degli sprechi, della mala gestione e talvolta della corruzione che affliggono il sistema sanitario. La qualità variabile dell’assistenza ai malati in Italia è figlia anche dei comportamenti sbagliati di amministratori e professionisti.
Il libro raccoglie nove inchieste dedicate ai settori nei quali si muove chi lucra sulla sanità: farmaceutica, maternità, cura del cancro e residenze per anziani per dirne solo alcuni. Nonostante i 110,8 miliardi di euro spesi dallo Stato per la sanità nel 2012 (in diminuzione rispetto agli anni precedenti), l’omogeneità dei trattamenti riservati ai cittadini è lontana anni luce. Ogni regione, ogni Asl, ogni ospedale ha i suoi tempi. E i suoi costi. Quasi sempre incomprensibilmente sopra la media.
Perché se il prezzo di mercato all’ingrosso di una siringa è di 3 centesimi, le Asl italiane le pagano 7, cioè il 133,3 per cento più del dovuto? Perché un flacone da 500 milligrammi dell’antibiotico levofloxacina costa 80 centesimi ma alcune aziende ospedaliere lo comprano a 3,22 euro? È il prezzo di un sistema organizzato male, che offre troppe occasioni a chi vuole lucrare sulle malattie.
Solo così si può dare una spiegazione al fenomeno, tutto italiano, della lievitazione del costo dei pazienti: per assistere una persona il Policlinico Gemelli di Roma spende 6.118 euro. Lo stesso paziente, con la stessa patologia, curato per lo stesso numero di giorni, costa 10.484 euro al San Camillo, sempre a Roma. Addirittura 11.821 a Torino. Per l’Italia della sanità, Cavour e Garibaldi non sono ancora nati.